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A che cosa? Egli interruppe il proprio pensiero, perchè gliene venne un altro. , ma a Lugano non vi è la Chiesa delle Grazie, non vi è il Cenacolo di Leonardo da Vinci; e come faccio io? Fu uno sgomento di poca durata. Giusto poteva farsi una copia di Cenacolo per servire a farne poi altre; una seduta in faccia all'affresco originale accontenterebbe il compratore più difficile.

Tosto sara` ch'a veder queste cose non ti fia grave, ma fieti diletto quanto natura a sentir ti dispuose>>. Poi giunti fummo a l'angel benedetto, con lieta voce disse: <<Intrate quinci ad un scaleo vie men che li altri eretto>>. Noi montavam, gia` partiti di linci, e 'Beati misericordes! fue cantato retro, e 'Godi tu che vinci!.

I’ cominciai: «Maestro, tu che vinci tutte le cose, fuor chedemon duri ch’a l’intrar de la porta incontra uscinci, chi è quel grande che non par che curi lo ’ncendio e giace dispettoso e torto, che la pioggia non par che ’l marturi?». E quel medesmo, che si fu accorto ch’io domandava il mio duca di lui, gridò: «Qual io fui vivo, tal son morto.

E parlando della galleria di Brera e dei quadri di Raffaello, di Lionardo da Vinci, di Michelangelo ivi ammirati, esclama: "Dio onnipotente a che sublimò l'uomo!" Così dopo una visita alla Laurenziana scoppia in un: "Umana superbia, ti annichila!" A sessantadue anni ammirava così.

Poi era biondo; non tendente al giallo, come la Gioconda di Leonardo da Vinci, al fulvo, come la Maddalena del Tiziano, e nemmeno come dovette essere biondo il danese Amleto: quei capelli erano fini, lucidi, biondi e dolci alla vista, riposavano lo sguardo stanco da tante teste sfrontatamente brune.

Il poeta Veneto Buttura diceva da Venezia a Napoleone: Sull'indegne mio piaghe affisa il ciglio, Vien, vinci, abbatti i coronati mostri; E rendi a te la gloria, a me la vita. Son note le basse adulazioni del Cesarotti, autore della Pronea, che parlava in versi a Napoleone, dicendo: Parlo in prosa ai mortali, in versi ai Numi.

Le splendea l'alma ne li occhi quale in chiare acque un tesoro. Ne la bocca era il sorriso fulgidissimo e crudele che il divino Leonardo perseguì ne le sue tele. Quel sorriso tristamente combattea con la dolcezza de' lunghi occhi e dava un fascino sovrumano a la bellezza de le teste feminili che il gran Vinci amava. Un fiore doloroso era la bocca, e un misterioso odore esalava ne 'l respiro.

Andiamo innanzi; troveremo, strada facendo. Conoscete il metodo induttivo? Filosofia! esclamò il Lorenzini. Sia pure; l'ha trovato la filosofia, ma è buono dappertutto, come il prezzemolo. Chi lo ha tolto dal limbo, dove lo avevano cacciato i dogmatici, non fu propriamente un filosofo, sibbene un gran pittore, il quale s'intendeva di moltissime cose, Leonardo da Vinci.

ma battetevi seriamente, per Dio; ma fatevi ammirare dai Filistei che oggi comandano, col loro buon gusto, nella Terra promessa di Raffaello e di Tiziano, del Correggio e di Leonardo da Vinci. Intanto, che cosa vuol dire che qui a Parigi, al Campo di Marte, tutti, maestri e dilettanti, dotti e ignoranti, connaisseurs.... et américains, vanno in folla e si pigiano nella sezione austriaca? Non gi

Giusto, diventato maestro a forza di digiuni, a 36 anni non era scontento del proprio stato, avendo venduto quaranta volte un Cenacolo di Leonardo da Vinci, ai Russi ed agli Americani del buon tempo, e ultimamente ai Tedeschi ed agli Inglesi. Sperava di vendere altri cento Cenacoli prima di chiudere gli occhi all'eterno sonno; solo gli rimaneva il dubbio angoscioso che l'affresco di Leonardo, ridotto gi