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SENNIA. Grande fu la tua sfacciataggine e molto l'ardire cosí facilmente degno di perdono: tôr per follia di gioventú l'onor ad una casa in un ponto, che s'ha acquistato con tanta diligenza e con tanti anni.

SENNIA. Desiderarei certo che mia figlia fusse degna d'esser serva vostra e moglie di vostro figliuolo: poiché egli vi scacciò, io vi ricolgo in questa casa e ve ne fo padrone come lui. Entrate. FILASTORGO. Ringrazio la vostra soverchia cortesia.

LAMPRIDIO. O sorella, dolcissima anima mia! OLIMPIA. O amato piú che fratello, non conosciuto ancora! SENNIA. Io tutta ringiovenisco e in avervi cosí subito acquistato, figliuol mio, parmi che t'abbia or partorito. Mira, Olimpia, come nel fronte e negli occhi ti rassomiglia tutto. OLIMPIA. Il resto dovea assomigliare a suo padre.

LAMPRIDIO. Fermatevi, non battete, ché or ora verrá qua Sennia tua moglie. Dal natural certo. TEODOSIO. Rallegrati, Eugenio mio, ch'or vedrai la tua madre e tua sorella. Oh con quant'allegrezza ci riceverá e bacierá! penso si dileguará dall'allegrezza. EUGENIO. Mi par ogni momento mill'anni d'incontrarci insieme. SENNIA. Ove è questo mio marito nuovamente resuscitato?

SENNIA. Per farti proprio tristo come dici. LALIO. O Dio, che volete che dica? SENNIA. Non t'ho lasciato con Eugenio e Olimpia nella camera? LALIO. , ma poi me ne uscii fuora. SENNIA. Perché ne uscisti? LALIO. Perché viddi.... SENNIA. Che vedesti? LALIO. Nulla. SENNIA. Prima dici che vedesti e poi dici nulla. Non posso cavarti di bocca una parola di questo fatto.

TRASILOGO. Però lascia tante parole: comincia. SQUADRA. Cominciarò. TRASILOGO. Se avessi cominciato non aresti tolto questa fatica a dirlo. SQUADRA. Dammi l'orecchio. TRASILOGO. Eccoti l'uno e l'altro. SQUADRA. Poiché questo romano si è finto Eugenio e sotto nome di fratello di Olimpia è intrato in casa di Sennia con dir che Teodosio sia morto dieci anni sono,...

Caminate, fratello. LAMPRIDIO. Andatemi innanzi, sorella. OLIMPIA. Io vo, fratello carissimo. LAMPRIDIO. Vi seguo, sorella. O dolcissima conversazione! MASTICA solo. MASTICA. Non dubitate, fratelli e sorelle: giá da ora cominciate a far entrare in suspetto Sennia dell'amor vostro.

MASTICA. tanto v'imaginavate aver perduto onore quanto n'avete al doppio racquistato. SENNIA. Ed è questa la veritá? MASTICA. Qual vi ho detto. SENNIA. La mia figliuola è maritata? MASTICA. Quante volte volete sentirlo? Ed è venuto suo padre di Roma e si è incontrato col vostro vero marito venuto di Turchia, e son stati d'accordo insieme.

Tu devi avertire che Sennia è vecchia prattica delle cose del mondo, e queste cose le devono esser passate piú volte per le mani: so che non passerá una settimana che se n'accorgeranno le fanti, la famiglia e tutta la casa. LAMPRIDIO. Che sará dunque bisogno di fare? MASTICA. O che ella fusse cieca per non veder ciò che fai, o tu stropiato e mutolo per non toccarla e parlar tanto.

LAMPRIDIO. È soverchio ricordarmelo, padre. FILASTORGO. Teodosio, io ve lo do per genero e per servo. TEODOSIO. Lo ricevo per genero e per figliuolo. LAMPRIDIO. Andiamcene a casa e diamo questa allegrezza a Sennia e non la facciamo piú penare. TEODOSIO. Giá la vedo comparire dinanzi la porta.