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Aggiornato: 15 maggio 2025


CAPPIO. Patrone, cheste... cheste «falseamiche» star tanto dolce che, quando se beve, ti pensare che ire in curpe; no, va alle gambe a fare sgambette e cadere in terre. «Scippacapelli» stare tant gagliarde, ire al capo, e pare che scippe i capelli. PEDANTE. Dictum hoc per antonomasiam. LARDONE. Detto per cornamusa.

Il diavolo che vi porti, quelle pettegole! Non sareste voi per sorte un suonator di ribeba, un suonator di cornamusa, un istrione, un menestriere? Io non son niente di tutto codesto. Apritemi il varco ed andate all'inferno. Allora venite, venite chiunque voi siate.

TRINCA. Di casa Capodicervo, che ha piú corne in capo che capelli; suona di cornamusa, e s'udiranno per tutta Nola il suono de' suoi cornetti. PARDO. N'ho buona informazione dal parasito: ne sta innamorato. Di che ridi? TRINCA. Non rido che stia innamorato; ma chi si vuol innamorar di lui? E poi date credito a quel furfante, feccia d'uomo: li servirá per ruffiano a condurgli gli uomini a casa.

A gl'innamorati non è concesso che il «discorso» vale a dire un colloquio a gesti dalla finestra o sulla porta di casa, il «lenes sub noctem susurri» di Orazio. Sono in uso le serenate con accompagnamento di chitarra; spesso canti pastorali o le note dolenti della cornamusa rompono melodiosamente il silenzio della notte.

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