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Aggiornato: 27 maggio 2025


La creatura, che si dava maggiore affanno in palazzo, era la guardarobiera: una vecchia che chiamavano la balia, che aveva allattato il conte Guglielmo e portato in braccio il contino. Oh il suo non era certo l'affacendato ozio dei Ritratti Umani! Con che amore la buona donna mise in ordine il quartierino, che il tutore spilorcio aveva lasciato al di lei caro Enrico! Con che cura gli preparò la biancheria e fece rimetterle cortine alle finestre e gli fornì dell'occorrente la teletta, e dispose qua e l

La contessa di Karolystria!... Mia nipote!... Me l'ero figurato!... Non c'è che lei, non c'è che lei per giuocare di queste farse! Sagrestano: tenete ritto quel bambino... badate che non caschi.... che non si sciupi.... Caspita! è un mio pronipote.... ! ! voglio darmi la soddisfazione di battezzarlo io... Frattanto, muovetevi... fate di trovare una balia... in mancanza di balia una capra... una lupa... Romolo fu ben allattato da una lupa... Su, dunque! spicciatevi! Ma dove sar

O Tevere! Tu vedesti un Popolo uscire dal fianco dell'aspro figliuolo dello amore, allattato dalle mammelle di una lupa, drizzarsi sul Campidoglio, e quinci, guardata intorno intorno la terra, stenderci sopra la mano, e dire: «è miaLa Bolla imperatoria non fu simbolo di vanit

Il Manzoni a scuola. Io non mi fermerò ora a darvi notizie della culla del Manzoni, che fu ritrovata e si conserva in una villa del signor Rosinelli a Mozzana sopra Galbiate; della cascina detta La Costa, ove il grand'uomo fu allattato da Caterina Zanzeri, di questa nutrice, la quale vogliono che fosse svelta, vivace e piacevolona. . Ma non è senza importanza il fatto che a soli sei anni il fanciullo Manzoni fu allontanato da casa sua e chiuso nel Collegio de' Frati Somaschi di Merate, ove rimase dall'anno 1791 all'anno 1796. La mamma ve l'accompagnò, ma scomparve intanto che il fanciullo era tenuto a bada da un frate maestro. Si possono facilmente immaginare gli strilli del povero fanciullo non appena egli s'accorse che la mamma sua l'aveva lasciato; ma, poichè ad uno de' prefetti parve pure che il pianto durasse troppo, il fanciullo ricevette un colpo sulla guancia accompagnato da queste parole: "E quando la finirete di piangere?" Quello fu il primo dolore provato dal grand'uomo, che se ne rammentava anche negli ultimi anni della sua vita. "Buona gente (del resto egli concludeva, parlando di que' suoi primi istitutori), quantunque, come educatori, lasciassero troppo a desiderare che fossero prima un po' più educati loro stessi." I frati di Merate lo avvezzarono dunque ai primi castighi. Ad undici anni, Alessandro Manzoni passò nel Collegio di Lugano, ove gli toccò la buona fortuna di avere tra i suoi maestri il buon padre Francesco Soave, onesto letterato e, per quei tempi, educatore assai liberale, sebbene s'indispettisse contro il nostro piccolo scolaro, che s'ostinava a scrivere le parole Re, Imperatore e Papa con la prima lettera minuscola. Il Manzoni parlando un giorno del Soave a Cesare Cantù gli disse, tra l'altre cose: "Teneva nella manica della tonaca una sottile bacchetta, presso a poco come quella che fa i miracoli dei giocolieri; e quando alcuno di noi gli facesse scappare la pazienza, egli la impugnava, e la vibrava terque quaterque verso la testa o le spalle del monello, senza toccarlo; poi la riponeva e tornava in calma." Al Manzoni rincresceva d'avere talvolta inquietato quel Padre, che tanto fece, sebbene non sempre il meglio, per l'istruzione della gioventù. Narrava pure il Manzoni come una volta gli scappasse detto in iscuola "ne faremo anche a meno," quando il Padre Soave annunziò che fra poco ci sarebbe stata la lezione d'aritmetica. Il Padre maestro si levò allora dalla cattedra, e si mosse gravemente verso il piccolo ribelle, che si sentiva gi

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