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Aggiornato: 5 giugno 2025


Ora, siccome il nostro bravo Campora solea mettere in tutte le cose sue poco intervallo tra il pensare ed il fare, a mala pena ebbe pigliata questa risoluzione, uscì dalla sua baracca per andarne a chieder licenza a messer Pietro, padron suo riverito. S'aspettava qualche po' di contrasto; ma, con sua gran meraviglia, non ci fu nulla. Bravo! gli rispose il capitano generale.

fu mai figlia puttana, che la madre o la balia non le sia stata ruffiana. BALIA. Non vi potete doler di me, padron mio. ORGIO. Se tu m'avesti stimato padrone, e non una bestia, non mi aresti trattato nel modo che m'hai trattato. BALIA. Di che vi dolete di me? ORGIO. Chi ha portate e riportate l'ambasciate fra quel giovane e Sulpizia? o ridotti i loro amori nel termine dove or sono?

56 E 'l stare in dubbio era con gran periglio che non salisser genti de la terra con legni armati, e al suo desson di piglio, mal atto a star sul mar, non ch'a far guerra. Mentre il padron non sa pigliar consiglio, fu domandato da quel d'Inghilterra, chi gli tenea l'animo suspeso, e perché gi

Se volessero lasciarmi curare quel cancro dell'Italia, vi assicuro che presto non si parlerebbe più di briganti, creati ed alimentati da questa canaglia e dal loro padron della Senna.

Saputo dalla portinaia che Antonio era uscito, tanto più sollecito e volentieri il padron di casa aveva salite le tante scale che conducevano all'alloggio del pittore, in quanto che sapeva che l'uomo era poco disposto a spogliarsi di quella tela e sperava invece molto più arrendevole la moglie.

FESSENIO. Sei desso, ; e sei anche maschio. LIDIO maschio. Io voglio, or ora, andar dove sai. FESSENIO. Orsú! Vanne a Fulvia, va', mercatante di campagna; che darai olio e piglierai denari. LIDIO femina. Or be': che di' tu? FESSENIO. Se cosa fatto o detto t'ho che dispiaciuta ti sia, perdonami; ché or m'accorgo che per il padron mio ti presi in scambio. LIDIO femina. Chi è il padron tuo?

FILIGENIO. In buon'ora, non vo' perder tempo in servirlo! ché chi serve tardi, mostra che sia pentito della promessa, e chi serve presto, raddoppia la promessa. Eccolo che torna a casa. MANGONE. Ho speso i passi indarno: son ito al Molo, e mi dicono che il padron della nave ragusea con un suo amico passaggiero non era ancora tornato a desinare.

APOLLIONE. Questi è veramente mio fratello; fu tanta la pena che ho sentito in questa sua assenza, che non sia maggior la gioia che adesso ho che lo riveggo. Gerasto, padron caro, costui è padre di chi sta in casa vostra. GERASTO. Talché ugualmente e dal padre e dal figliuolo son stato assassinato? PANURGO. E può esser che io sia stato ruffiano a mio figlio?

PANDOLFO. Bascio le mani della Vostra Strologheria, padron mio caro. ALBUMAZAR. Bene vivere est laetari! siate venuti in buon'ora, in miglior minuto, in bonissimo secondo, in felicissimo terzo, quarto e quinto, in nomine planetarum, stellarum, signorum et omnium caeli caelorum!

Piagne, si consuma, si strugge, ché stamattina non sei ancor passato da casa sua. LELIA. Oh! Che vuol ch'io ci passi innanzi giorno? PASQUELLA. Credo ch'ella vorrebbe che tu stesse con lei tutta la notte ancora, io. LELIA. Oh! Io ho da fare altro. A me bisogna servire il padrone; intendi, Pasquella? PASQUELLA. Oh! Io so ben che a tuo padron non faresti dispiacere a venirci, non.

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