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Tuttavia entrai, la baciai in fretta e le dissi: « Mi tocca partire; non moverti, potresti infreddarti, addio. E via a precipizio. Partii col primo treno. Mi cacciai in un angolo del convoglio e rilessi tutto il manoscritto di Fulvia, senza risentire più il menomo senso di amarezza o di risentimento.

Domani scriverò. Oggi ho letto la Tua lettera, ma la folla, il sole, le ciarle mi hanno stordito. La rilessi ancora e la rileggo «Qu'aviendra-t-il de moi?» O mia madre! Spero di morire! E tu devi pensare a Lei come ad una figlia: lo devi perchè il mio amore è santo. Sono in orgasmo. È una settimana ch'Ella ha scritto la lettera. Sono felice e sento che Dio mi vede. Dio? ed io credo nell'anima?

Quella lettura mi trasportava, mi commoveva, m'irritava volta a volta, m'interessava sempre. Molte volte rilessi un periodo che mi riguardava, e rimasi assorto cogli occhi fissi alle finestre della casa di contro, pensando con un misto di gioia e di rimpianto, quanto ero stato amato.

Molti anni dopo, nel 1898, quando l'editore Niccolò Giannotta di Catania gli propose di iniziare con questi tre scritti riuniti in un volumetto la sua piccola Biblioteca popolare contemporanea, il De Amicis avvertiva: «Rilessi, prima d'acconsentire, gli scritti, che avevo in parte dimenticati, e, rileggendoli, mi venne spesso sulle labbra un sorriso, che non era certo di compiacenza letteraria, e mi prese più volte un senso di tristezza, come accade sempre a chi si richiama alla memoria speranze alle quali non corrispose la vita ed entusiasmi su cui passò un'onda di nuovi affetti e di nuove idee. Acconsentii nondimeno alla pubblicazione di queste pagine perchè penso che la descrizione degli effetti intimi ed immediati prodotti da certi avvenimenti storici nell'animo d'un testimonio oculare non debba riuscire indifferente inutile ai giovani della generazione che quegli avvenimenti non vide; perchè l'affetto e la reverenza che sono espressi in questi scritti per le tre grandi citt

Rilessi quello che aveva scritto: nelle ultime righe mancava il senso. «La disperazione mi colse. Io aveva perduto! Non vi era più speranza. La mano mi tremolava talmente che non avrei nemmeno potuto più tenere la penna» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Qualche giorno dopo aver scritto questa lettera egli perdeva completamente la ragione.

«....Rilessi la 2^a edizione dei Baci perduti collo stesso diletto, come se si trattasse di un racconto nuovo, e questo è il miglior elogio che per un racconto italiano si possa concretare. Il Valcarenghi possiede qualit

Per raccapezzarmi ripresi la lettera di mio zio, e rilessi quelle parole fatali, come l'annunzio funebre del mio cuore.... esso era morto!... morto.... ucciso a tradimento!... da chi?... da chi?... chi ha ucciso crudelmente il mio cuore?... chi l'ha ucciso? io chiedeva come un giudice inquisitore che cerca un assassino chi ha ucciso il mio cuore?...

Presi in mano la penna, per confutare la lettera di mio zio scrissi d'un fiato dieci pagine assurde, piene di sarcasmi, di cinismo, d'invettive, di bestemmie contro l'amore e il matrimonio, la fede e la virtù, i neonati e la rettorica, le donne, i canonici e il diavolo. Poi le rilessi, le lacerai, e gettandole sul fuoco accesi il sigaro, e mi misi a correre sulla montagna attraverso la neve.

Ma forse Fulvia s'era vestita da uomo. Non l'aveva scritto; ma poteva averlo fatto. Rilessi il brano della lettera dove accennava di volo al suo equipaggio da alpinista. Non mi diceva nulla. Quegli oggetti potevano servire con entrambi i costumi.