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Dovrebbe dare l'esempio lei... Non ne ragioniamo! È inutile! Quando si vedeva messo alle strette, il Sindaco se la cavava sempre così: È inutile! Non ne ragioniamo!

Che legge maladetta è questa! ARTEMISIA. Eh, sorella, queste leggi se le han fatte gli uomini a lor modo; se toccasse a noi, ce le faressimo al nostro. Ma assai siamo noi infelici per ora: senza che andiamo rammemorando le nostre sciagure, ragioniamo di altro. Ditemi di grazia, se parlate mai di me col vostro fratello. SULPIZIA. Sempre di voi. ARTEMISIA. Che dice su questo fatto?

Coraggio, Andrea, coraggio e... ragioniamo; cerchiamo di ragionare insieme. Non posso proprio dire che mi faccia complimenti stasera, ma le perdono tutto perchè sento di aver molta, moltissima amicizia per lei. Ma appunto, se mi vuol bene, si faccia forte e si calmi. A vederla fare di queste scene, capir

Si voltò e rivoltò sul letto tutta la nottata, ripetendosi a ogni po': Ragioniamo! Che voleva ragionare? All'alba non ragionava più, con lo spavento delle terribili virgole addosso. E che accadeva? Neppure a farlo a posta! Da a un mese, egli si ammalava di tifo! Ah, dottore! Siate galantuomo ora; guaritemi, se non volete che io vi maledica morendo!

Eccovi un altro segreto; ma questo lo indovinerete voi stesso tra breve. Ragioniamo un tratto, e sedete senza timore. Sono più forte di voi; posso stritolarvi con queste mani, ma non abuserò della mia forza. Così dicendo il duca di Feira si assise egli stesso, ma in guisa da aver gli occhi verso l'entrata del salotto. Avete vinto; bufonchiò il gesuita. Che volete ancora da me?

Il giovanetto, turandosi il volto con ambe le mani, e tratto un altro lungo sospiro, esclamò: Ah! disperato è l'amor mio... Non dite questo, che senza speranza non sono neppure le porte dello inferno. Ragioniamo. Vi sareste per avventura invaghito della donna altrui? Avvertite, che allora incontreremmo uno inciampo; anzi due; il marito prima, e poi il Decalogo.

No, no, non ho più nulla a dire. Scusate, Teresita, io non son più degno di accostarmi a una donna.... Si ritira qualche passo per andar via. Non andate in collera per quello che vi ho detto. Vi domando scusa se vi ho offeso. Sedetevi, ragioniamo. Accettate almeno un bicchierino di vermouth.... Toglie da uno stipo una bottiglia di cristallo e offre un bicchierino a Nicolò. NICOL

CRICCA. Non mancarò: nelle mani vostre sta il guadagnare e il perdere cinquecento ducati se saprete ben fingere. PANDOLFO. Non piú, ché non intenda quanto ragioniamo. Ma eccolo che viene fuori. ALBUMAZAR. Pandolfo, ecco, fra poco spazio avrete trasformato il vignarolo. CRICCA. Non è dunque trasformato del tutto? ALBUMAZAR. È giá trasformato tutto il corpo, ma un solo piede e le mani li mancano.

MANGONE. Ho inteso ben dir da lei che si chiamava Alcesia; ma allora che la comprai, si chiamava Melitea. ISOCO. Che n'è di questa giovane? MANGONE. Di questa giovane ragioniamo ora, che sotto nome di costui m'è stata sbalzata da casa. ISOCO. Sappi che quella Melitea, che tu dici, è donna libera e gentildonna cristiana e non schiava; è figlia di un napolitano molto ricco e importante.

Ragioniamo! diceva a stesso. Questi dottori, questi scienziati sono, su per giù, una manica di ciarlatani. Ce le danno a bere grosse, sicuri che noi ignoranti non possiamo smentirli. Quell'altro professore, ieri, non voleva darmi a intendere che è stata misurata, fino a un millimetro, la distanza dalla terra al sole? Hanno mandato gli ingegneri a misurarla col compasso? Fandonie! Ciarlatanate! E la luce delle stelle che mette dieci, dodici, venti mila anni ad arrivare quaggiù! Hanno forse avuto sott'occhio il passaporto di essa, vistato dai sindaci di l