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Io vo' venir teco per saper nuova di costei, e ritrovata, so che ti sará di non poco utile. MANGONE. Pur che mi sia utile, eccomi pronto a far quanto comandi. ISOCO. Di grazia, lasciamo il padron della nave che vada per i suoi affari, ché quando saprai ch'egli abbia errato in alcuna cosa di quel che ti duoli di lui, io voglio rifar il danno. CAPITANO. Isoco, a dio.

ISOCO. Non dite cosí; ché la generositá dello aspetto, la maestá della bellezza sforza ancor le genti barbare a non cercarle cosa contra il suo volere: e io vi giuro poiché mi fu referito che i corsari che me la ruborno, la vendero come la tolsero da mia casa, con speranza di cavarne piú guadagno.

ISOCO. Questo posso ben giurarvi che, se ben in povera casa come la nostra, non avria potuto esser meglio allevata nella vostra istessa: appena ave avuto nella mia casa quella libertá che si conveniva all'etá fanciullesca; ed ella si mostrò sempre gelosissima e rigida defenditrice dell'onor suo.

MANGONE. La ragione che ho, e l'importanza del fatto che importa cinquecento ducati, faranno o che io uccida costui o che sia ucciso da lui, perché non è cosa che ne possa passare. ISOCO. Che costui non sia stato mai piú in Napoli e questa la prima volta che sia sbarcato di nave, ne son buon testimone.

ISOCO. Di grazia, fatemela vedere, ché da' segni del suo conoscermi conoscerete esser vero quanto vi ho detto. DOTTORE. Su, Mangone, diasi ordine di ritrovarla: non si perda piú tempo. Ma ecco Filigenio: viene a tempo per saper nuova di suo figlio. ISOCO. Voi cercate di costei e datemi aviso di quel che sará.

ISOCO. La fanciulla non se lo poteva ricordare, che non giongeva a duo anni. Ma io l'ho inteso dir mille volte da Galasia che la madre si chiamava Brianna e il padre il dottor Carisio. DOTTORE. O Dio, che intendo? son desto o sogno? Ma tu come sai questo? a che effetto sei venuto qui in Napoli?

Son d'intorno a tre anni che certi uscocchi depredando i lidi della Schiavonia, da una villa dove io abitava mi tolsero una giovane bellissima; e mi fu riferito che la vendero in Napoli per ducento ducati ad un mercadante di femine, detto Mangone. MANGONE. È vero; e si chiama Melitea. ISOCO. Non, no: quella si chiamava Alcesia.

DOTTORE. Or dimmi, di quelle cose che mi tolse Galasia, non ne ha serbata alcuna Alcesia per ricordo di suo padre? ISOCO. bene: un anello con una fede scolpita, con certi piccioli diamantini intorno; e certi bracciali d'oro che mia moglie tolse con lei: e se l'ha ella sempre portati su' diti, e se i corsari non gli han tolti, penso che debba avergli.

Tu sei colui che vendi schiavi e schiave, che ti chiami Mangone? MANGONE. Io son: mal per me! ISOCO. Lasciamo il primo e cominciamo un altro ragionamento piú importante.

MANGONE. Di suo padre no, ma ben d'un suo balio detto Isoco, e d'una sua balia detta Galasia. ISOCO. Io son Isoco, e mia moglie, giá morta, era detta Galasia. Ma oh, piaccia a Dio ch'essendo venuto qui per un fatto che non pensava espedirlo in un anno, lo spedissi in un giorno e liberassi l'anima di mia moglie e la mia da cosí fatta angoscia!