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Ebbene, mio signore; disse il Fiesco animandosi; perchè io, libero, e desideroso di quiete nel mio castello di Gioiosa Guardia, mi acconciassi a prender servizio presso il più nobile fra i re, bisognerebbe che l'uomo insigne col quale ho lealmente servito, e dal quale sono stato ricompensato di affetto paterno, non gemesse più oltre, aspettando una prova del vostro favore. Siate generoso, re Ferdinando, e pensoso del nome che lascerete nella storia del mondo. Quell'uomo Voi lo avevate pur creato almirante maggiore dell'Oceano, e vicerè delle terre ch'egli avrebbe scoperte. Egli ha mantenuti i suoi patti, scoprendo un mondo per la vostra Corona. Ed era, ed è la onest

Giunti alla soglia della capanna, il condottiero, chiamato Beltramo, gli comandò averne cura, e lo pregò che per suo amore lo vegliasse; lo avrebbe ricompensato in appresso; intanto se l'ammalato si aggravava andasse a San Quirico, e dicesse all'Abbate, che messere Ghino mandava per lui, ch'egli sarebbe certamente venuto; finalmente rivoltosi alla masnada che lo aveva seguitato, parlò con voce solenne brevissimo discorso: «Siavi di esempio Drengotto; io perdono i colpevoli

Non parliamo del Candriani, tanto ben ricompensato della sua amicizia; per poco Filippo non gli aveva portato via naso, orecchia e labbra in un colpo solo; ad ogni modo il povero Berto rimaneva sfigurato per sempre; la cicatrice era spaventosa; venti punti di sutura; ma che venti? trenta, o quaranta; un macello.... E intanto Filippo s'era giuocato per quella donna l'eredit

All'udire che ci è Garibaldi, mi si prende uno stringimento di cuore, e mi spenzolo dal carro onde meglio vederlo. Povero eroe!.. Come ti han ricompensato i falsi repubblicani di Francia, ma tu sai deludere le inique lor mire, ma tu sai sventare i loro infami tranelli!

Egli vi si recava spesso, quando lasciava Roma, dove possedeva la villa di fronte alla porta del Popolo; è stato davvero un benefattore di questo villaggio; lo ha migliorato, vi ha costruito una fontana ed una strada che va al mare, ed ha ricompensato sempre generosamente i servigi resigli.

Naturalmente da questo colloquio non si concluse nulla. Sior Bortolo, chiamato di nuovo a consulto dai nobili padroni, tenne un linguaggio insolito. Egli non voleva più impicciarsene, perchè s'era accorto che le sue intenzioni erano fraintese e il suo zelo mal ricompensato. A proporre, giorni addietro, un partito di cinquecentomila lire pel contino Leonardo, s'era tirato addosso una tempesta, e il marchese e la marchesa Geisenburg gli avevan dette di quelle ingiurie che feriscono al vivo un galantuomo. Facessero dunque il piacer loro. Gi

Napoleone rivisse a S. Elena le sue opere e quello che egli fu, e pose alla sua carriera, a guisa di epigrafe monumentale, le seguenti significative parole: «Io ho chiuso l'abisso dell'anarchia, ordinando il caos; io ho quietata la rivoluzione, nobilitati i popoli, e moderato i re. Ho incoraggiato qualunque gara, ho ricompensato ogni merito ed ho allargato i limiti della gloria. Tutto ciò è stato pur qualcosa. Or dunque, da quale punto si potrebbe attaccarmi, dove lo storico non potesse difendermi? Forse nelle mie intenzioni? In questo egli potr

Se in alcuno dei nostri lettori si fosse suscitato un pensiero di amore per Enrico VII, che poc'anzi abbiamo veduto sollecitare il padre alla pace, sappia, queste considerazioni essere state fatte per lui. Nessuno sia così stolto da credere che un atto gentile derivi necessariamente da animo gentile. La più parte di noi pratica la virtù, perchè non fa frutto con la colpa, e commette la colpa, perchè non gli giova la virtù: lo spirito per questo si cambia in nulla, ch'egli rimane pur sempre tristo, o maligno, come la natura, o la educazione, ce lo ha dato. Se Enrico VII amò la pace, fu perchè il padre gli aveva promesso farselo compagno del potere, questo sperava conseguire, dove non avesse fine la guerra. Federigo considerando che non avrebbe mai ottenuto con le armi un dominio in Italia, tentò acquistarlo per via di pratiche, e fece tenere proposito a Guglielmo II di Napoli, santissimo Re, detto il Buono, se volesse concedere la sua zia Gostanza, figlia postuma del Re Rogiero, ad Enrico suo figlio. Guglielmo non avendo prole consente al trattato. Nel 1184 è fama che seguissero in Milano questi sponsalisedendo su la cattedra di San Pietro Urbano III. ed è pur fama, che Enrico oltre i diritti sul Regno di Napoli ricevesse in dote centocinquanta somari carichi d'oro, di vasellame di argento, vesti, sciamiti, grisi (forse vaj), ed altre preziose masserizie. Di a qualche anno morto Guglielmo il Buono, sebbene il Regno cadesse a Gostanza, i Siciliani, comportando gravemente la straniera dominazione, chiamarono Re Tancredi, Conte di Lecce, e Principe di Taranto, figlio illegittimo di Rogiero Duca di Puglia. Enrico VII disposto a volere ricuperare i suoi diritti implora il soccorso dei Pisani e dei Genovesi, promettendo loro amplissimi privilegii, si avanza dal lato di Cepperano, ed occupa tutta Terra di Lavoro fino a Napoli, il quale tien fermo per Tancredi. Una terribile epidemia distrugge l'esercito tedesco, che, costretto ad abbandonare il Regno, fugge a Genova. Riccardo Conte di Acerra ricupera Terra di Lavoro. La Imperatrice Gostanza, che posando su la fede dei Salernitani soprastava a Salerno, è dai cittadini consegnata a Tancredi. Questi, come uomo di cuore magnanimo, la rimanda ad Enrico senza riscatto; della quale cortesia come fosse in séguito ricompensato, vedremo tra poco. Rogiero primogenito di Tancredi, sua consolazione e conforto, dopo avere condotto a moglie Irene, figlia d'Isacco Angelo Imperatore di Costantinopoli, moriva. Tancredi soprappreso di acerbissima doglia lo seguitava nel sepolcro, lasciando Sibilia moglie, Guglielmo, Albinia e Mandonia, figli suoi. Enrico VII, saputa la morte del valoroso Principe, cammina celerissimo contro il Regno, e per questa volta gli viene fatto di conquistarlo. La Regina Sibilia ripara co' figli nel castello di Calatabellota, in que' tempi stimato insuperabile. Enrico le fa proporre di uscire, e nella Contea di Lecce, prima signoria del suo marito, restituirla. Accetta la sventurata: di a poco, ecco come Enrico adempiva i patti promessi: Guglielmo fece abbacinare, e privare dei genitali, che presto se ne moriva; Sibilia, Albina e Mandonia, mandò in carcere nei Grigioni. Ora si manifesta il suo feroce talento: fatti prendere tutti coloro che avevano parteggiato per Tancredi, ordinò che sul capo loro si ponessero corone di ferro infuocate, e con chiodi roventi vi si conficcassero. Riccardo Conte di Acerra, caduto in suo potere, fu strascinato a coda di cavallo, poi appiccato pei piedi; mai, finchè visse quel crudele, consentì che si rimovesse dallo infame patibolo. Margarito Grande Ammiraglio ebbe gli occhi divelti, i genitali recisi. I Genovesi e i Pisani non solo delle cose promesse non soddisfece, ma ben anche della buona fede loro schernì. Poi, come se infierire contro i vivi fosse poco, volse il suo furore contro i morti. Fatti disseppellire i cadaveri di Tancredi e di Rogiero, strappò loro con rabbia la corona reale dal capo. Le sue crudelt

Ma ; che ubbìa era quella del signor Almirante, di voler essere ricompensato de' suoi servigi? di voler mantenuti i suoi titoli, i suoi diritti, i suoi privilegi? Una bella ingratitudine patita esalta l'eroe, più d'un premio ottenuto. Ma forse egli voleva ben ribadire la ingratitudine di Ferdinando il Cattolico alla gogna della posterit

Questo non diminuisce punto il valore della nobilissima parte da lui rappresentata nel nefando intrigo che supera quanto di più putrido e di più immondo egli è stato accusato di ammassare nei suoi romanzi. Doveva accadere così. Egli però n'è stato ricompensato a bastanza.