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Quando io scriveva le precedenti pagine, non poteva prevedere quale stupendo sviluppo fosse per prendere in breve volger d'anni la storia della mia patria. La folle dichiarazione di guerra di Napoleone III, derivata dal culto barbarico per l'idolo militare che ancora perdura in Francia, ha prodotto conseguenze di primaria importanza storica. L'intelligenza e la forza della nazione tedesca spezzarono la temuta potenza della Francia imperiale come una canna marcita. L'imperatore francese, i suoi generali, i suoi marescialli, il suo grande esercito, una volta terrore del mondo, come per una malìa, son fatti d'un tratto prigionieri di guerra. Il grande Impero francese si dissolse in polvere al tocco elettrico dello spirito nazionale tedesco, ed il papato, l'antico papato imperiale e millenario, si piegò anche esso inaridito ed inerte. Il re-papa latino e lo imperatore latino precipitarono insieme, ed in cospetto di Parigi assediata, nella notte di Natale del 1870, 1070 anni dopo Carlomagno, l'Impero, potenza nazionale tedesca, è ritornato alla dinastia protestante degli Hohenzollern. La fine dell'Impero nel 1806 appare oggi dunque soltanto come il principio di un interregno, il più lungo che la storia tedesca conosca. Ora noi incominciamo la riforma politica della Germania. E' sorprendente e bello poter oggi considerare la tenacia e la durata dell'idea imperiale, che è divenuta ora mirabile espressione del principio moderno della libert

Così la monarchia avrebbe sciolto il problema del papato; invece il millenario problema si disciolse in essa. Il papa morente e sicuro di risorgere maggiore come pontefice potè guardare ironicamente il re, che non avrebbe profittato a lungo della sua morte e non sarebbe certo risorto come presidente di repubblica. Infatti la morte del papato se produsse per la conquista di Roma un grande vantaggio alla dinastia, rimase e rimarr

O torrente millenario enormemente gonfio di gemme e di tenebre, che scorri senza fine sotto il grottesco galoppo e il traballar dei fantastici tram, simili a enormi ricci sfavillanti... verso qual mèta vuoi dunque travolgere il mio desiderio? Verso quella stazione che fiammeggia, lontano, mostruoso topazio dalle faccette di fuoco?

¹ Del D.r Ermete Rossi, Roma, Tipografia Laziale 1892. Leggendo queste dugentotrenta pagine, sembra di fare un sogno pieno di stranezze e di orrori, o visitare lo spedale di qualche fantastico Charcot millenario.

Alcune fotografie istantanee mandò in quel tempo di alla famiglia, presegli dai compagni nei pittoreschi dintorni di Caprino. In una d’esse egli appare in piedi, pensoso, snellissimo, tenendo con una mano il fucile, con l’altra il bastone ferrato da montagna. Soldato e pastore. Nel suo contegno, nessuna jattanza. È grave e calmo. Fresco fanciullo, uomo millenario. Sa che cosa vuole, sa dove va. Incarna un’idea, rappresenta una superiorit

Poi, come succede nelle paci subitane dopo grandi moti, quando restan disoccupati a un tratto e malcontenti molti animi irrequieti, seguiron parecchi anni, che si potrebbon dire i classici delle congiure italiane, gli anni che gioverebbe studiare, per vedere a che elle montino, che ne risulti. Tre ne furono nel solo 1476, l'anno millenario della distruzione dell'imperio antico.

Staccando alfin la mia bocca dalla tua bocca satolla, vedo oh terrore! la Notte vorace salire verso le nostre labbra... la Notte, divoratrice eterna di speranze e d'oro solare!... Un giorno!... Ecco ancora tutto un gran giorno annientato!... Salvami, bel Destino!... mio Destino che amo!... Il Torrente millenario.

In Italia il risveglio dell'entusiasmo napoleonico fu incomparabilmente più forte e più giustificato. L'imperatore era considerato come il più grande degl'italiani: aveva risuscitato dal sonno millenario il sacro nome del paese, aveva frenato con leggi moderne l'antico disordine tradizionale, aveva versato con gesta senza pari un'ambizione inquieta nel cuore della snervata gioventù. Di tanto in tanto all'Elba gli era ribollito nelle vene il sangue italico: egli promise: «a Parigi sono stato un Cesare, a Roma sarò un Camillo». Sulle nuove strade alpine, nell'arena cesarea della capitale lombarda, nel duomo risorto dalle rovine, nell'Arco di trionfo, a cui l'imperatore aveva destinato l'Impresa di Alessandro del più grande scultore moderno, e che ora glorificava le imprese dell'Austria, l'italiano incontrava a ogni piè sospinto nel settentrione della penisola le orme del grande compatriota. Il suo Regno d'Italia era stato un governo ben più umano e nazionale del dominio austriaco e della forca borbonica. L'odio ai francesi, che la musa di Alfieri aveva bandito alla gioventù, dileguava a poco a poco sotto la cupa compressione della nuova dominazione straniera. Niccolini, che in altri tempi con un alto grido di sdegno aveva atteso sulla via di Brenno il figlio d'Italia discendente dalle Alpi, e non aveva trovato che sarcasmo per l'iscrizione della medaglia commemorativa francese l'Italie délivrée