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Fortunatamente sopraggiunse il marchese Galeotto, che, vista la mala prova del Montefalco, fu pronto ad uscire, con quanta gente potè avere alle mani, in sostegno del suo capitano. Per tal modo, rattenuta la furia del nemico, i cavalieri ebbero agio a raccapezzarsi nel parapiglia, a riunirsi e mettersi in salvo.

Allora ciò ch'era dubbio, diventa un'assoluta certezza. Giano era un traditore, che aveva procurata la sua evasione per condurlo a più sicura rovina. Ma che fare in una situazione tanto pericolosa? Da che parte potea egli rivolgersi, così perduto in un bosco, all'avvicinarsi della notte, ignaro delle strade, stanco del cammino, senza cibo, senza denaro, e con quelle vesti da galeotto sul dosso?

E morto il rivale, non sarebbe stata attribuita a lui l'uccisione? Grama vendetta, che gli avrebbe impedito di tornare al castello, dove oramai teneva altre fila sicure, come a momenti dirò. Smesse adunque il pensiero d'inseguire il rivale, e, divorando la sua rabbia, andò col marchese Galeotto sulla via delle Magne.

La nuova ferita accrebbe l'ira di Carbonera, il quale, dato bando ad ogni precauzione, si precipitò sul galeotto, e gl'immerse con tanta furia la spada nel ventre che l'elsa riurtò. Pierio impallidì e versando col sangue la vita, rovesciò cogli occhi smarriti sul suolo e giacque. Giaimo intanto era stato circondato, assalito e fatto immantinente prigione dai soldati.

Galeotto era chiuso nel Borgo e i Genovesi padroni della vallata; cedesse adunque, accettasse i patti larghissimi da lui consentiti a un così prode nemico, e co' suoi occhi medesimi, nel tragitto dalla Marina al Borgo, si sarebbe sincerato della sfidata condizione in cui era. Antonio ben vide che non gli restava altro scampo e si arrese.

Valoroso sempre, si era nelle ultime fazioni dimostrato valorosissimo tra tutti i più famosi campioni del Finaro, e Galeotto avea detto un giorno alla presenza di tutta la sua corte che, se avesse avuto intorno a dodici uomini della prodezza di Giacomo Pico, non avrebbe dubitato di ragguagliare stesso a Carlomagno, tanto il buon esempio di dodici paladini avrebbe innalzato lui a sostenere quel gran paragone.

Lo strano rumore fu udito altresì in una camera appartata del primo piano, dov'era il più ragguardevole abitatore del castello e il più interessato in quella bisogna, poichè il colpo degli assalitori notturni era rivolto contro di lui. Il marchese Galeotto si era da forse un'ora ridotto nelle sue stanze, per prendere un po' di riposo da tante fatiche e sopraccapi del giorno.

Mentre egli così parlava, Nicolosina aveva tratto in disparte suo padre e gli venìa favellando, con aria d'affettuosa preghiera. Capisco; rispose Galeotto ridendo; tu non vuoi che il tuo leggiadro sposo, appena giunto tra noi, vada a correre il rischio d'una piombatura sul capo. E sia, lo pregherò; ma vorr

Allora Galeotto comandò la ritirata, e, perchè non avesse a mutarsi in dirotta, con un pugno de' suoi migliori la protesse egli medesimo fin oltre il fosso; indi, col favor delle tenebre, volendo messer Pietro arrisicare i soldati in una caccia notturna, potè ricondursi in salvo a Calvisio.

In questa maniera di guerra, si chiarì più audace de' suoi antecessori il marchese Galeotto, uomo d'animo grande oltre lo stato, e, ne' suoi avvedimenti contro Genova, sovvenuto dal patrocinio di Filippo Maria Visconti, signor di Milano.