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Ella singhiozzava: Ascoltatemi... Io non sono di Napoli... Sono di Nola... Non sono pratica... Ho perso tutto e mia madre m'è morta, ieri l'altro... Avevo... lui... Un giovane... Capite?... E mi son messa a ritrovarlo. M'ha lasciata. Voi avete visto: non l'ho più trovato... Lasciata!... Abbandonata! Abbiate compassione... Non ho più nulla... Perdonatemi!...

Neppure nei più bei giorni passati, Fulvia non mi aveva mai scritto con tanto trasporto. La dolcezza acre ed inebriante del pomo di Eva mi saliva alla gola, e mi dava alla testa. O lettore, lettore!.... Tornai a leggere. «Avete ricevuto il piego colle mie memorie? Oh Massimo! Erano cattive le ultime pagine delle mie memorie; perdonatemi, avevo il freddo nel cuore

«Faccio male a scrivervi queste cose, mio ottimo amico; forse è male che di tanto in tanto io prenda in mano la penna. Perdonatemi: accogliete questi scritti come un'umile confessione de' miei falli, ed assolvetemi, come mi assolve il sant'uomo, ai piedi del quale io depongo ogni settimana questi ultimi atti di debolezza femminile. Egli è pietoso ed umile, questo curato, come un vero seguace di Cristo; non ho avuto segreti per lui, ed egli versa sulle piaghe del mio cuore il balsamo delle sue benedizioni. Ora egli mi aiuta in un'opera di gran sollievo per me. I bambini di questo paesello, lasciati in balìa di stessi dalle loro madri, non facevano altro che correre qua e l

Credete che io non sappia ora ciò che voi in questo momento provate, quello che non volete dirmi, quello che la vostra anima vi imporrebbe di dirmi? Egli si avvicinò ancora, ansimando, facendo l'atto di afferrarle una mano. Ma Loreta si ritrasse subito, con energia. No, no, non temete! diss'egli rattenendosi immediatamente. E perdonatemi se mi vedete così.

CRIVELLO. Oimè! oimè! O seccareccio, altrettanto a me. SCATIZZA. Non ti diss'io che la baciarebbe? CRIVELLO. Or ben ti dico ch'io non vorrei aver guadagnato cento scudi e non aver veduto questo bacio. SCATIZZA. Il veggio. Cosí fusse tócco a me! CRIVELLO. Oh! Che fará il padrone, come egli 'l sappia? SCATIZZA. Oh diavol! Non si vòl dirglielo. ISABELLA. Perdonatemi.

CECA. Vieni; non dubitare: ché non ti fará male, no. IULIA. Giottone, ti credevi fugire, eh? E dove volevi andare, ch'io non ti trovassi? MINIO. Oimè! perdonatemi, mamma mia. CECA. Madonna, non piú, di grazia. Vanne dentro tu. MINIO. Oimè! Oimè! IULIA. Aspetta pur, ché queste non son nulla a rispetto di quelle che io ti darò. Vanne pur . CECA. Che cosa ve ha egli fatto?

FORCA. Padron, perdonatemi, sète stato frettoloso a credere ed estimar vostro figlio e un amico come Alessandro, un assassino ché l'uno vi fu sempre ubidientissimo e l'altro venti anni un buon vicino, e me per un ladro, che v'ho servito venti anni fedelmente. FILIGENIO. Eccoti i cento scudi: almeno non arò rimordimento di conscienza di aver fatto cosa con malizia.

Comunque stia, son sempre al vostro comando. Perdonatemi, non posso contenermi che non vi abbracci e baci di nuovo, e sento tanta allegrezza che non ho lingua per esprimerla. Le mani e le braccia me le sentiva al collo: se alcun da dietro non me l'ha tolta, non potrei saper chi fosse. ARPIONE. Avete patito gran disagi nel viaggio, Guglielmo caro? VIGNAROLO. Molti, Arpione mio carissimo.

Perdonatemi, signore, balbettò Bambina con voce soffocata. Io non sospettava la seriet

«Ma un braccio energico mi trattenne, mentre una voce ben nota, troppo nota, e profondamente commossa mi diceva: « Fulvia, perdonatemi! «Era lo sconosciuto che aveva deposto il suo orribile passa-montagne; era Gualfardo.