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FILIGENIO. Voi me l'avete resi con iniquo cambio che non sarebbe stato fatto ad un turco; ma dice bene il proverbio: che molti benefíci fanno un uomo ingrato. ALESSANDRO. Orsú, perché avete sfogata l'ira con ingiuriarmi, sarebbe di ragione, se non prima, mi dicesti la cagione di che vi dolete di me; perché le vostre parole mi sono ferite mortali che mi trapassano il core. Non mi fate piú penare.

POLISENA. Quel gentiluomo poverello che ce la chiese l'altro giorno? E che val nobiltá senza denari? avete l'esempio in noi. EUFRANONE. Non l'indovinaresti mai. POLISENA. Dimmelo, marito mio, di grazia: non mi far cosí struggere di desiderio. EUFRANONE. Non vo' farti piú penare. Con don Ignazio di Mendozza. POLISENA. Quel nipote del viceré della provincia, che combatté quel giorno con i tori?

«Quando si ha fame e non si vuol veder penare una persona cara continuò stillando le parole quando si ha fame e non si vuol morire rubare, sa lei su che via si mette una ragazza giovine e non brutta?.... Lo sa?... Lo sa? Adele prese per una mano Lucia. La voleva condur via, adesso che capiva.

Quante sere, lucide come questa, avea la Rosalia passate nell'amorevole e gioconda compagnia delle amiche, presso ai parenti, spensierata fanciulla, lieta di placidi gaudii, di allegre fantasie! E dopo sposa, quante volte, in quell'ora, sul battuto della rocchetta erasi badata ad ascoltare i malinconici concenti dell'usignuolo, od a spingere lo sguardo giù verso la riva e per lo scarco delle colline, se vedesse tornare lo sposo! Ed ora? L'idea dello sposo le richiamava alla mente i più minuti casi del passato; gesti, parole, tratti, che avevano voluto o non vedere o interpretar in bene, ed ora le rivelavano una miserabile tela di sdegni covati, di meditate vendette. Da lui condannata di colpa, onde non si conosceva rea, di cui poteva giustificarsi con una parola, condannata a penare qui, com'ella si credeva, una notte intera, nel deserto delle acque, fra il disagio e la paura... Oh! che nessuno mi venga a soccorrere?... Nessuno?... Certo egli a quest'ora è giunto al castello; entrò in casa, rivide i luoghi pieni delle memorie de' nostri primi giorni di felicit

È qui nel mio raggio, sullo stesso piano, ha la cella piena di volumi, mi ha lasciato supporre che mi avrebbe fatto fare un'indigestione di libri e poi mi tiene qui a penare e ad aspettarli ad ogni piede che passa! Che la guardia non abbia voluto prenderli? Ma e la «colomba», non ha ancora imparato a «colombare»?

LAMPRIDIO. È soverchio ricordarmelo, padre. FILASTORGO. Teodosio, io ve lo do per genero e per servo. TEODOSIO. Lo ricevo per genero e per figliuolo. LAMPRIDIO. Andiamcene a casa e diamo questa allegrezza a Sennia e non la facciamo piú penare. TEODOSIO. Giá la vedo comparire dinanzi la porta.

Maria vedeva gli uomini più seri e più stimati, cercare l'amicizia di suo marito, per poterla meglio corteggiare e insidiare. Non uno le aveva dato prova di sentimenti nobili e leali. Non uno?... ! uno c'era stato; ma per farla penare maggiormente.

«Ne ho gran piacere, Ghita mia, che tanto mi seppe male quando ho sentito dire ch'egli così ingiustamente era stato cacciato dal banco del signor Morosini.» «E si dovette penare un anno intero, che nessuno non gli volse più dare avviamento, e non si pensava alla moglie e ai cinque figliuoletti che morivano di fame.» «Ah, pur troppo il mondo è assai tristo

«E così, dice l’Ab. de Saint Non, si arricchisce un popolo di persone di affari delle quali Palermo è piena. Il diritto deve penare sovente a trovar appoggi e difensori; e la Giustizia vi è divenuta un ramo di commercio che fa colare tutto il denaro del Regno in questa citt

Uditelo come ragiona, e come difende abilmente la propria causa. Mio buono, mio caro Leonardo, te ne prego. Questa sera con Marietta.... Con nessuna, ti dico. Suvvia, contentami, non farmi penare. Non voglio saperne, m'intendi? Le mie preghiere sono inutili? Or bene, io anderò da me solo dove mi piace. Fuggirò di casa nascostamente. No, non commetterai questa imprudenza.