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Aggiornato: 12 giugno 2025
Comprendeva d'un tratto il perchè dei sorrisi e degli sguardi procaci che la perseguitavano, del mormorio che l'accompagnava se compariva in pubblico: era giudicata, classificata, bollata; non poteva difendersi; non poteva gridar per le vie il suo amore, le sue illusioni, la sua fede; credevano che avesse patteggiato e si fosse venduta; era povera un giorno ed oggi aveva gondola, casa, dama di compagnia, tre persone di servizio, abiti eleganti, denaro, gioielli.
Da' suoi esploratori egli avea avuto un'idea della situazione del castello, ma inesatta. Avea mandato anche Gasparo in esplorazione, ma questi non compariva onde impaziente egli dispose la sua gente, che ammontava a circa un migliaio d'uomini, in vari distaccamenti.
«Io l'ho trafitto, e pure mio padre mi avea comandato di amarlo: io l'ho trafitto, e pure il grido del mio cuore, più forte di quello di mio padre, mi costringeva ad amarlo! I nostri genitori quando nascemmo c'imposero i loro nomi medesimi, perchè la morte dubitasse di avere dominio sopra l'amicizia delle nostre famiglie; amavano che i secoli maravigliati riputassero i Folcando e i Gostanzo eterni tra i mortali per volere di Dio, onde stessero esempio perenne di questo nobile affetto. Bevemmo nella medesima tazza, riposammo nel medesimo letto, furono i nostri studii, e i nostri sollazzi comuni, e crescemmo stupore degli uomini, e benedetti dal Signore. Quando i nostri padri morirono, le ultime loro parole furono preghiere e consigli, per conservare lo scambievole affetto, ed aggiungevano essere questa la porzione più preziosa del retaggio che ci lasciavano. I nostri campi non ebbero confine, i nostri armenti confusi; volentieri ci saremmo ridotti ad abitare un solo castello, ma per rispetto alle memorie paterne non volevamo fare l'altro deserto: convenimmo dimorare alternamente ora l'uno ora l'altro, e così facemmo. Scorsero anni felici, di cui la rimembranza nell'angoscia presente è tormento più feroce di quello che la vendetta possa desiderare al nemico. Allo improvviso Berardo diventa pensoso, spesso si smarrisce per la foresta, tardi ritorna al castello, nè per quanto siasi affaticato, può gustare cibo, o bevanda. Tu soffri, amico mio, un giorno gli dissi, ed egli mi rispose: Io amo; gli domandava: Qual donna? Era una santissima fanciulla, figlia di povero Cavaliere, che abitava forse due miglia distante dai nostri castelli. I cuori dei giovani s'erano accesi di scambievole amore, desideravano dirselo, più desideravano renderlo sacro con la religione, ma non osavano, tanto erano verginali quelle due anime innocenti! Io fui quegli che tentai la fanciulla; io, che la chiesi al padre; io, che apparecchiai la festa, e sollecitai il rito; nè per nulla ne divenni geloso, che ben conosceva lo affetto di moglie essere diverso da quello di amico, e il cuore di Berardo restarmi pur sempre intero. Vi narrerò la gioia dei vassalli, il tripudio degli sposi, l'allegrezza dei parenti, il fragore dei conviti? Io lascio queste cose come non importanti al mio assunto; lascio ancora i bei giorni che tennero dietro a cotesto caso, e narro quelli d'ira e di sangue. La bella sposa ebbe vaghezza di accompagnarci alla caccia, noi la menammo; e desiderosi di preda tanto ci avvolgemmo per la selva, che ormai diventava impossibile di poter giungere avanti vespro al castello. Uscimmo dalla foresta, e c'incamminammo verso una casa, che compariva da lontano in mezzo della pianura. Arrivammo. Un Cavaliere in modo cortese c'invita a entrare; io lo guardo in faccia, e sento turbarmi da non mai più sentito sgomento, che poi a prova ho conosciuto essere un miscuglio d'odio, di disprezzo e di fastidio: volgo il cavallo per fuggire colui che aveva suscitato nella mia anima la sensazione del rettile velenoso; mi rattiene Berardo, e mi forza a seguirlo: entro in quella casa tremando, presago di qualche gran danno; il Cavaliere mi sorride; quel sorriso mi strazia le viscere; abbasso lo sguardo per non vederlo; non parlo, ricuso il cibo, fingo súbito male, e affretto la partenza; per via di tratto in tratto giro la testa sospettoso, come se alcuno m'inseguisse, e prorompo in voci di minaccia: Berardo e Messinella stimano ch'io abbia perduto il senno. Passano alcuni giorni nei quali non vedendo, nè rammentando il fatale Cavaliere, la calma torna a serenarmi lo spirito. Certa sera, mentre cavalcava a diporto, sento sollevarmisi in mente irresistibile desiderio di tornare al castello; sprono a precipizio il destriero, arrivo, e vedo un cavallo legato nella corte; ascendo le scale, un Cavaliere favellava domesticamente con Messinella, la teneva stretta per mano; ella era pallida, e sembrava spaventata di trovarsi sola con quell'uomo; al rumore dei miei passi costui si volge, troni del cielo! io vedo l'ospite spaventoso. Egli si leva subitamente, mi viene incontro, mi saluta e mi porge la mano; la mia non si mosse, pareami averla incatenata sul fianco; le parole che favellai furono poche, ed amare: accortosi ch'egli era il mal gradito l
I mesi più dolci per Bice erano quelli del mare e della campagna: Prinetti aveva una masseria vicino alla loro villa, De Nittis arrivava spesso in visita restandovi per intere settimane, mentre il dottore compariva appena qualche volta a pranzo, sempre d'improvviso, per ritornare subito ai propri ammalati. In quella salute dei campi anche Bice rifioriva. Il suo temperamento forse un po' frigido, lungi dal turbarsi all'immensa suggestione amorosa di tutte le piante, pareva invece farvisi più limpido e soave. Due volte Lamberto venne in permesso da Modena senza che Bice se ne mostrasse alterata: anzi il suo contegno affettuoso ma calmo mise l'altro in soggezione. Che cosa era accaduto? Il loro matrimonio non era gi
Antonio, ignorava tutte queste cose: prima perchè nessuno gli diceva niente, secondo perchè dalle sette del mattino ora in cui si levava a mezzanotte e anche all'una talvolta ora in cui rincasava non compariva nel domestico focolare che per le due ore del pranzo. Però se ignorava l'analisi, intuiva la sintesi: Quel ragazzo non ha voglia di far niente di bene!
E quando agl'imperatori sottentrarono i papi, mutarono le forme, ma l'essenza delle cerimonie restò qual'era. Ad ogni omaggio a un nuovo papa, sulla via che doveva percorrere il corteo, compariva una delegazione di ebrei col Pentateuco sulle spalle.
Catarina Bescapè compariva da una navata laterale, e, seguitando a ridere, si avvicinava agli sposi; faceva a Cosma un inchino canzonatorio, poi si accostava alla figliuola di Tolteomec, la guardava ironicamente, la fiutava sopra una spalla, e poi torceva il viso, dicendo: «Che olio usate, ragazza mia? che olio usate, per farvi la pelle lucida?» E il cavaliere di madonna Catarina, il vecchio e sofistico legista Giasone del Maino, aggiungeva del suo, rivolgendosi a Cosma: «Ragazzo mio, perchè non aspettare che madonna Catarina si fosse annoiata di me?
Il Conte di Provenza più la guardava, più gli pareva degna di essere conquistata; la circondò molte volte degli occhi per iscoprirne il debole nel quale far breccia, e tentare l'assalto; la conobbe munita con tanta maestria di guerra, che impossibile cosa fosse espugnarla per forza; gemè, si volse a considerare la sottoposta valle; spaziosa compariva, e degna di combattervi campale battaglia; i fiumi Calore, e Sabato, confuse le acque alla estremit
Noi facemmo il nostro dovere, sire di Buglione; mercè dunque della memoria che vi piace serbare delle opere nostre. Però Ottone di Nordheim, tra i Sassoni, ci superava tutti; e dovunque più urgeva l'urto nemico, dove più spessa l'oste minacciava, e' compariva per dar la vittoria ai suoi.
Quando il medico condotto mi compariva davanti col suo aspetto grave ed altero, le guancie sostenute dai solini bene inamidati, e il ciuffo irto sul capo come le aste dell'istrice, io diceva a me stesso: Ecco Lucchino Visconti.
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