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Sul cominciare dell'anno decorso trovandosi il Guerrazzi con parecchi suoi antichi amici gli occorse Massimo Mautino reduce di Toscana dove andò compagno a Massimo d'Azeglio, il quale gli disse: sicchè i tuoi Toscani sono innamorati del Granduca, e a quanto sembra senza di lui vogliono fare possono Il Guerrazzi gli domandò donde avesse ricavato cotesti ragguagli, e quegli gli disse i nomi, i quali per buoni rispetti si tacciono, chè seminare scandali, e favellare per ripicco io non voglio. Lorenzo Valerio tratto in disparte il Guerrazzi lo interrogò: e fia vero? Non è vero, questi rispose, ma qui sotto gatta ci cova, piglierò lingua, e t'informerò. Allora scrisse in Toscana, e seppe con sua maraviglia come cotesta opinione portata in Toscana bella e fatta da Torino volesse imporsi da taluni della setta dei moderati al popolo, che ne abborriva; di ciò tenne ragguagliato Valerio; e considerando poi come la materia meritasse grave investigazione riscrisse ordinando le ricerche alle varie contingenze, che o si facesse forza ai Toscani, o fossero questi lasciati in arbitrio della scelta, o un po' si lasciassero liberi e un po' si costringessero: ottenuta la risposta statuì scriverne direttamente al conte di Cavour, e lo fece a un bel circa in questi termini: «avere deliberato starsi alieno da ogni faccenda pubblica, ma accorgersi che lo intelletto nei suoi propositi non aveva tenuto conto del cuore. Forse con tre braccia di terra sul capo potrebbe quietarsi quando si agita la causa della Patria; confessare alla ricisa che la sua mente andava ingombra di paura; sicchè vedeva apparecchiarsi tali prove, non vincendo le quali sarebbe grazia di Dio rimanere morti: paura perchè gli pareva che il muro si tirasse su fuori di squadra. Il Piemonte, mercè sua, rappresentava adesso le sorti italiane; fin qui gl'Italiani non avergli conferito il mandato con la bocca, bensì col cuore: ora premere glielo dessero con la bocca, con le braccia e con qualche altra cosa ancora. I Toscani uniti in un solo volere non desiderare altro, che questo, ma non comprendere come lo potrebbero fare: unitevi con noi, si dice loro da un lato, e dall'altro: non fate rivoluzioni. Ora conoscendo i Toscani la materia, che hanno tra mano, sentono che cotesti concetti si contrastano irrimediabilmente fra loro. Per chiarirsi domandarono lume, ed ebbero per norma il consiglio di agitare per ottenere la renunzia del Granduca in pro del Principe ereditario il quale, restituito lo Statuto, farebbe causa comune col Piemonte. Questo partito per avventura arridere al signor Conte non tanto pel soccorso materiale, quanto pel credito, che darebbe alla impresa la vista di un arciduca in contrasto con la sua casa per le faccende d'Italia; e forse garbava eziandio allo Imperatore dei Francesi o perchè memore della parzialit

Tanto bastava per generare gozzaie non rimediabili mai, e nondimanco da questa ora in poi crescono le bizze di Pio IX, sicchè proprio parve agli uomini gravi un fanciullo stizzoso; mentre gli durava la paura scrisse una epistola allo imperatore di Austria perchè a bocca baciata si ritirasse in Austria lasciando la Italia, e da quel buon figliuolo ch'egli era senza tanto stintignare obbedisse; io per me credo non si sia mai fatto al mondo tanto sciupìo di carte come a quei tempi; il Mazzini scrisse al Papa per convertirlo e persuaderlo a tornarsi a pescare; Pio IX scrive allo imperatore di Austria per convertirlo e persuaderlo a tornarsi semplice arciduca; e se fosse solamente carta quella, che fu sciupata mi accheterei, ma sciupati altresì andarono buon senso, lealt

Invece la storia, le opere letterarie, artistiche, musicali, tutto insomma quello che è prodotto dello spirito umano, non è soggetto a vere e proprie leggi. Quelle che i tedeschi onorano con tal nome solenne, sono tanto leggi quanto io sono arciduca d'Austria. Per esempio, il professore Eselkopf scuopre che una certa scuola di poeti alessandrini si è sempre astenuta dal collocare una sillaba lunga nella tale o nella tal'altra sede del verso gli è come se, per esempio, qualche serbatoio d'Arcadia si fosse imposto l'obbligo di non far cadere mai nell'endecasillabo un accento sulla terza sillaba. Eselkopf parla subito di legge, e gli eselkopfiani di Germania non esitano a paragonarlo a Leonardo da Vinci o a Galileo: quelli d'Italia battono le mani. Ma ai lettori non filologi non ho bisogno d'aggiungere parole per dimostrare che razza di leggi siano codeste. E pure ammesso che nello studio dei fenomeni letterarî si possano osservare ricorrenze che somiglino, sempre però assai da lontano, alle vere leggi scientifiche, sussiste però immutabile il fatto, evidente a chiunque abbia sale in zucca, che l'Iliade, la Divina Commedia, le Tragedie di Shakespeare, avranno sempre importanza per stesse, e non gi

Era una mischianza burlesca di Falstaff, di Shylock, di Don Chisciotte: un bey di Tunisi clericale innestato sur un arciduca austriaco corsaro. Egli ricevè il conte Bonvisi nel suo gabinetto e lo fulminò con queste parole: Assassino, perchè hai tu uccisa tua moglie? Il conte, esterrefatto, restò silenzioso un momento, poi gridò: Perchè io l'amava, ero geloso, ed ella mi aveva disonorato.

La mente di Enrico, come se avesse fatto uno sforzo a favellare da senno, ricadde sul vaneggiare, ed immaginando di tenere discorso con la sua sposa figlia di Leopoldo Arciduca di Austria detto il Glorioso, riprendeva così: «Agnesa, che ha che piange il figliuolo nostro? Consolalo, ch'egli forma la delizia della mia vita.... è tanto bello quel suo riso! Com'hai tu cuore di farlo piangere? Consolalo, Agnesa, consolalo. Di qual piacere godr

«Il Granduca di Toscana, Principe Reale di Ungheria e di Boemia, Arciduca d'Austria, mio Signore, m'invia presso la Maest