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Aggiornato: 5 giugno 2025
Signori, disse il segretario, io non domanderei di meglio che lasciar in pace questa sventurata famiglia: ma come si fa? Ho il mio dovere da eseguire... Lo speziale saltò in mezzo, il naso illuminato da una buona idea. Signori, signori, gridò: qui c'è un ingordo padron di casa che vuol essere ad ogni modo pagato... Ebbene, propongo che si faccia una colletta per pagarlo noi...
Io vo' venir teco per saper nuova di costei, e ritrovata, so che ti sará di non poco utile. MANGONE. Pur che mi sia utile, eccomi pronto a far quanto comandi. ISOCO. Di grazia, lasciamo il padron della nave che vada per i suoi affari, ché quando saprai ch'egli abbia errato in alcuna cosa di quel che ti duoli di lui, io voglio rifar il danno. CAPITANO. Isoco, a dio.
ESSANDRO. Or io vedendo che la barba tuttavia spunta fuori, come hai tu detto, non posso star piú nascosto in questo abito; e il peggio è che Gerasto, il padron vecchio, è cosí sconciamente innamorato di me che fa le pazzie. Tu lo sai: non mi incontra mai sola per la casa che alla sfuggita non mi tocchi e solletichi.
MANGONE. O che testimone! Mi venne un uomo da parte di costui e mi chiamò per nome Mangone! e dissemi: Poiché sei mercadante di schiavi, il mio padron Rastello Fallatutti di Monteladrone
Son contenta di vederla, sor padron.. fece per dire la povera donna; ma le rughe del vecchio volto s'irrigidirono in una contrazione nervosa, quasi in una smorfia di pianto trattenuto. La grande battaglia,
Ma il padron di casa, senza darsi per inteso delle parole di Rosina, non cessava dal rimirar fiso quel quadro, e borbottava a mezza voce: È strana, proprio strana! Poi si volse di pieno ad Antonio, che stava osservando con interesse queste mostre di stupore nel padron di casa. È lungo tempo che ella ha questo quadro? Sono tre anni. È fatto da lei?
LELIO. Or che la fortuna seconda li nostri desidèri, andiam, padre, a dar questa allegrezza ad Artemisia. GUGLIELMO. Andiamo. CRICCA. Ma ecco il vignarolo che se ne vien dritto a casa: beffeggiamolo un poco. LELIO. Lascia far a noi. S'apre la porta e ne vien fuori Armellina. ARMELLINA. O Guglielmo, padron caro, sassata al benvenuto!
Ecco chi m'allevò quel povero figliuolo mentre che visse. Oh maestro! O figliuol mio, dove se' tu sotterato? Sapetene nulla? ché non mel dite? ch'io muoio di voglia di saperlo e di paura di non intender quello ch'io intenderò. PEDANTE. O padron mio, non piangete. Perché piangete?
CRICCA. Qui non bisogna pensar molto né parlar assai: la cosa istessa ci apporta rimedio; e se son contrario al padron, mi perdoni, ché mi par cosa fuor di servitú lasciar di servir i giovani che hanno a vivere piú longo tempo, per servir vecchi che hanno a morire fra poco. EUGENIO. Cavami da cosí gran pericolo.
Allor la Morte si va con Dio e l'omo ritorna vivo. E sta' sicuro, Calandro mio, che chi fa questo non è mai, mai morto. Or puoi tu ben dire d'avere cosí bel secreto quanto sia in tutto l'universo ed in Maremma. CALANDRO. Certo, io l'ho ben caro. Ed or saprò morire e rivivere a mie' posta. FESSENIO. Madesí, padron buaccio. CALANDRO. E tutto farò benissimo. FESSENIO. Credolo.
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