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MASTRO ANTONIO. , , misier . Che se n'è fatto de quel vostro mistro? REPETITORE. Non est in domi. MASTRO ANTONIO. Che desi? Non ghe in Roma? REPETITORE. Dico domi, domi. MASTRO ANTONIO. Missier . E' me l'ha be' ditto che ghe vegna. REPETITORE. Oh che pulchra festa ch'è questa! MASTRO ANTONIO. De grazia, vegnite un pochetin abasso, ché voio parlar con Vostra Magnificenzia.

Quivi un solo guerrier può tanto avanti, Che nostri stuoli ha dissipati e sparsi; Se tu domi costui, sovra i tuoi vanti Non ha certo Ottoman di che vantarsi. Rasserena i magnanimi sembianti Di novello splendor l'alta Anacarsi, E fa le ciglia di più rai gioconde Quasi a lieta novella, indi risponde: XVIII

Smarrito si aggrappa al collo del cavallo e collo sguardo cerca qualcuno che arditamente l'afferri e lo domi. Ma in questo mentre la zampa ferrata del destriero, poggiata con isconsideratezza sul lastrico, scivolò, e l'animale cadde strascinando seco il giovine, che battuta la testa sui sassi, svenne facendosi una larga ferita.

Nam postea multos composuimus, quos diversis temporibus, diversis etiam ex causis elucubratos, te in primis nosse opus est: diversis etiam in locis scriptos, nunc domi, nunc in expeditionibus, et tumultibus, etiam plusquam civilibus, et aliud post aliud volumen, et scriptum, et editum est, ut coherere ipsa inter se difficile te arbitrer judicaturum.

Come da un prisma, vividi e smaglianti si sprigionano i colori, così dalle memorie, netti e purissimi vivono gli uomini che furono le battaglie combattute le lotte fierissime sostenute gli ideali mai piegati e mai domi le turbinose vicende che tempo ed uomini non poterono infrangere o tramutare.

Bandiva ad essi, che se Dio fosse ancor Dio, egli ch'avea domi i re e' regni a un girar di ciglio, espugnerebbe quest'isoletta di Sicilia; e avrebbel fatto incontanente, aggiugnea, se non che sursegli improvviso nimico il ribaldo Pier d'Aragona; onde fu mestieri altrimenti ordinar la guerra, ingaggiarsi al duello, muover Francia contro il reame d'Aragona; e tornato in Italia, la sola carestia gli avea tolto di mettere sotto il giogo i Siciliani. «La mia causa, sclamava, è vostra; domi i ribelli, avran fine i travagli; pace e giustizia faran fiorire il reameMa perchè a quello sforzo bisognava moneta, chiedea quest'anno a tutti i comuni la colletta usata, e undici per cento di più a chiunque non tenesse a molestia di sovvenire alquanto più largamente il suo re . Così, tentennando tra bisogno di danaro e necessaria temperanza, comandava si riscuotesse la colletta anzi tempo; e insieme chiamava parlamento in Foggia per lo primo dicembre.

Erano state lunghe, eterne quelle ore dei tre giorni, io le aveva vedute avanzare pigre e stanche, ma le ore dell'ultima notte, chiamate invano, supplicate invano, non venivano. Lei doveva arrivare alle sei del mattino. Dalle otto della sera prima io agonizzava nell'impazienza. Non una lettera, non un telegramma. Non poteva farmene, non doveva farmene, avevamo stabilito così. Viaggiava lei verso me? Dove era lei in quel momento? Calcolando potevo saperlo. E se non venisse? Tutte le più alte, le più inflessibili deduzioni matematiche sono capovolte da un picciolissimo fatto. Passeggiavo, fumavo, morsicchiando la mia sigaretta, lasciando che si spegnesse, gittandola nella via, accendendone un'altra. Nella sera ad uno ad uno si spegnevano i lumi del paesello. Passò un treno alle nove; era un diretto, non fermò. Alle dieci un altro; fermò per due minuti; era l'ultimo. La stazione era il mio faro, la mia compagnia. Illuminata, mi riscaldava il cuore come un raggio di sole. Certo i due impiegati, i facchini, il capostazione dovevano essere molto stanchi, poichè smorzarono subito e se ne andarono a letto. Mi parve di rimanere solo, abbandonato, in un deserto, senza luce, senz'acqua. Rientrai in camera, tutto angustiato. Dinanzi ad una fioca stearica d'albergo, in piedi, fremendo, rilessi le sue lettere inquiete, agitate, febbricitanti, che mi davano la follia. Sarebbe venuta. Sarebbe venuta la regina di Saba nei dômi azzurri della mia fantasia. Io le tendeva le braccia, ella veniva. Poi mi mettevo a pensare se quel salottino e quella camera d'albergo erano degne di ricevere la sua persona. Piccole stanze, messe con un lusso un po' rustico, un po' cittadino. Ma come Cristo, vi erano tutte le stazioni della Passione. Gliele avrei fatte vedere: Vedi, qui ho pianto, pensando che tu non saresti venuta. Qui ho sperato che questo calice mi sarebbe risparmiato. Qui ho agonizzato nel dubbio della mia fatale Getsemani. Qui ho singhiozzato credendomi tradito da te. Qui ho disperato, credendo che non saresti più venuta. Questo è stata la mia tomba per tre giorni. E qui, qui, amore mio immenso, sono risorto. E pieno di una esaltazione, uscivo sul terrazzo a gesticolare, come un lungo burrattino preso da pazzia. Forse non sarebbe venuta. Mi sedetti in un angolo, appoggiando le braccia sul muretto, e il capo sulle braccia. Ma non dormivo, no. La boccettina del cloralio era quasi vuota sulla mia tavola. La vuotai. Mi distesi sul letto per dormire. Non dormivo. Presi un libro: le massime di Larochefoucauld. Tristi massime, ironiche massime, piene di realt