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Aggiornato: 9 giugno 2025
E prima che del tutto non si udisse per allungarsi, un'altra 'I' sono Oreste' passo` gridando, e anco non s'affisse. <<Oh!>>, diss'io, <<padre, che voci son queste?>>. E com'io domandai, ecco la terza dicendo: 'Amate da cui male aveste'. E 'l buon maestro: <<Questo cinghio sferza la colpa de la invidia, e pero` sono tratte d'amor le corde de la ferza.
Or mansueto le favello: "O amata "Crëatura gentil, vorrei morire "Pria di vederti piangere!... Darei "Tutto il mio sangue per vederti lieta! "Alla legge d'amor chino la testa! "Qual colpa è in te se i baci miei, che un giorno "Ti davano il delirio, or ti dan noja?
Il cavaliere vi si assise infatti: benchè fosse nobilissimo ed avesse avuto in vita sua grandi soddisfazioni d'amor proprio, non era orgoglioso: non riguardava con disprezzo quelli che la Provvidenza aveva fatti nascere al disotto di lui; per questo non isdegnò trattenersi in quella cucina, al contatto della povera gente che vi si trovava.
Quando su la prima alba al duro assalto Sorser le destre de la gente armata, Stimolata d'Amor sorse ne l'alto, Del sacrato Matteo l'alma bëata; Per l'auree strade de l'eterno smalto Giunse, dove immortal sede stellata Marìa raccoglie, e col
e pero` lo minor giron suggella del segno suo e Soddoma e Caorsa e chi, spregiando Dio col cor, favella. La frode, ond'ogne coscienza e` morsa, puo` l'omo usare in colui che 'n lui fida e in quel che fidanza non imborsa. Questo modo di retro par ch'incida pur lo vinco d'amor che fa natura; onde nel cerchio secondo s'annida
......... Col tuo secondo duca Te vidi io prima, e de lo sacre danze O dimentica o schiva; e pur sì franco. Sì numeroso il portamento, e tanto Di rosea luce ti fioriva il volto, Che Diva io ti conobbi, e t'adorai. Ed ei sì lieto ti ridea, sì lieta D'amor primiero ti porgea la destra, Di sì fidata compagnia, che primo Giurato avrei che per trovarti ei l'erta Superasse de l'Alpe, ei le tempeste Affrontasse del Tuna, e tremebondo Da la mobil Vertigo e da l'ardente Confusïon battuto in sul petroso Orlo giacesse. Entro il mio cor fêan lite Quegli avversarii che van sempre insieme, Riverenza ed Amor; ma pur sì pio Aprivi il riso, e non so che di noto Mi splendea ne' tuoi guardi, che Amor vinse, E m'appressai sicuro. E quel cortese, Di cui cara l'immago ed onorata Sarammi, infin che la purpurea vita M'irrigher
Ben potete contare, una per giorno, quante morte vi sian donne e donzelle. Ma se pietade in voi truova soggiorno, se non sete d'Amor tutto ribelle, siate contento esser tra questi eletto, che van per far sì fruttuoso effetto.
CLEMENZIA. Che volete ch'io vi renda? FLAMMINIO. Il mio ragazzo che s'è fuggito in casa tua. CLEMENZIA. In casa mia non vi è servidor nissun vostro; ma sí bene una serva. FLAMMINIO. Clemenzia, e' non è tempo da muine. Tu mi sei stata sempre amica, ed io a te; tu m'hai fatti de' piaceri, ed io a te. Or questa è cosa che troppo importa. CLEMENZIA. Qualche furia d'amor sará questa. Orsú, Flamminio!
4 Che se l'amante de l'amato deve la vita amar più de la propria, o tanto (io parlo d'uno amante a cui non lieve colpo d'Amor passò più l
Appressatosi al sepolcro per comporre in un solo pensiero le tutelari imagini della morta e della lontana, i suoi occhi furono percossi da un bagliore. Sul muro funerario, accanto agli scheletri delle ghirlande votive che era venuto altre volte ad appendervi, una grande corona candida abbagliava come un'aureola. Non era intessuta di fiori, ma di bianche stoffe e di fili d'argento: una mano sapiente aveva piegato il raso bianco, i merletti bianchi, i veli bianchi, in modo da raffigurare petali nivei e foglie spumose. La sua confusione dinanzi a quel voto durò un attimo; per un attimo, pensando che nessuno al mondo fuorchè egli stesso aveva amato la morta, lo stupore, l'ignoranza dell'affetto dal quale veniva quel voto lo lasciarono perplesso e ansioso. Comprese come alla luce d'un lampo. Certo che nessuno fuorchè la creatura d'amore era potuto venire ad appendere quella corona votiva, le lacrime cominciarono a sgorgargli dagli occhi, inesauribili. Beatrice secreta, consolatrice pietosa, egli la riconosceva al pensiero d'amore che l'aveva nascostamente guidata dinanzi a quella lapide, al pensiero d'amore che le aveva fatto intrecciare quella ghirlanda. Le ossa della sorella morta avevano dovuto tremare, quando la pietosa mano aveva appeso la bianca ghirlanda! Tremando egli piangeva di gioia secreta, di gratitudine effusa, di timida speranza. Egli dunque viveva nella memoria, nel cuore di lei! Quando ancora chiedeva a sè stesso quali ricordi aveva lasciati alla lontana, quando dubitava d'esser rammentato da lei, ella aveva sposato la sua religione del sepolcro! Fissando lo sguardo velato alla corona luminosa pareva a lui che per un nuovo prodigio la sorella morta esprimesse i sentimenti dai quali egli era invaso; come oltre lo spazio ed il tempo il pensiero della lontana arrivava fino a lui, così oltre la vita l'anima della sorella parlava, ripeteva il consiglio che egli aveva udito altra volta: «Ama e vivi, credi e vivi, spera e vivi.» Presentendo di adunare in uno stesso quadro le imagini belle, egli le vedeva tenersi per mano, venirgli incontro raggianti. La lontana aveva tratto dal sepolcro la morta; i due fantasmi vivevano d'una stessa vita sovrumana, intangibile. Ma sopra la meraviglia beata e l'estasi trepida e la grata fede, un sentimento di secreta ambascia gli stringeva il cuore pensando che nessuna parola mai avrebbe potuto significare alla creatura vivente l'impeto di devozione, il bisogno di genuflessione che lo piegavano. Prendere genuflesso la mano di lei, baciare la mano che aveva intessuta la corona virginea, ciò solo egli poteva. Ma gli sarebbe bastato? Tutte le cose dolci che s'agitavano in lui non lo avrebbero soffocato? E al pensiero d'amor puro dal quale era stata guidata dinanzi a quella tomba avrebbe egli risposto confessando un amore esigente, un lesivo amore? Non voleva egli ora averla per sè, tutta, ora che la sapeva sua nella fraternit
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