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Cataldo s'interruppe. Mi guardò, guardò il mio bicchiere, e mi fece: Ebbene, non bevi? Difatti, dimenticavo il delizioso vinetto bianco del mio amico. Bevvi. Cataldo riempì per la terza volta il suo bicchiere. Alla tua salute, Vittorio! Alla tua, Cataldo! Egli continuò: Un giorno, il povero Francescone sentì che la vita lo abbandonava.

Al professore scappava la pazienza. Oh che balordi! Anche questi qui, come Cataldo, vogliono assegnare l'istruzione a Sardi Gallese.... Si starebbe freschi.... E questi altri che danno il tesoro a Modica!... L'agricoltura e commercio, forse... O le poste....

Un flutto di tenerezza mi veniva alle labbra e si voleva mutare in parole. Una interna voce mi sospingeva: Su, coraggio, parla, dille che le vuoi bene da quando l'hai vista! Chiedila al buon Cataldo! Rompi l'indugio! Seppellisci una buona volta la tua tristezza! Ma non vedi che ti vuol bene?...

Senza curarsi delle proteste, Cataldo seguitava la sua enumerazione. Modica, finanze, Brusasco, grazia e giustizia, Sardi Gallese, istruzione pubblica... Ma che? Non è adatto...

Oh bella! disse Orsara spalancando la bocca a un enorme sbadiglio. Siamo in tre soli? Naturale soggiunse Cataldo.... Francioni è disceso a Grosseto. E non ce ne siamo accorti? Sfido io... Quando si dorme... Voi, Varedo, non dormite in ferrovia? Questa notte non dormirei in nessun posto... Ah, è vero.... Scusate...

Dunque, senti; ti ricordi di quella sera piovosa in cui ci lasciammo così nervosamente, uscendo dalla Trattoria dell'Asso di fiori? Così cominciò a dire Cataldo Abbadessa, col quale ero seduto a tavola nel giardino della sua villetta a Cassino, sotto gli alberi di prugne e tra l'odore acre della mortella.

Oh grazie, Varedo... Credevo che dormiste anche voi... Questi qui sono due ghiri. In fatti Orsara e Cataldo non si mossero nemmeno quando a Grosseto Francioni fece aprir lo sportello e discese salutando Alberto Varedo.

Io continuavo a dire: Voi volete bene o all'uno o all'altro, non è vero? Dunque, ditelo. A chi volete bene? Al carrettiere? Al beccaio?... Ella rispose, semplicemente: A nessuno dei due, padrone... La guardai. Rosa mi guardò co' suoi grandi occhi azzurri e poi li chinò, e arrossì, e tacque... Il mio amico Cataldo s'interruppe un'altra volta.

Da parte mia risposi al notaio che Rosa e Carolina non avrebbero mai avuto a dolersi di me: sarebbero rimaste nel molino de' loro avi e nessuno le avrebbe tormentate. Anzi, soggiunsi, io farò che una parte dell'utile vada proprio a loro vantaggio. Bevemmo un altro sorso, e Cataldo riprese il suo racconto.

Importa molto! replicava Cataldo. Un Ministero si fa come si può, e nemmeno San Giustino far