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TIGEL. Nol provocare a sdegno mai: tu molto puoi sul suo cor; ma, piú che amor, può in lui impeto d'ira, ebrezza di possanza, e fera sete di vendetta. Or vanne: meco in quest'ora ei favellar quí suole: ogni tua cura affida in me. POPPEA Ti giuro, se in ciò mi servi, che in favore e in possa nullo fia mai ch'appo Neron ti agguagli.

Ed Estebano rispondeva con voce bassa e tranquilla: , e i volti avvicinavansi ed allungavansi le labbra; poi baciavansi col bacio religioso e casto che si agli amuleti. E continuavano: Amiamoci più delle rondini e più dei cigni e più dei puledri d'Asturia che vanne a due a due per le ville castigliane avvinti alle carrozze dei re.

D'onde vanne ad esso l'esempio del culto esclusivo dei beni terrestri, l'idolatria degli interessi sostituita all'adorazione dei principî, delle sante idee?

Che credi, se ben siam grossi di pagni, che siam poi asen? ché non è bastante ad una donna sol tutto un comuno di nossi pari; e tu vuoi ch'in mia parte n'ava o tre! La non ti verrá fatta, Orgilla me. ORGILLA. Orsú! Va' tra' de l'acqua; e porta tutt'oggi de le legna; tramuta quei pietron che sono a basso; e fa' netto il terrestre e la cantina com'uno specchio. Or vanne, bufalaccio!

Cotal dell'egro cavalier succede; Ratto ogni fievolezza ivi abbandona, Onde il mostro infernal, che forte il vede, Seco in sembianza d'uom così ragiona: Vanne col

TIGEL. Impone a te Nerone, o di scolparti a un tempo dei sozzi amori, e de' sommossi duci, e degli audaci motti, e delle tante tese a Poppea, ma invano, insidie vili, e del tumulto popolare; o vuole, che rea ti accusi: a ciò ti dona intero questo venturo . OTTAV. ... Troppo ei mi dona. Vanne, a lui torna: e pregalo, ch'ei venga quí con Poppea.

In nome mio tu vanne, mostrati lor: ben sai che sia la plebe; seco indugiar fia il peggio. A piacer tuo, fingi, accorda, prometti, inganna, uccidi: oro, terror, ferro, parole adopra; pur che sien vinti. Va, vola, ritorna. NER. Seneca, e tu, guai se d'uscir ti attenti della reggia:... ma statti da me lungi, ch'io non ti vegga.

C'è un: Vanne! c'è un quel , e il ci resto che può indurre in equivoco, se Cimoto vuol restare suo parassita o restare per prender parte al sagrificio: piccoli nèi di forma che abbondano in tutti i lavori del Cavallotti e che più stonano qui dove la perfezione dello stile dovrebbe essere degna del soggetto greco.

NER. Vanne, poich'è pur forza; e le intentate accuse caldamente prosiegui. Andiam, Poppea; vendetta avrem di quest'iniqua. Intanto il di verrá, che compier mie vendette, piú mestier non mi fia l'altrui soccorso. Ecco, giá il popol tace: ogni tumulto cessò; rinasce il silenzio di morte, col salir delle tenebre. Quí deggio aspettar la mia sorte; il signor mio cosí l'impone.

AMASIO. Le carezze che mi fa mi conducono alla strada della morte. Balia mia, pensa al mio male, ché beata te! BALIA. Vivete sicuro che per amor vostro un poco il cervello ho in volta, ché son rissoluta che il vostro desio giunga a felice fine. AMASIO. Ecco dieci altri scudi: tutte le mie speranze son volte a te. Vanne in buon'ora. BALIA. Restate felice.