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E fortunato chi moriva di primo colpo, senza vedersi scannate innanzi le persone care, senza bevere a sorsi una morte disperata, straziati a membro a membro, coi visceri divelti, col corpo spaccato dalla polvere accesa nella gola... Vien meno la virtù della favella a descrivere quell'orribile arte di strazio. Deh quante vedove fece quel giorno! Quanti orfani!

«Immensi saloni, dalle pareti coperte di specchi dall’alto in basso, erano mascherati da alberi, testè divelti dalla terra, e tutti pieni di frutte. Gli spazî tra il fogliame e gli specchi facevano credere ad un altro mondo che passasse dall’altro lato della strada: la illusione era completa. Si facevano balli inglesi sotto viali di pergolati, dai quali pendevano grappoli d’uva matura e squisita; contraddanze francesi in quadrati d’alberi, e tutt’intorno ad una ricca vasca, donde zampillava un bel getto d’acqua che faceva dei giuochi. In fondo, nell’ultimo salone, vedevasi una graziosissima collina, anch’essa imboschita, e nel mezzo un sentiero, conducente alla sommit

Se in alcuno dei nostri lettori si fosse suscitato un pensiero di amore per Enrico VII, che poc'anzi abbiamo veduto sollecitare il padre alla pace, sappia, queste considerazioni essere state fatte per lui. Nessuno sia così stolto da credere che un atto gentile derivi necessariamente da animo gentile. La più parte di noi pratica la virtù, perchè non fa frutto con la colpa, e commette la colpa, perchè non gli giova la virtù: lo spirito per questo si cambia in nulla, ch'egli rimane pur sempre tristo, o maligno, come la natura, o la educazione, ce lo ha dato. Se Enrico VII amò la pace, fu perchè il padre gli aveva promesso farselo compagno del potere, questo sperava conseguire, dove non avesse fine la guerra. Federigo considerando che non avrebbe mai ottenuto con le armi un dominio in Italia, tentò acquistarlo per via di pratiche, e fece tenere proposito a Guglielmo II di Napoli, santissimo Re, detto il Buono, se volesse concedere la sua zia Gostanza, figlia postuma del Re Rogiero, ad Enrico suo figlio. Guglielmo non avendo prole consente al trattato. Nel 1184 è fama che seguissero in Milano questi sponsalisedendo su la cattedra di San Pietro Urbano III. ed è pur fama, che Enrico oltre i diritti sul Regno di Napoli ricevesse in dote centocinquanta somari carichi d'oro, di vasellame di argento, vesti, sciamiti, grisi (forse vaj), ed altre preziose masserizie. Di a qualche anno morto Guglielmo il Buono, sebbene il Regno cadesse a Gostanza, i Siciliani, comportando gravemente la straniera dominazione, chiamarono Re Tancredi, Conte di Lecce, e Principe di Taranto, figlio illegittimo di Rogiero Duca di Puglia. Enrico VII disposto a volere ricuperare i suoi diritti implora il soccorso dei Pisani e dei Genovesi, promettendo loro amplissimi privilegii, si avanza dal lato di Cepperano, ed occupa tutta Terra di Lavoro fino a Napoli, il quale tien fermo per Tancredi. Una terribile epidemia distrugge l'esercito tedesco, che, costretto ad abbandonare il Regno, fugge a Genova. Riccardo Conte di Acerra ricupera Terra di Lavoro. La Imperatrice Gostanza, che posando su la fede dei Salernitani soprastava a Salerno, è dai cittadini consegnata a Tancredi. Questi, come uomo di cuore magnanimo, la rimanda ad Enrico senza riscatto; della quale cortesia come fosse in séguito ricompensato, vedremo tra poco. Rogiero primogenito di Tancredi, sua consolazione e conforto, dopo avere condotto a moglie Irene, figlia d'Isacco Angelo Imperatore di Costantinopoli, moriva. Tancredi soprappreso di acerbissima doglia lo seguitava nel sepolcro, lasciando Sibilia moglie, Guglielmo, Albinia e Mandonia, figli suoi. Enrico VII, saputa la morte del valoroso Principe, cammina celerissimo contro il Regno, e per questa volta gli viene fatto di conquistarlo. La Regina Sibilia ripara co' figli nel castello di Calatabellota, in que' tempi stimato insuperabile. Enrico le fa proporre di uscire, e nella Contea di Lecce, prima signoria del suo marito, restituirla. Accetta la sventurata: di a poco, ecco come Enrico adempiva i patti promessi: Guglielmo fece abbacinare, e privare dei genitali, che presto se ne moriva; Sibilia, Albina e Mandonia, mandò in carcere nei Grigioni. Ora si manifesta il suo feroce talento: fatti prendere tutti coloro che avevano parteggiato per Tancredi, ordinò che sul capo loro si ponessero corone di ferro infuocate, e con chiodi roventi vi si conficcassero. Riccardo Conte di Acerra, caduto in suo potere, fu strascinato a coda di cavallo, poi appiccato pei piedi; mai, finchè visse quel crudele, consentì che si rimovesse dallo infame patibolo. Margarito Grande Ammiraglio ebbe gli occhi divelti, i genitali recisi. I Genovesi e i Pisani non solo delle cose promesse non soddisfece, ma ben anche della buona fede loro schernì. Poi, come se infierire contro i vivi fosse poco, volse il suo furore contro i morti. Fatti disseppellire i cadaveri di Tancredi e di Rogiero, strappò loro con rabbia la corona reale dal capo. Le sue crudelt

Se alcuno, impugnando le mie conjetture, ricusasse di ammettere che dal vicerè vennero fermati in quell'epoca tali progetti, io chiederogli il come si possa spiegare in quest'ultima ipotesi la sua contumacia agli espressi comandamenti dell'imperatore, il quale, chiamandolo a con tutte le sue truppe, ingiungevagli di abbandonare l'Italia. Un solo motivo, o per meglio dire, pretesto, allegò il vicerè per palliare la sua disubbidienza. Disse cioè di temere la diserzione dei soldati italiani, i quali, divelti dalla propria patria e tratti verso la Francia, verrebbero a sapere l'occupazione del loro paese per parte delle truppe nemiche. Ed allegava in prova le molte diserzioni recentemente accadute nell'esercito, di soldati nativi dei dipartimenti occupati dalle truppe nemiche. «Se i soldati delle province venete», diceva egli, «mi abbandonano per accorrere alla difesa dei loro propri lari, che fia per accadere allorchè tutto quanto l'esercito si trover

Noi siamo trasportati nel vasto ronzìo del cielo tutto imbottito di mostruose cicale.... No!... No!... Seconda popolana. Come possono, gli alberi, star ritti? Sono atterriti!... Maledetto sole! Terribile fornace! Valanga di specchi! Moriremo tutti acciecati! , acciecati! I miei occhi sono divelti dalla fiamma veloce di queste sfolgoranti rotaie che solcano la terra come due fulmini immensi!

Siano divelti i parafulmini e le statue!... Saccheggiamo gli scrigni colmi d'oro!... Verghe e monete!... Tutti i metalli preziosi saranno fusi, pel gran Binario militare!... Ci precipitammo fuori, coi pazzi gesticolanti e le pazze scarmigliate, coi leoni, le tigri e le pantere cavalcate a nudo da cavalieri che l'ebbrezza irrigidiva contorceva ed esilarava freneticamente.

In una di queste ore d'estasi, mentre fremevano per l'aria i pollini divelti dai rododendri in fiore, egli tuffò le mani negli aromi sparsi, e, imponendole sul capo delle gemelle, mormorò nel colmo dell'ardore, quasi improvvisando: Ti segno col segno della croce, ti confermo col crisma della salute, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Purpuree sono, e tragiche come divelti cuori. Oh, perchè mai non gocciola sulle foglie e sull’erba il flusso dell’acerba ferita?... O forse l’aria lo beve avidamente, e per esso è vivente, e per esso t’inebria col ricordo di amori perduti?...

Maria Spiridònova, è oscura la cella ove giaci; e tu aspetto umano più quasi non hai, distesa sul fetido letto. Lo so, ch’eri bionda al par della messe matura; ma t’hanno divelti i capelli a ciocche, ed a guisa di fionda lanciato il bel corpo a muraglie di pietra; e accecato un degli occhi, e pesti e spezzati i ginocchi, e sovra la carne tua pura,