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VIGNAROLO, ARMELLINA serva. Prima non conosceva altro pensiero che star alla villa; e doppo che mi sono innamorato bestialmente, mi par che in villa sia sempre inverno, e la primavera fuggirsi alla cittá per starsi con la mia Armellina. Son risoluto narrarle l'amor mio e richiederla, ché alle donne bisogna dir qualche parola, poi lasciar fare al diavolo che sempre lavora.

Chi è giú? che dimandi? GUGLIELMO. Apri, Armellina mia. ARMELLINA. Se vieni da casa calda, hai bisogno di qualche rinfrescamento. GUGLIELMO. Ho bisogno del malanno che Dio ti dia! ARMELLINA. Buone parole in casa d'altri! GUGLIELMO. Mi avete mosso la còlera; e se non mi aprite, buttarò le porte per terra. ARMELLINA. Con un poco di acqua ti rinfrescaremo la còlera.

Vi saluto centomila migliaia di volte, Vostra Signoria illustrissima, Vostra Altezza, Vostra Maestá. ARMELLINA. Oh, quanti titoli! vignarolo. VIGNAROLO. Non sète voi la mia signora, la mia regina e la mia imperadora? ARMELLINA. Che cosa mi porti, vignarolo? VIGNAROLO. Rispondi al saluto prima, poi mi chiedi che porto.

VIGNAROLO. Una persona che muor per te: è della simiglianza vostra, di altezza e di fattezze come io, molto simile a me. ARMELLINA. Sará dunque vecchio come voi. Dio me ne guardi! non vuo' vecchio; se io mi accaso, lo fa per far figli come le altre. VIGNAROLO. Non dico che sia vecchio come me, ma della mia statura, e molto simile fuorché nella vecchiezza.

LELIO. Or che la fortuna seconda li nostri desidèri, andiam, padre, a dar questa allegrezza ad Artemisia. GUGLIELMO. Andiamo. CRICCA. Ma ecco il vignarolo che se ne vien dritto a casa: beffeggiamolo un poco. LELIO. Lascia far a noi. S'apre la porta e ne vien fuori Armellina. ARMELLINA. O Guglielmo, padron caro, sassata al benvenuto!

VIGNAROLO. Oh canchero! che mi hai fatto cadere, m'hai stroppiato! ARMELLINA. Venite in casa a far collazione, ché sète stracco e ne dovete aver bisogno. VIGNAROLO. Sappi, Armellina mia, che d'ogni minima cosa mi doleva, quando mi sommersi, di non aver a vederti mai.

VIGNAROLO. Un cuor mi dice che lo facci; un altro, no. Ascolta e fa' come ti dico io. Come sarò transformato, entrarò in casa sua, mi goderò Armellina. Ma se son Guglielmo, Guglielmo goderá quella dolcezza, non il vignarolo: avrò fatto la caccia per altri. No no, non lo vo' fare in conto veruno, morrò piú tosto!

CRICCA. Dimmi, ami tu Armellina ora o no? VIGNAROLO. L'amo e straamo. CRICCA. Dunque tu sei il vignarolo, babuazzo, perché Guglielmo non ama la sua massara. VIGNAROLO. Giá mi comincia ad entrare. CRICCA. Manigoldone, se Guglielmo è sommerso e morto o non è piú al mondo, se tu fussi Guglielmo saresti morto overo una persona di vento o d'aria; ma perché ti vedo e ti tocco, tu sei il vignarolo.

Rifiuti quel che desideri, e non conosci quel che hai: andiamo in camera e ci metteremo soli fino a domani, finché ritorni alla mia figura. ARMELLINA. Son contenta. Entrate innanzi, signor Guglielmo. VIGNAROLO. Entro; seguimi, Armellina mia cara. VIGNAROLO. Oimè, mi hai chiusa la porta sul volto, mi hai morto! ARMELLINA. Perdonami di grazia, ché il vento me l'ha tolta di mano.

VIGNAROLO. Lasciami parlare. ARMELLINA. E che fai? VIGNAROLO. Ragiono pur, ma vorrei.... ARMELLINA. Che vorresti? VIGNAROLO. , sai che vorrei? che mi volessi bene. ARMELLINA. Io per me non ti vo' male. VIGNAROLO. So ben che non mi vuoi male: pur non mi vuoi bene. ARMELLINA. Che vorresti dunque che facessi? VIGNAROLO. Tôrmi per marito. ARMELLINA. Son poverella, non ho dote da darti.