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DOTTORE. Dimmi, avea ella mai desiderio di riveder suo padre? ISOCO. Anzi, nel mezo sempre delle sue allegrezze si risentiva e si rattristava, e con certi occulti e nascosti sospiri manifestava il dolor della perdita di suo padre e il desiderio che avea di rivederlo, e per lo piú sempre stava sommersa in una tacita malinconia.

ISOCO. Di grande animo ne' pericoli, ardita con modestia, di nobiltá umile e onoratissima nella bellezza: in un picciol corpo un gran spirito. E sappiate che di queste arti niuno le fu maestro; ché dalle fascie si portò seco simili parti da far invidia a qual si voglia principalissima gentildonna.

ISOCO. Io son stato tacito insino adesso, stimando che la tua importunitá avesse pur a far qualche fine; ma veggio che sei soverchiamente temerario, e dubito che non facci temerario ancor me. Ma forse non v'intendete l'un l'altro.

MANGONE. Fusse alcuna altra trappola ordita tra voi, per rubbarmi alcuna altra cosa? ISOCO. Sappi che a questo effetto son venuto qui in Napoli, per saper nuova di suo padre, se sia vivo o morto; e qui non son per tòrti alcuna cosa, anzi per giovarti: ché ritrovandosi lei e suo padre, sarai per averne una buona mancia. Ma, di grazia, sapete voi s'ella si ricorda del nome di suo padre?

DOTTORE. Dio cel perdoni! ché m'ha fatto buttar piú lacrime e piú sospiri che non ho peli adosso, non solo ogni volta che mi ricordavo le persone, ma quando io son venuto col pensiero da me stesso. Ma eccola che viene. ISOCO. Questa è Alcesia mia.

Abitando in un suo podere alla costiera della marina, un vassello de scocchi la rubbò e la vendé qui in Napoli ad uno mercatante di schiave, che si chiama Mangone. DOTTORE. Come si chiamava la balia? ISOCO. Galasia. DOTTORE. Galasia? oimè, che dici? e può esser questo? si ricorda la fanciulla del nome di suo padre e di sua madre?

ISOCO. Io lo so, che quando Galasia gionse in Raguggia, si maritò meco; e siam vissuti insieme dodici anni, pensandomi sempre che questa fanciulla fusse sua figlia, d'un suo primo marito.

ISOCO. Dico che questa giovane fu rapita dalla sua balia e portata in Raguggia sua patria. La cagion della rapina fu che, nascendo la bambina, morí sua madre nel parto; e restando la balia col padre in casa, o che si fusse innamorato di lei o che fusse intemperante di sua propria natura, la ricercò piú volte dell'onor suo.

MANGONE. Ho inteso ben dir da lei che si chiamava Alcesia; ma allora che la comprai, si chiamava Melitea. ISOCO. Che n'è di questa giovane? MANGONE. Di questa giovane ragioniamo ora, che sotto nome di costui m'è stata sbalzata da casa. ISOCO. Sappi che quella Melitea, che tu dici, è donna libera e gentildonna cristiana e non schiava; è figlia di un napolitano molto ricco e importante.

DOTTORE. Questa è dessa, certissimo; ché i segni che mostrava in quelle piccole membra, davan presagio che nella compita etá non dovesse riuscir altrimente che le sue fattezze. Avea ella alcun segnale nella persona? ISOCO. Una macchia rossa nella mammella sinistra come di un vovo; e diceva la balia che fu una gola che venne a sua madre di quei frutti, e venne a caso a toccarsi alla mammella.