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Passa il signor Merelli disse Gerolamo senza voltarsi, con la sua voce da ventriloquo. Ma Alberto l'udì. Si sporse vivamente fuori della carrozza sbracciandosi verso due individui che costeggiavano la strada maestra. I due si levarono il cappello. Salite? No, grazie. Ben arrivato. Nuovo saluto alla signora. Nessuna novit

Questo ultimo perchè non lo volle dire, non avendo trovato l'incoraggiamento necessario nella faccia di Giusto. Era dunque cosa intesa. Gerolamo andrebbe a far visita alla bella Nina, e se non zoppicasse proprio troppo, se la piglierebbe in moglie. Egli diceva me la piglio, come se la cosa dipendesse unicamente da lui.

Figurati, una volta si punsero apposta un dito per bere il sangue l'uno dell'altro.... quando ti dico romanzi! Marta si interessava, avrebbe voluto chiedere di più, ma la faccia di Gerolamo, che sembrava quella di un filosofo stoico in mezzo alle follie del mondo, le dava un po' di soggezione.

Ella ascoltava ancora, ripercosso nell'aria e nel suo orecchio, il suono uguale, identico a quello di un momento prima, quando aveva detto: cari! E le pareva una stonatura, una nota falsa che alterasse il valore della parola. Si chinò verso di lui, con la bocca contro il suo collo, mormorandogli nel folto dei capelli: Caro! caro! caro! Egli la respinse vivamente, indicando Gerolamo.

Io non avrei pagato, te lo giuro, perchè un mese prima l'altro mio figlio, Giuseppe, quello che mi minaccia da dieci anni di non pigliar la laurea di ingegnere, mi aveva salassato di cinquecento lire; ma Gerolamo, che studia la legge da sette anni, mi assicurò che bisognava pagare, perchè egli aveva imitato la mia firma in una cambiale protestata.

Ma per tre giorni consecutivi non fu possibile a Giusto di arrivare in casa Cipolla prima di Gerolamo; il quale non solo faceva le sue visite quotidiane alla innamorata zoppa, ma le faceva lunghe.

Ma tu, interruppe Giusto, tu non me li puoi dare, non è così? Era proprio così. Allora ti saluto. Te ne vai? Mi dispiace tanto, ma io non posso far nulla; non è una settimana che ho dovuto pagare un debito di quattrocento lire che mio figlio, quello scapestrato di mio figlio Gerolamo, mi ha fatto a Pavia.

Ma quando poi le cose sue spiegassero le vele, un'altra tela alta due metri e anche più, rappresenterebbe l'estasi dell'ascensione a Dio e raffigurerebbe il visino sorridente di Cristina. Il giorno dopo, mentre aspettava le dieci per poter andare a casa della fidanzata con la sicurezza di non trovarvi l'usciere, si affacciò in istudio il cugino Gerolamo.

Tali pensieri stava facendo la Ginevra nel punto stesso che altri pensavano a lei ed alla circostanza straordinaria ed inaspettata per la quale si tosto ella era venuta in Roma. Cominciamo da Gerolamo Morone.

Se poi vedo qualcuno a piangere, addio sor Gerolamo! e se chi piange è poi una donnina ancor giovane e bella, mi si rivoltano le viscere, vedo scuro come se avessi un calamaio per occhio, un gnocco grosso come la palla di un cannone mi si ficca qui, alla gola, e per consolare gli altri piango io come una secchia che vien fuori dal pozzo.