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Vide venire a lei correndo il piccolo Bruno, seguìto da un grosso cane di Terranova, e poco lungi, ferma sulla strada, la contessa. Vieni! disse Bruno, gettandole le braccia al collo. La mamma vuole conoscerti.... E Brunello e il cane ritornarono ancora correndo verso la signora che attendeva. Nicla affrettò il passo, mentre Clara Dolores le andava incontro.

Ci avrebbe pensato lei, a far ritornare il bel tempo. Poco dopo, venne sua madre a trovarla: Lalla le raccontò la scena, gettandole le braccia al collo e singhiozzando. Maria l'accarezzò e la consolò, pur facendole capire, delicatamente, come sarebbe stato assai meglio se avesse badato subito a' suoi consigli; e dopo non la lasciò più, in tutta la giornata.

Ma quando alla mattina si alzò stanca, quasi esausta dalla lunga lotta, corse subito in camera dalla mamma, che era sempre a letto e gettandole le braccia al collo e piangendo le disse: Vedi, mamma, quel giovanotto che abita di faccia a noi, mi ha gettato dalla finestra nella mia stanza questa lettera.... ma io la a te....

E' successo che m'hanno dato cento cinquanta franchi! disse Aldo, gettandole in grembo con ira sprezzante tre biglietti da cinquanta franchi. Cento... cinquanta... franchi! alitò Nancy. Mio Dio! Nancy, senti! Non c'è che una cosa da fare. Vai dentro, e giocali. Sbáttili giù, su un numero qualunque. E se si pérdono, vadano al diavolo! E che la sia finita. Va bene, fa pure, disse Nancy.

Nessuna dello due trovò una parola: la mamma si accostò alla tavola, prese le quattro carte, esaminandole, senza che dal volto le trasparisse alcuna emozione. Oh! mamma, non potevo! esclamò finalmente la fanciulla, gettandole le braccia al collo in uno scoppio di pianto senza lagrime. L'altra l'accarezzava sulla testa. Calmati, Tina, hai fame? Adesso possiamo mangiare. No, no.

Oh, mamma! esclamai, gettandole le braccia al collo e chinando desolatamente la testa, sul suo petto ansante. Coraggio! Tuo padre ti vuol bene. Non prendere in mala parte i suoi consigli, la sua insistenza. Il babbo ha ragione, risposi con voce cupa. Ascoltami, Dario! ella soggiunse affettuosamente. E mi condusse per mano verso il canapè forzandomi a sedere accanto a lei.

Presi in mano la penna, per confutare la lettera di mio zio scrissi d'un fiato dieci pagine assurde, piene di sarcasmi, di cinismo, d'invettive, di bestemmie contro l'amore e il matrimonio, la fede e la virtù, i neonati e la rettorica, le donne, i canonici e il diavolo. Poi le rilessi, le lacerai, e gettandole sul fuoco accesi il sigaro, e mi misi a correre sulla montagna attraverso la neve.