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PROTODIDASCALO. Ma «ostio» sine aspiratione vuol dir le «valve», le «gianue». LALIO. Barbagianni a me, maestro! mi parete voi un barbagianni da dovero. Parlatemi cristiano se volete che vi risponda. PROTODIDASCALO. Vorreste che dalla latina mi rivolga testé alla etrusca favella? Son contento. Dico che vi ho visto uscir da questo ostio, cioè da questo uscio; dico se stiate in cotesta casa.

Oh come m'ha ben ricevuto, oh che bel riposo ha dato alla mia stanchezza del viaggio, oh che consolazione alla mia vecchiezza! Ma perché affligo me stesso? io non lo vo' piú per figlio, poiché egli non mi vuol piú per padre: farò conto di non averlo mai piú generato o che fusse morto duo anni sono. Che figli che figli! PROTODIDASCALO, LALIO paggio.

Magister, bonum sero. PROTODIDASCALO. Et tibi malum cito. LALIO. Che comandate protomastro, patriarca? PROTODIDASCALO. «Prius te salvere iubeo». LALIO. Io non v'intendo. PROTODIDASCALO. Dico che siate salvo. LALIO. E voi salvo e contento. PROTODIDASCALO. Per mostrarvi la mia largitade vi vo' fare un munuscolo di cinquanta vocabuli ciceronei abstrusi e reconditi.

PROTODIDASCALO. Ti allucini, figliuolo, perché «hostia» con «h», aspirazione, viene «ab hostibus», che è un animale che s'immolava dall'imperadore proficiscente alla guerra per impetrar da' celicoli vittoria contro gli osti, cioè nemici. Onde il sulmonese poeta: Hostibus a domitis hostia nomen habet. LALIO. Voi volete dir gli osti che stanno nelle taverne?

SENNIA. Per farti proprio tristo come dici. LALIO. O Dio, che volete che dica? SENNIA. Non t'ho lasciato con Eugenio e Olimpia nella camera? LALIO. , ma poi me ne uscii fuora. SENNIA. Perché ne uscisti? LALIO. Perché viddi.... SENNIA. Che vedesti? LALIO. Nulla. SENNIA. Prima dici che vedesti e poi dici nulla. Non posso cavarti di bocca una parola di questo fatto.

Perché mi parli cosí mozzo? parla col tuo malanno! LALIO. O Dio, che se lo dico, Olimpia ha giurato di volermi ammazzare. SENNIA. E se non lo dici, ti ammazzarò or ora. Quello d'Olimpia ha da venire, ma il mio sará adesso, al presente. LALIO. Io non lo dico, avertete. Quando voi mi diceste che stessi in camera, io me ne uscii per vergogna. SENNIA. Di che cosa? LALIO. Di quel che viddi.

Balia ANASIRA commare MASTICA parasito OLIMPIA giovane TRASILOGO capitano SQUADRA suo servo LAMPRIDIO innamorato PROTODIDASCALO suo pedante GIULIO studente SENNIA vecchia madre di Olimpia TEODOSIO vecchio marito di Sennia EUGENIO suo figlio FILASTORGO vecchio padre di Lampridio LALIO paggio Capitano di birri. La scena dove si rappresenta la favola è Napoli. BALIA, ANASIRA comare.

PROTODIDASCALO. Vorrei dirli duo verba. LALIO. Vorresti per sorte che lo chiamassi? aspetta che tornerò adesso adesso. PROTODIDASCALO. «Heu mihi! discedens oscula nulla dedi». Oh che indole maiestale di fanciullo! gli quadra un volgare epigramma che i giorni preteriti feci in lode d'un mio scolare. O piú formoso del troian giovencolo subrepto dall'uccello fulminifero....

SENNIA. E come facevano? LALIO. Che so io? Si serrorno a chiave entro la camera. SENNIA. Quando apersero poi, che facevano? LALIO. Nulla: l'avevano fatto giá. SENNIA. Menti per la gola! se la porta stava serrata a chiave, come vedevi che si facessero? LALIO. Dava qualche occhiatina per le fissure e per lo buco della chiave.

LALIO. Se sto qui adesso, come sto in questa casa? PROTODIDASCALO. Argutule argutule. Se mi vuoi far un piacere ti farò un presentuculo. LALIO. Che vorresti? va' via, va', conosco i pari tuoi. PROTODIDASCALO. Ferma costí, ascolta quaeso due paroline. LALIO. Parla da lungi, di' presto, che vuoi? PROTODIDASCALO. Non è venuto un certo forestiero, advena, oggi in tua casa? LALIO. bene.