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I due vecchi mangiavano, e di tanto in tanto il cieco tendeva una mano, cercava la mano scarna della sua vecchierella e la accarezzava. E non l'abbiamo trovata neppure iersera mormorava il cieco la nostra figliuola!... Il dottore ci ha assicurato che l'avremmo ritrovata presto! Sta' sicuro che la ritroveremo, Enrico! ripigliava Agatina.

Mamma, perdonami se ti faccio pena. Darei tutto per sottrarmi a questo momento. Ella è sbiancata, vacillante; e il suo povero mento trema a ogni sillaba proferita. La madre l’avviluppa dal capo ai piedi in uno sguardo che le scoppia dalla pupilla come la potenza d’una fonte che, smarrita sotterra, sia di sùbito ritrovata e riaperta. Costanza. Non vuoi? Mortella.

Non gli era sembrato che sua figlia lo avesse accolto con sufficiente espansione: sopra tutto era inquieto di averla ritrovata così cagionevole di salute, così pensosa... così abbattuta. Aprì la finestra del suo salotto e mise il piede in una ampia terrazza, che dava sulle serre dello splendido giardino. In un gruppo d'alberi vide il riflesso di un lume.

Non essendo adunque alcun dubbio esser molta malagevolezza il trarre la nascosa veritá di sotto al fabuloso parlare, dee seguire essere incomparabile diletto, a colui che, per suo studio, vede averla saputa trovare; laonde non solamente ogni affanno avutone se ne dimentica, ma ne rimane una dolcezza nell'animo, la quale quasi con legame indissolubile ferma, nella memoria di colui che ritrovata l'ha, la veritá: dove quella che senza alcuna difficultá s'acquista, come leggiermente venne, cosí leggiermente si parte.

Ludovico Caterina Buona notte. Ludovico Caterina Non lo capisco io stessa. Aspetto da tanto tempo una forza interiore che mi aiuti e mi costringa a non più tacere.... Mi pareva d'averla quando sono entrata in questa camera... e poi non l'ho ritrovata più. Ma l'avrò, l'avrò! Io uscirò da questa miseria, che è durata troppo. Io ne uscirò comunque, e nulla certamente accadr

Quindi egli, come se in quell'intervallo avesse ritrovata tutta la sua energia: Non piangere più, riprese con l'accento ridivenuto mitissimo. La nostra vita potr

Era lei che piangeva? La Salvestra. No, signorina. Mortella. E chi dunque? La Salvestra. Le assicuro. Anzi era allegra. Era venuta a portarle una gran notizia! Mortella. Una gran notizia? La Salvestra. La tartaruga, quella che chiamavano Ninicchia, è ricomparsa. L’ha ritrovata dianzi sotto il leccio del Conte. Mortella. È vero?

Non le scriveva, perchè ella non aveva voluto; ma l'amava, con tutta l'anima. Non aveva sue notizie, giacchè ella non voleva dargliene: ma l'avrebbe ritrovata al ritorno! Pure, fu un viaggio così lungo! A San Paolo, egli ebbe notizie. La letterina, scritta da una mano morente, sovra tenace carta giapponese, diceva: Cher Paul, cher Paul, cette pauvre madame Héliotrope se meurt de vous....

Quivi Adonio si ferma, e la cagione di tanto travagliar vuol che gli dica. Disse il villan, che dentro a quel macchione veduto avea una serpe molto antica, di che più lunga e grossa a' giorni suoi non vide, credea mai veder poi; 79 e che non si voleva indi partire, che non l'avesse ritrovata e morta. Come Adonio lo sente così dire, con poca pazienza lo sopporta.

Il Manzoni a scuola. Io non mi fermerò ora a darvi notizie della culla del Manzoni, che fu ritrovata e si conserva in una villa del signor Rosinelli a Mozzana sopra Galbiate; della cascina detta La Costa, ove il grand'uomo fu allattato da Caterina Zanzeri, di questa nutrice, la quale vogliono che fosse svelta, vivace e piacevolona. . Ma non è senza importanza il fatto che a soli sei anni il fanciullo Manzoni fu allontanato da casa sua e chiuso nel Collegio de' Frati Somaschi di Merate, ove rimase dall'anno 1791 all'anno 1796. La mamma ve l'accompagnò, ma scomparve intanto che il fanciullo era tenuto a bada da un frate maestro. Si possono facilmente immaginare gli strilli del povero fanciullo non appena egli s'accorse che la mamma sua l'aveva lasciato; ma, poichè ad uno de' prefetti parve pure che il pianto durasse troppo, il fanciullo ricevette un colpo sulla guancia accompagnato da queste parole: "E quando la finirete di piangere?" Quello fu il primo dolore provato dal grand'uomo, che se ne rammentava anche negli ultimi anni della sua vita. "Buona gente (del resto egli concludeva, parlando di que' suoi primi istitutori), quantunque, come educatori, lasciassero troppo a desiderare che fossero prima un po' più educati loro stessi." I frati di Merate lo avvezzarono dunque ai primi castighi. Ad undici anni, Alessandro Manzoni passò nel Collegio di Lugano, ove gli toccò la buona fortuna di avere tra i suoi maestri il buon padre Francesco Soave, onesto letterato e, per quei tempi, educatore assai liberale, sebbene s'indispettisse contro il nostro piccolo scolaro, che s'ostinava a scrivere le parole Re, Imperatore e Papa con la prima lettera minuscola. Il Manzoni parlando un giorno del Soave a Cesare Cantù gli disse, tra l'altre cose: "Teneva nella manica della tonaca una sottile bacchetta, presso a poco come quella che fa i miracoli dei giocolieri; e quando alcuno di noi gli facesse scappare la pazienza, egli la impugnava, e la vibrava terque quaterque verso la testa o le spalle del monello, senza toccarlo; poi la riponeva e tornava in calma." Al Manzoni rincresceva d'avere talvolta inquietato quel Padre, che tanto fece, sebbene non sempre il meglio, per l'istruzione della gioventù. Narrava pure il Manzoni come una volta gli scappasse detto in iscuola "ne faremo anche a meno," quando il Padre Soave annunziò che fra poco ci sarebbe stata la lezione d'aritmetica. Il Padre maestro si levò allora dalla cattedra, e si mosse gravemente verso il piccolo ribelle, che si sentiva gi