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Per effetto di tale tremendo lavoro, innanzi che fosse trascorsa un'ora da che durava il conflitto, si vide manifestarsi l'incendio su due delle navi ducali, l'una del centro e l'altra dell'ala destra.

Un urlo tremendo di "avanti!!!" uscito da trecento maschie e sonore voci incuteva una paura di morte anche nei men codardi di quella bordaglia.

Oh!... Tomba sconfinata!... Oh! Eterno Nulla! Tremendo Iddio che le esistenze ingoi! Oh! Infinito cammin!... Campagna brulla Dai nebbïosi orizzonti!... Ocë

Era suo padre? Era Oberto? Era un nemico?... Il primo pensiero che le si affacciò fu questo tremendo: Quanto castigo! Almeno Ugo sia morto nella pugna! Ugo tristissimo! La vergine spossata levò la faccia... Oh l'angoscia della vita! Sei tu! Era Ugo il cavaliero.

Ah! ricordo... ricordo tutto... ciò... che mi ha detto... Diego; andate... andate... Gabriele, se conosceste di chi sono figlia, se scopriste il tremendo segreto di mio padre. Quel segreto... è una menzogna. Che?... Che dite?... Che nulla vi ha nella vostra vita, in quella di vostro padre, di cui possiate arrossire. Il giovane parlava coll'accento della verit

Dan-dan di campana a martello squillante dal buio Infinito, ne l’ora d’un sogno tremendo noi tutti t’abbiamo sentito. Vorremmo assopirci ne l’ombra, ma tu sei de l’ombra più forte: ci sveli il perchè de la vita, ci sveli il perchè de la morte.

Suzzani ricominciò a percorrere lo stanzone senza zuffolare l'inno dei lavoratori, la sua aria favorita che ci regalava dalla mattina alla sera senza perdere di lena e Ghiglione, il tremendo Ghiglione che aveva sobillato con fervore i terrazzani di Niguarda, si era gettato a capofitto in un manuale di musica da quindici centesimi. La colazione passò nel silenzio.

Ma voi rimanete esposti a un pericolo tremendo! Se vengono a scoprirvi, siete perduti. Piuttosto morire, disse Tognetti, che mancare al mio dovere di figlio. Nel giorno in cui ci siamo posti nella congiura abbiamo rinunciato alla vita, aggiunse Monti. Ottimi amici! soggiunse Curzio. Voi siete migliori di me. Non è vero. Tu non hai famiglia, sei libero di partire.

Anna, che le era compagna, si ritrasse in un angolo timorosa ancor essa. L'uomo guardò intorno con occhi che mandavano luce di sangue. Indovinò tutto. Incrociò le braccia al petto, si rivolse ad Anna, e fulminandola con quel suo sguardo tremendo, le disse: Un uomo è entrato qui, quest'oggi, ed ha parlato a mia moglie. Anna non ebbe neppure in pensiero di negare, curvò il capo e si tacque.

Avevano però ancora un filo di speranza. Non eran riusciti ad estrarre dal ghiaccio il loro bastimento, quando l'avessero estratto, avrebbero potuto riassettarlo in modo da renderlo servibile; ma avevano trascinato sulla riva una barca e una scialuppa, e a poco a poco, sempre difendendosi dagli orsi che si slanciavano fin sulla soglia della loro capanna, eran venuti a capo di ripararle alla meglio. Con questi due piccoli legni essi contavano di dirigersi verso uno dei piccoli porti della Russia, di rasentare cioè la riva settentrionale della nuova Zembla, costeggiare la Siberia e attraversare il Mar Bianco; di fare, insomma, un viaggio di almeno quattrocento miglia tedesche. In tutto il mese di marzo il tempo variabilissimo li tenne in una continua vicenda di speranze e di disinganni. Più di dieci volte videro il mare sgombro fino alla riva e si apparecchiarono alla partenza; ed altrettante volte una recrudescenza improvvisa di freddo riammontò ghiacci su ghiacci, e chiuse la via da ogni parte. Nel mese d'aprile i ghiacci furono immensi e continui. Nel mese di maggio riebbero il tempo incostante. Nel mese di giugno, finalmente, poterono risolversi a partire. Dopo avere stesa una minuta relazione di tutte le loro avventure, della quale lasciarono una copia nella capanna, la mattina del 14 di giugno, con un bellissimo tempo e il mare aperto da tutte le parti, dopo nove mesi di soggiorno in quella terra funesta, fecero vela verso il continente. Su due barche scoperte, sfiniti da tanti patimenti, andavano a sfidare i venti furiosi, le lunghe pioggie, i freddi mortali, i ghiacci vorticosi di quel mare immenso e terribile nel quale pareva una disperata impresa l'avventurarsi con una flotta. Per lungo tempo, durante il viaggio, ebbero a respingere gli assalti degli orsi marini, soffrire la fame, nutrirsi di uccelli uccisi a sassate e d'ova trovate sulle coste deserte, sperare e disperare, rallegrarsi e piangere, dolersi qualche volta di aver abbandonato la nuova Zembla, invocare la tempesta, desiderare la morte. Sovente dovettero trascinare le loro barche sopra campi di ghiaccio, legarle perchè non le portasse via il vento, stringersi tutti in un gruppo in mezzo alla neve per resistere al freddo, cercarsi nella nebbia fitta, chiamarsi per nome, toccarsi per timore d'essersi perduti e per darsi coraggio gli uni agli altri. Non tutti resistettero a così tremende prove. Qualcuno morì. Il Barendz medesimo, che si era imbarcato infermo, sentì, dopo pochi giorni, che la sua fine s'avvicinava, e lo disse ai compagni. Non cessò però un momento di dirigere la navigazione, e di fare ogni sforzo per abbreviare a quella povera gente il viaggio tremendo di cui egli sapeva di non poter vedere la fine. La vita gli mancò mentre esaminava una carta geografica, il suo braccio cadde irrigidito nell'atto di accennare la terra lontana, e l'ultima sua parola fu un incoraggiamento e un consiglio. Nella baia di San Lorenzo, incontrarono, si può immaginare con qual gioia, una barca russa, che diede loro dei viveri, del vino e del cochlearia, rimedio per lo scorbuto, di cui s'erano ammalati parecchi marinai, i quali subito ne guarirono. Costeggiarono la Siberia, e incontrarono altri legni russi di più in più frequenti, e si provvidero di vivande fresche colle quali ristorarono le loro forze. All'entrata del Mar Bianco, una nebbia densissima divise le due barche, che oltrepassarono però tutt'e due il capo Candnoes, e favorite dal vento, percorsero in trenta ore un spazio di centoventi miglia, in capo al quale si ricongiunsero gettando grida d'allegrezza. Ma una gioia ben maggiore li aspettava a Kilduin. Trovarono l