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Or vinta dal tedio È l’anima mia; Di strano languore Morendo sen va. Ah, contro l’effluvio D’arcana malía, Il povero core Difesa non ha!

Finalmente, quando a Dio piacque, risanò: e parve che a poco a poco, col ridestarsi della vita, andasse morendo in lui tutta la memoria del passato. I medici dell'ospizio e gl'inservienti avevangli dimostrato un po' d'amore; ed egli seppe trovar parole di riconoscenza e lagrime di tenerezza, per esprimere la gratitudine sua a quella attenzione. D'allora in poi, sempre obbediente e rispettoso, adoperò modi ingenui e miti; parve un agnello. Parlava poco, era d'ogni cosa contento; cresciuta in guisa strana la sua fisica vigoria, voleva fare egli solo i più gravi e ruvidi servigi della casa. Ma colla forza del corpo, vedevasi invece rimpiccolirsi e mancare in lui il lume dell'anima; cosicchè sarebbesi detto inaridito gi

Risalì aspettando ancora, morendo ad ogni minuto, fremendo ad ogni calpestìo nel corridoio, tremando ad ogni rumore di voce, stirando i guanti sotto le larghe maniche, sfilacciando la trina del suo dominò. Egli verr

È fatto, non teoria: legge di logica inesorabile, non sistema d'ingegni irrequieti e sovvertitori. E se questa logica delle cose non balenasse tratto tratto subita, onnipotente attraverso la tenebra che la tirannide stende fra l'uomo e Dio, la tirannide, come gli ultimi imperatori di Roma, farebbe stessa Dio. Il lampo del ferro tirannicida rompe quella tenebra e rivela alle attonite, incodardite migliaja, che il tiranno davanti a cui piegano non è Dio, ma un idolo di delitto e menzogna. L'uomo che vibra quel ferro è una incarnata, tremenda negazione della tirannide; ei dice, spegnendo e morendo all'umanit

Andiamo ora in traccia d'Aloise, che era scampato pur dianzi dalla ignominia, mercè il provvido aiuto del duca di Feira, ma non aveva smesso il fiero proposito di sottrarsi morendo alle angosce del suo amor desolato.

Ogni nobile petto ebbe un amico, O più d'un n'ebbe, e alcun ne serba ancora, E se perseguitato anco e mendico Visse fra indegni e fra più indegni mora, Ei si rammenta qualche amato antico, E alle umane virtù crede e le onora, E, morendo, ci consolasi al pensiero Che in cielo ei rivedr

Allora, vedendo che io conosceva il suo segreto, mi si buttò piangendo ai piedi, e mi scongiurò di non tradirla, di rispettare la pace dell'uomo per cui ella stava morendo. Egli non sa nulla, mi disse torcendosi le mani, non sa nulla..... io sola..... io sola..... E la piena della emozione le mozzava le parole.

Alta luce, che accogli l'anima ch'è contenta in cosí dolce foco arder mai sempre, con meno amare tempre scorgi l'alma che è giunta all'ultim'ora; poi che, morendo, ancor t'ama ed onora. FILENO. Ah! Tu sei pur di bello in su la grossa! Oh! Che canzone è quella, da cantare il de' morti! CRISAULO. Ahi!

Poiché tanto può durare in un regno il governo d'un medesimo modo, in quanto vive il re che lo governa: dopo, morendo, o che il successore sia il figlio o altri, il governo che succede non sará il medesimo come quel di prima; e perciò è in proverbio: «Novo re nova legge»: mentre non si conforma in tutto nell'opinione col predecessore, meno può sapere che cosa il predecessore giudicava per disordine del suo regno, che provisione avea da fare, quelle che averá fatte per rimedio delli disordini passati, ché dalle esperienze passate si possa risolvere per li medesimi o novi disordini che succedono; ma, incomminciando a provare a suo modo, non vi è cosí certezza che debbano riuscire.

S'io non posi l'honor caro a tergo Hor voglio porlo, & solo amar vergogna che chi ciò fa, ben dir mi summergo S'io non feci ad alcun, torto o menzogna Hor voglio farlo a tutti, e più a chi me ama che pace, a chi vol guerra, non bisogna S'io cercai laude, precio, honor, e fama Hor cerco infamia, vituperio e scorno che un disperato altro, che mal, non brama Se l'opre mie da ognun lodato forno Hor sian biasmate, che ognun me offenda E che sol brama perir, chi ha scuro il giorno Se in me mai non trovossi una sol menda Hor ne surgano tante, ch'io sia occiso che morte, a' tristi par che nulta incenda Se sol mostrommi ognhor splendido il viso Hor me si mostri obscuro fosco, e negro che non convien lo inferno, al paradiso Se la luna mostrommi il volto allegro Hor me si mostri colma de ira, e sdegno che luce brama il sano, e obscuro, l'egro Se hebbi propitio ogni celeste segno Hor me sian contra, congiurati a morte che è buon morendo uscir, de affanno e sdegno Se fortuna mi tenne in lieta sorte Hor invida, e contraria, me si facci che chi non haver ben cerca vie torte Se amor mostrommi ognhor benigna faccia Hor me si mostri, & facci empio tyranno che chi non de' fallir, iusto è che giaccia Se da vener fui posto ad alto scanno hor mi summerga nel proffundo abysso che assai melio è un mortal che un longo affanno S'io tenni a cose vaghe l'occhio fisso hor chiudesi, e dispergo il vivo lume che lice il lume haver, che ha 'l scur demisso S'io godea primavera per costume hor son colmo de affanno, e di dolore che non rider, chi è converso in fiume.