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Da Chateaubriand a Victor Hugo rimasto cristiano attraverso le meravigliose metempsicosi della sua poesia, tutta una legione di scrittori e di artisti agitò il problema religioso: l'ateismo cedette al pessimismo, che fu ancora una contropprova della religione. Le imprecazioni di Lord Byron, le maledizioni di Leopardi espressero il dolore di non potere più credere pur conoscendo le bellezze della fede, mentre l'ateismo vero del secolo antecedente, vissuto nella calma della propria sicurezza, non aveva bestemmiato sofferto. Lamartine e Manzoni rinnovando la lirica della Chiesa superarono forse gl'inni più belli dei suoi primi tempi: De Maistre e De Bonald sentendo la necessit

Sul declivio delle Alpi dal lato di Francia ascende con infinito anelito una gente desiderosa di pervenire alla cima. I sentieri rotti e precipitosi, il pericolo dei passi, l'angustia dei luoghi non permettendo conservare gli ordini, l'esercito di Carlo cammina sbandato a drappelletti di venti o più persone, intente a procacciare piuttosto la propria, che la comune salvezza. Guido da Monforte Luogotenente generale, Roberto Conte di Fiandra, il Conte di Vandamme, Piero di Bilmont, il Contestabile Giles Lebrun, Mirapoix il Maliscalco, Guglielmo lo Stendardo, ed altri capitani, abbandonate le insegne, circondano la lettiga della Contessa Beatrice, trasportata da due robusti montanari, i quali di tanto in tanto rifiniti dalla fatica la trasmettono a portare ad altri che prestamente subentrano. L'aria soffia gelata, alpestre si dirompe la via; ogni passo che mutano segna una goccia di sudore che la stanchezza distilla dalla loro fronte; spesso si fermano sollevando gli sguardi per vedere quando giunga al termine il monte; ma questo, celando il superbo comignolo tra i nugoloni grigi che quivi dimorano, come in seggio di gloria, accenna essere insuperabile a passo mortale, e ridersi della umana impotenza. Una volta gridarono; ma il grido risuonò così salvatico per quelle frane scoscese, tanto spaventoso uscì l'eco da quei luoghi sconosciuti e terribili che non osarono ripeterlo; gli uccelli di rapina fuggirono schiamazzando dai nidi, i lupi si riunirono a torme, e visto il branco più numeroso, e più feroce di loro, si nascosero prestamente giù per le macchie della bruna vallata. Superarono rocce, valicarono torrenti, sgombrarono nevi, alberi, sassi, e quanto altro si parava loro dinanzi, con rara costanza di audacia: pure di ora in ora tu vedevi un uomo ansante, traendo a mala pena il respiro, gittarsi come sgomento sul terreno, e lasciare che i compagni lo precedessero, e finchè gli occhi potevano seguitarli si allontanassero; quando poi venivano a smarrirsi per le giravolte del monte, e il suo orecchio non udiva più voce di anima vivente, e il suo sguardo spaziava per lo spavento di quelle solitudini, balzare in piedi tutto tremante, e come meglio poteva correndo raggiungerli: in altro luogo un cavallo sdrucciolando sul ciglione del dirupo strascina seco il cavaliere, che intento a studiare il passo lo conduceva per le redini avvolte intorno al suo braccio; mal sapendo come salvarsi, si appiglia al più vicino, il quale a sua posta aggrappa un altro, e questi un altro ancora, così tutti insieme in un fascio precipitano giù nel profondo; uno strillo acutissimo si fa sentire, poi séguita il silenzio mortale, perchè il luogo ove percuotendo si rompono giace oltre l'udito dell'uomo. Soldati di ferro tutelati dal genio di un feroce Capitano con molto maggiore pericolo in tempi più recenti trapassarono il San Bernardo, e lo Spluga; invano impedirono loro il cammino le artiglierie, e gl'ingombri che le moderne guerre richiedono; invano l'uracano dell'Alpi, le nevi smosse, lo impeto degli elementi scatenati; vinsero, e lasciarono esempio di tale impresa, che, finchè l'uomo sar

I grandi son figli dell'etá in cui s'allevano, e non di quella in cui finiscono; i secoli si dovrebbero nominare da chi li genera ed educa, e non da chi li termina; e il cosí detto secolo d'Augusto, finí ad Augusto e per Augusto. Ad ogni modo, questi ultimi scolari de' greci emularono, arrivaron sovente, superarono talora i maestri.

Le dispensatrici d’amore, quelle che posero ingegno ed anima nel raffinare la tepida gioia della procreazione, quelle che fecero de’ propri nervi uno strumento complicato e mirabile, quelle che superarono il loro natural destino e patirono la bellezza dell’amore come la bellezza di un’opera d’arte, non sentirono mai, anzi rifiutarono, il bisogno di perdere stesse in un’altra vita.

Nel secolo susseguente vissero due poeti, le opere dei quali lasciano apparire giá alcuni progressi fatti dalla lingua. Don Gonzalo de Berceo e Giovanni Lorenzo Segura, l'uno nelle sue poesie sacre in versi alessandrini, l'altro nel suo poema De Alexandro magno, superarono anche di qualche grado l'arte del cantore del Cid.