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Essendo così tutto prestabilito, il Sequi, trattenutosi ancora qualche tempo, sull'imbrunire prese seco l'amico suo Giuseppe Barbagli, e armati ambedue di fucili e pistole si avviarono al Molino di Cerbaia. Era sorpreso non poco il Barbagli della richiesta fattagli in quel modo, e in quell'ora, e seguendo la via domandava che cosa significasse una tale gita misteriosa.

Però lo lascio andare a suo talento, poco curando ch'ei piegasse la testa a sterpare qualche fronda, o pascere erba. Giungemmo ad un rio assai copioso di acque a cagione di una serra da mandare il molino. L'Asino vi si tuffa dentro: io ritiro le gambe per non bagnarle: ad un tratto la terra si sprofonda sotto di me, l'Asino scomparisce, ed io mi ritrovo nell'acqua fino alla cintura.

MANGONE. Ella è vivanda riserbata per la tua bocca. DOTTORE. Mangone, sai che vorrei dire? MANGONE. T'intendo: che Pirino non mi faccia qualche burla. Ti rispondo che le burle sono bene ad inventarle e ordinarle, ma a far che riescano, eh ci vuol altro che parole! DOTTORE. Intendo che ha un servo molto astuto e sottile... MANGONE. Come quello uccello che porta il grano al molino.

A furia di picchiare e di ripicchiare con questi ragionamenti di bronzo sul cuore, credetti quasi di averlo ridotto duro come un'incudine, quando al tornare da un altro viaggio (nel quale mi spinsi fino a Padova) mi capitò un suo invito. Ecco come andò. Quando mi vide entrare in bottega, mi venne incontro con un saltuccio, mostrandosi tutta contenta di vedermi, mi fece sedere sulla sua poltroncina di velluto, mi tolse di mano la valigia, l'ombrello... Ha fatto buon viaggio, sor Gerolamo? Bonissimo, grazie: e lei è sempre stata bene? Benissimo, grazie. E la piccina? È un tesoro Un tesoro come....? e alt! quel tal gnocco mi soffocò il resto in gola. Mi parve che tutte le ombrelle chiuse negli scaffali cominciassero a muoversi e a ballare o che l'Ombrellino rosso attaccato di fuori girasse come una ruota di molino. Ripulii il cappello colla manica e stavo per dirle: Stia bene, a rivederci... quando essa, voltandosi verso di me col suo faccino grazioso, disse: Senta, sor Gerolamo, spero che verr

Rosa e Carolina rimasero nel molino assieme a un antico e fedele garzone, e il mio buon parente, durante il resto della sua vita, non s'occupò che di loro. Venuto a morte anche lui, dopo quattro anni da quella di Francescone, chiamò il notaio, gli ripetette le medesime raccomandazioni del mugnaio e non una ma cento volte lo pregò che m'interessasse in coscienza alla sorte delle due ragazze.

Mandò a chiamare il mio parente e con le lagrime agli occhi gli raccomandò, lo scongiurò di proteggere Rosa e Carolina come aveva protetto e beneficato lui. Che ne sarebbe stato delle due povere ragazze se avessero dovuto abbandonare il molino? E il mio parente promise, col cuor buono che aveva, e mantenne la sua promessa.

Carolina era bruna, aveva gli occhi neri e dolci, aveva le labbra rosse come le ciliege, le mani piccole piccole, bianche come la farina del suo molino. E durante la mia breve dimora a Cassino il mio amico Cataldo non aveva fatto che parlarmi di lei. Ricordo le sue parole: Francescone ha lasciato in questo molino due pietre preziose...

Ma che cosa dice? s'immagini!.. le domando scusa... se non si fosse povera gente... se non ne avessi proprio bisogno, non sarei venuto a disturbarla.... Abbiate un po' di tolleranza per alcuni giorni... verrò io stesso al molino a soddisfare il mio debito.... Non s'incomodi per questo... io passo due volte al , e non mi disturba fermarmi....

Quando poi dai monti Volsci si scende nella pianura marittima, è il nome e la signoria di un'altra famiglia baronale di Roma, quella dei Gaetani, duchi di Sermoneta, che più spesso risuona al nostro orecchio. Attraversai il Sacco presso la Mola de' Piscari, molino veramente pittoresco, che sorge fra le rovine di un antico castello dei Colonna, del quale rimangono ancora notevoli avanzi.

Gli artiglieri rispondono coi loro otto cannoni alle furiose scariche nemiche, molti muoiono da eroi sui loro pezzi, ma vengono tosto rimpiazzati da altri animosi, dal molino e dalla casa del Lago, della quale i Toscani avevano fatto una fortezza aprendovi feritoie e fulminavano gli assalitori; il battaglione degli studenti si slancia con impetuosa carica sulla sinistra del nemico, lo rompe e lo mette in fuga.