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PARDO. Attilio mio figlio e Trinca servo, i quali ho inviati col riscatto in Constantinopoli per lei e per Cleria mia figlia; e son alcuni mesi che son tornati di , e ha menato seco Cleria sua sorella, e mi ha riferito che Costanza era morta quattro anni sono; che se fusse stata viva, l'arebbe riscattata e condotta a Nola.

«Cosa bella e mortal passa e non dura». La campana dei vespri mi rapì la genial compagnia: in quella famiglia erano religiosissimi, come in quasi tutte le famiglie delle classi aristocratiche e borghesi di Francia. Mai ho maledetto San Paolino di Nola e la sua sconsacrata invenzione delle campane, come lo feci in quella sera. E a rincarar la dose del mio malumore, capitarono gli amici.

PARDO. Quasi che Constantinopoli fusse Nola, che si può saper chi vi cápiti. PEDOLITRO. Se ben Constantinopoli è una cittá grandissima, e piú di Napoli, le domeniche noi tutti cristiani ci veggiamo nel tempio di santa Sofia, dove ci ragguagliamo e consigliamo delle nostre fortune e ci aiutamo l'un l'altro. PARDO. Quanto piú dite, men vi credo.

Chi credesse mai che, stata vent'anni schiava in man de turchi, mi fusse donata la libertá dal mio padrone, per esser omai decrepita, e postami, con alcuni cristiani riscattati in compagnia, in una nave, venisse a Vineggia e indi a Nola mia patria? O terreno desiderato del paese! o aria, quanto mi sei piú cara di tutte l'arie del mondo!

Ella singhiozzava: Ascoltatemi... Io non sono di Napoli... Sono di Nola... Non sono pratica... Ho perso tutto e mia madre m'è morta, ieri l'altro... Avevo... lui... Un giovane... Capite?... E mi son messa a ritrovarlo. M'ha lasciata. Voi avete visto: non l'ho più trovato... Lasciata!... Abbandonata! Abbiate compassione... Non ho più nulla... Perdonatemi!...

Mi mandò mio padre con trecento scudi in Constantinopoli, per lo vostro riscatto. Venni in Vineggia per imbarcarmi per colá, e m'innamorai di una giovane bellissima, spesi i trecento ducati nel suo riscatto, la sposai, tornai a Nola, e diedi ad intendere a mio padre che voi eravate morta, e che avea riscattata Cleria, la mia sorella.

Cleria è in mia casa; e il mio figlio e servo me l'han referito, quanto io vi referisco. PEDOLITRO. Ed io vi dico che tutto vi è stato falsamente referito, perché conosco vostra moglie, a Nola, prima che vi fusse rapita, e la conosco pur quattro anni in Constantinopoli, dove mi son fermato per riscattar il mio figlio. Anzi, di vostro figlio del servo ho inteso cosa alcuna in Constantinopoli.

TRINCA. Di casa Capodicervo, che ha piú corne in capo che capelli; suona di cornamusa, e s'udiranno per tutta Nola il suono de' suoi cornetti. PARDO. N'ho buona informazione dal parasito: ne sta innamorato. Di che ridi? TRINCA. Non rido che stia innamorato; ma chi si vuol innamorar di lui? E poi date credito a quel furfante, feccia d'uomo: li servirá per ruffiano a condurgli gli uomini a casa.

EROTICO. Io taccio e ascolto, e per ascoltar meglio comprarei un altro paio di orecchie. ATTILIO. Sappiate che, trovandosi Pardo mio padre a' serviggi della regina Bona in Polonia, ché la serviva di scalco, per stanziarvi piú aggiatamente mandò a chiamar Costanza sua moglie e Cleria sua figlia, allora bambina, da Nola, perché condusse me seco, ch'era un poco grandetto.

TRINCA. Ho detto marfus che vuol dire ubbriaco; ha detto che poco inanzi è intrato in una osteria nel viaggio, appresso Nola, e che ha bevuto molto bene, e che andava cadendo per la strada, e che appena or si potea reggere in piedi. PARDO. Come in quelle due parole ha potuto dir tanto? TRINCA. La lingua turchesca in poche parole dice cose assai. PARDO. Orsú, ha voluto burlar Pedolitro.