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7 Voglio che sappi, signor mio, ch'essendo tenera ancora, alli servigi venni de la figlia del re, con cui crescendo, buon luogo in corte ed onorato tenni. Crudele Amore, al mio stato invidendo, fe' che seguace, ahi lassa! gli divenni: fe' d'ogni cavallier, d'ogni donzello parermi il duca d'Albania più bello. 8 Perché egli mostrò amarmi più che molto, io ad amar lui con tutto il cor mi mossi.

Ma perche' tutte le tue voglie piene ten porti che son nate in questa spera, proceder ancor oltre mi convene. Tu vuo' saper chi e` in questa lumera che qui appresso me cosi` scintilla, come raggio di sole in acqua mera. Or sappi che la` entro si tranquilla Raab; e a nostr'ordine congiunta, di lei nel sommo grado si sigilla.

Forastier, che fermo il passo Guardi in su l'alta fortezza, Sappi ch'era alpestre sasso, Squallor tutto ed orridezza; Ma poi vinse la natura Dell'artefice la cura. Vedi l

Or sappi, ch'io, non reo de' tuoi falli, io pur ne porto la pena tutta: del regnar mi è dato il miglior premio; in odio a tutti io sono. Qual mi puoi nuova infame cura imporre, che aggiunga?... NER. Ei t'è mestier dal cor del volgo trarre Ottavia. SENECA Non cangia il volgo affetti, come il signore; e mal s'infinge. NER. All'uopo ben cangia il saggio e la favella, e l'opre: e tu sei saggio.

DOTTORE. Forca mio, se per l'addietro t'ho odiato piú che la morte, come ostacolo de' miei desidèri; or, come quello che mi hai tolto da illeciti amori o disoneste nozze, te ne arò obligo eterno. Sappi che Alcesia non piú Melitea non è schiava di Mangone, ma mia legittima figliuola, che molti anni sono mi fu rapita dalla balia, come potrai piú a lungo intenderlo da costui...

«Uomo! io non ti disprezzo perchè ti vedo miserabile, ma perchè appartieni alla famiglia degli uomini, e vo' che tu sappi, il mio disprezzo per essi cominciare da me.» «Ma dagli uomini non avete avuto la vita?» «La vita! Parti forse dono la vita? Sia: ma io non l'ho chiesta, e non ne devo esser grato.

E però, se pensi levarmi dallo amore di costei, tu cerchi abracciar l'ombra e pigliare il vento con le reti. POLINICO. E questo ben mi pesa: perché, dove esser solevi piú trattabile che cera, or piú ruvido mi pari che la piú alta rovere che si trovi. E sai tu come ell'è? Io ne lasserò il pensiero a te. E sappi che tu ci capiterai male. LIDIO. Io nol credo.

Sappi che Dio ci ha fatto due orecchi per udire assai. FESSENIO. Ed una sol bocca per parlar poco. POLINICO. Non parlo teco. Ogni mal fresco agevolmente si leva; ma poi, invecchiato, non mai. Levati, dico, da questo tuo amore. LIDIO. Perché? POLINICO. Non ve arai mai se non tormenti. LIDIO. Perché? POLINICO. Oimè!

E voglio che tu sappi, carissima figliuola, che piú perfectamente si cognosce la bianchezza allato al nero e il nero allato a la bianchezza, che separati l'uno da l'altro. E non bisogna che alcuno l'il ponga dinanzi, però che la coscienzia sua si pone innanzi e' difecti che egli ha commessi e le virtú che doveva adoperare.

La quale visione e cognoscimento lo' riempie la volontá d'avere ciò che essa volontá desidera, e cosí è saziata. E però ti dixi che, singularmente, gustare vita etterna era d'avere quello che la volontá desidera. Ma sappi che ella si sazia nel vedere e cognoscere me, come decto t'ho.