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MELITEA. Cosí prometto. PIRINO. Io sono il vostro Pirino! MELITEA. O somma di tutte le mie speranze, io son tutta divenuta di foco, il sangue mi bolle per tutte le vene, e mi riconosco incapace di tanta gioia. O Dio, dammi tanta fortezza che possa nasconder cosí smisurato contento! PIRINO. Ecco ch'è pur vero che m'ho fatto vender per ischiavo per far libera voi.

FORCA. Molte girandole mi vanno per la testa: mi stillo il cervello e ordisco gran matasse, ma non mi sono ancor rissoluto ad alcun partito. PIRINO. Aiutami. FORCA. Mi uccidete. PIRINO. Il breve termine che Mangone ha dato a Melitea di gir al dottore, è il termine della mia vita: intanto io sto nel mezzo delle fiamme ardenti. Rispondemi.

MELITEA. In questa casa per ora non ci abita persona di tanto momento; ma se cercate una schiava nera, venduta per vilissimo prezzo, vile, brutta e disgraziata, che non ha altro in di buono che amore e fede, l'avete dinanzi agli occhi.

FORCA. Poi pregaremo Alessandro vostro amicissimo, che preghi vostro padre, che compri da Mangone un schiavo di buon garbo, giovane di diciassette overo di diciotto anni, dell'etá tua e di Melitea che sète poco differenti di etá e di persona; e che gli ne dia quanto ne vuole per un suo disegno molto importante, e gli dia i cento scudi per caparra. PIRINO. Appresso?

DOTTORE. Io dubito che tu abbi digesto d'avanzo, e che essendoti stato promesso da desinare e venutoti meno, tu ti muoia della fame. PANFAGO. Ma vorrei che stimassi che le parole mie nascano da vero amore e da zelo del vostro onore, non da qualche mio interesse. DOTTORE. Che cosa dunque? PANFAGO. Sapete che Melitea vi è stata tolta e or sta in poter di Pirino? DOTTORE. Non può essere.

DOTTORE. Pazzia sarebbe dubbitar piú che non sia mia figlia, e giá m'accorgo che allo splendor degli occhi e dalla eccellenza della bellezza, che rassomiglia a quella, quando era bambina: tu sei dessa, e il tuo aspetto è bastevole a farti conoscere che tu sei nobile. MELITEA. Gentiluomo, ecco alcuno altro segnale per lo quale possiate rendervi piú certo che sia vostra figlia.

DOTTORE. Forca mio, se per l'addietro t'ho odiato piú che la morte, come ostacolo de' miei desidèri; or, come quello che mi hai tolto da illeciti amori o disoneste nozze, te ne arò obligo eterno. Sappi che Alcesia non piú Melitea non è schiava di Mangone, ma mia legittima figliuola, che molti anni sono mi fu rapita dalla balia, come potrai piú a lungo intenderlo da costui...

Ecco, carissima Melitea, sarai padrona della casa o mia regina; e se mi facci un figlio, mia carissima moglie, per te obliarò la perdita della mia amata consorte e la rapina dell'unica mia figliuola Alcesia. Anzi reputa, da oggi innanzi, che io sia tuo servo, e in dono ti do tutta la mia robba e me medesimo.

DOTTORE. Che re di Borno, che decapitare? io non so se tu stai ne' tuoi sensi. Io pensava riscattar la mia innamorata Melitea; poi, avendola condotta a casa e lavatagli la faccia, ho ritrovato un maschio e altro di quel che pensava: eccolo qui. FILIGENIO. Chi è dunque? DOTTORE. Tanto ne so io quanto tu. FILIGENIO. O Dio, che girandole son queste? che vuoi tu dunque da me?

Deh! mirami, signora mia, ascolta la mia canzona. Perch'è d'altri mia persona, che pensiate voi che sia? Siam, siam per via, guallá! Ditemi, signora, vi piace il mio ballo e la mia canzona? MELITEA. Mirami in fronte, leggi nel soprascritto: come può capir alcuna consolazione nell'anima mia? PIRINO. Conosco, signora, da certi segni del volto che sète molto tribulata d'amore.