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Aggiornato: 12 maggio 2025


PIRINO. Dio ti salvi, reina di tutte le belle. MELITEA. Io regina? io bella? O con quanta piú ragione mi aresti chiamata la piú miserabile di quante vivono. PIRINO. Mi comandate che balli un ballo e vi canti una canzona? Rispondetemi. MELITEA. Il dolore è cosí impadronito di me, che sto con l'animo tanto lontano da me quanto ti son vicina col corpo.

ALESSANDRO. Allor ricevo fastidio e noia, quando non mi vien comandato da voi cosa alcuna, ch'è mio debito servirvi; venghiamo al tronco. PIRINO. Non so se sapete la mia disgrazia, che Mangone ruffiano ha venduto al dottore la mia Melitea. ALESSANDRO. Non n'ho inteso cosa alcuna, ché se n'avessi saputo un cenno non averei aspettato che me l'avessi domandato.

PIRINO. Perché, cor mio? MELITEA. Perché avendole vestite voi prima e or vestendole io, par che da tutte le parti sia abbracciata da voi. FORCA. Entrate, signora, e senza lasciar ponto di sollecitudine avanziamogli di prestezza.

MANGONE. Avea fatto disegno, Amor mio, servirmi di te; ma poiché questo grand'uomo ti vuol comprare e so che ti fará carezze, ho stimato che sia meglio per te venderti a lui. Dimmi, lo servirai tu volentieri? MELITEA. Perché mi diceste prima che aveva a servir voi, mi era disposto servirvi con tutto l'animo.

DOTTORE. La somma è che mi restituisca la figlia. FORCA. Ed in somma io dico ch'egli è innamorato di Melitea non di amore ordinario o sopportabile, ma di un desiderio irrefrenabile; e si privarebbe con assai piú agevolezza della vita che di lei. In somma pensate ad ogni altra cosa che a riaverla; e potete pur ferneticare e consumar il cervello a vostra posta.

Se vi dovesse spendere tutta la mia robba, io il porrò in mano del boia. FILACE. Padrone, ho ritrovato costui nascosto con le vesti di Melitea. MANGONE. Ecco qui il ladro, ecco qui l'assassino, che ancor tiene adosso le vesti di Melitea. DOTTORE. Mangone, da costui si potrá sapere il fondamento del fatto. MANGONE. Vien qui, traditore; onde hai tolte le vesti, ove è colei a cui le togliesti?

Son d'intorno a tre anni che certi uscocchi depredando i lidi della Schiavonia, da una villa dove io abitava mi tolsero una giovane bellissima; e mi fu riferito che la vendero in Napoli per ducento ducati ad un mercadante di femine, detto Mangone. MANGONE. È vero; e si chiama Melitea. ISOCO. Non, no: quella si chiamava Alcesia.

ISOCO. O amata e desiata figliuola! MELITEA. O Dio, quanto presto sète fatto vecchio. ISOCO. Il tempo camina, figlia: tenetelo voi, ché stia fermo, e io terrò una medesima forma. Figlia, poiché hai conosciuto il tuo balio, riconosci ora il tuo vero padre. DOTTORE. Carissima figliuola, non ti ricorderesti del tuo vero nome?

Io non so perché non m'abbi mandata Melitea, se non lo fai ché cosí straziandomi, me la facci ricever piú caramente.

Dunque morrá di fame chi potrá dar pastura a mille occhi affamati della sua vista? Sta dunque prigione la vindice della mia libertá e che può carcerar mill'anime con la sua bellezza? tu serrata in tenebre, di cui gli occhi luceno piú d'ogni sole? e dove tu non sei, ivi son oscurissime tenebre? Morrá Melitea, e io resterò vivo?

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