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«Data dal Finaro, addì 27 di novembre, 1447. La lettera del marchese Galeotto era nobilissima, come ognun vede, sebbene per avventura in alcuni passi ricisa ed aspra più del bisogno, e condita nel fondo di sottile ironia. Ma queste cose erano da condonarsi ad un principe, che metteva in quel punto a grave cimento la quiete sua e la sicurezza de' suoi dominii. Del resto, e il pepe e il sale di quella risposta piacquero in uguale misura a tutti i gentiluomini della sua corte, e un bisbiglio d'approvazione e certi sorrisi mal rattenuti commentarono prontamente le lodi alla lealt

Cavalcò poche miglia alla ricisa, con gran molestia d'una sua rottura, dicendo: Io sono il soccorso di Pisa; il zelo v'è, ma stanca è la natura. Chiese notizie a parecchi villani, la fece dire in chiesa a tre piovani.

Questo dubbio non aveva anche preso forma chiara e ricisa nella sua mente; ma c'era, e gli pungeva il cuore aspramente, e lo faceva correre, volare smanioso per le scorciatoie verso il palazzo Vivaldi. Giunse affannato al portone; salì in furia le scale; giunse al pianerottolo del suo quartierino; suonò, bussò, tempestò l'uscio, ma invano. Nessuno rispose; la sua casa era muta.

Per me giudico tale insania appuntare il tale, o tal altro dei moti del 47 e degli anni successivi, che dichiaro alla ricisa non potere capire in cervello umano, bensì la reputo una delle tante stramberie di partito con le quali i moderati, giovandosi della temperie che corre, s'industriano abbindolare il popolo dandogli ad intendere, secondo l'usanza vecchia, lucciole per lanterne.

S'intende che quel senso ingrato, che gli avean fatto le parole della diva, il giovine Ariberti se lo tenne per , provandosi invece a sciorinare tutti gli argomenti che si potevano addurre contro la sua tesi troppo ricisa e paradossale. Ma ella, col diritto che hanno le donne di rifiutarsi a tutte le sottigliezze della logica, gli diede sulla voce, ammettendo di poter riuscire simpatica a qualcheduno, e di esser buona per medesima. E questo doveva essere; almeno, lo dimostrava ampiamente quella sua schietta semplicit

No! rispose asciuttamente, dopo una breve pausa, il giovine Salvani, senza alzar gli occhi da terra. No, voi dite? E allora, perchè tentate? L'interrogazione della fanciulla, ricisa, diritta, sibilò come uno strale all'orecchio di Lorenzo. Tremò egli, ma non rispose parola, disponendosi a sviare il discorso. Non parliamo di me! disse poscia, parliamo di voi.

Quando dopo la morte di Clemente IV la sede pontificia rimase per bene tre anni vacante Gregorio X ordinò la elezione del Papa in conclave con l'obbligo di scemare il cibo ai Cardinali fino a ridurlo al pane ed all'acqua, e ciò perchè cotesto stroppio non si rinnovasse: e' sembra, che a quei tempi il Pontefice non fosse infallibile nei suoi partiti; difatti, morto Onorio IV per dieci mesi non fu eletto Papa, e prima di promovere al pontificato Celestino V la sede vacò due anni. Costui rinunziava dopo cinque mesi, e nove : scrittori guelfi raccontano come Benedetto Gaetani, che gli successe mediante cerbottana comandasse a cotesto semplice renunziasse al Papato dandogli ad intendere poi gli avesse proprio favellato Dio, e narrano altresì, che si gratificasse il re di Napoli dicendogli: «il tuo Papa Celestino ti ha voluto e potuto servire, ma non ha saputo; io vorrò, potrò, e sapròper la quale cosa il re commetteva a dodici Cardinali suoi divoti dessergli il voto. Il signore Luigi Tosti monaco di Montecassino nella vita di Bonifazio VIII nega tutto alla ricisa, e va bene, egli esercita il suo mestiere: noi ci stringeremo a credere, che il Villani contemporaneo di Bonifazio VIII potesse essere meglio informato del monaco Tosti, molto più che il Villani faceva professione di guelfo. Il monaco Tosti nega eziandio la strage di Celestino operata col conficcargli un chiodo nel cranio per comando di Bonifazio VIII; io potrei contraddirlo in questo; solo noto, che la testimonianza del Villani mette innanzi quando egli scrive, che faceva custodire il povero vecchio Celestino in onesta prigionia a Fumone, e lo ributta quando racconta della parlata a Celestino per via della cerbottana, e degli accordi simoniaci con Carlo d'Angiò: questa maniera di dettare storie, se male non mi oppongo, corrisponde ad arare coll'asino e col bue: e ciò messo da parte parmi degno di considerazione come nella Bolla con la quale Clemente V canonizzò santo Celestino si affermi con ischiettezza laudabile: «imperito di reggere la Chiesa come colui che dalla puerizia erasi consacrato interamente al culto delle cose divinedunque la si tenga per giudicata sopra l'autorit

La condotta del vicerè in quel punto fu onorata per ogni verso. Fu semplice, schietta, ricisa; ma fu terribile per gl'Italiani. «Non voglio», diss'egli a tutti, a' suoi generali, ai suoi soldati, ai suoi congiunti, alla consorte, ai nemici, «non voglio pormi per forza a capo di una contrada che non mi desidera. L'Italia è gi