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Aggiornato: 2 giugno 2025
Rina a quell'annunzio avea mirata in volto la madre collo sguardo attento, interrogante, di chi udendo cosa straordinaria e nuova, ne chiede conferma a quegli in cui per costume ha intiera fidanza: quando vide la madre dopo un istante di titubamento alzare gli occhi ver' lei con certa espressione di compiacenza, quasi dir volesse che assecondava volenterosa le richieste del marito, ella abbassò i suoi al terreno, suffuse le guancie di un vivo rossore. Il pensiero di rivedere l'oggetto di sue arcane speranze, l'oggetto ch'ella s'aveva sempre presente come l'immagine d'un sogno prediletto che si conosce non potere diventar mai vivo e reale, ma che pure forma la soavit
O voce ch'io credeva udir dal suolo Sorger vêr me con un mesto susurro, Piomba dall'alto invece e per l'azzurro Fino quaggiù discendi ratta a volo! Volsi lo sguardo al ciel l'orecchio invano Tesi aspettando l'implorata voce. Scordavo il duol della vicina croce, Ma il verbo non venìa dal ciel lontano.
L'Ericio Puteano, autore d'una Istoria Cisalpina, fece cenno di quel Castello colle seguenti parole: Era una rocca sovra una scabra ertezza posta come a vedetta di tutto il lago, di triplice lorica e di altrettanti castelli provveduta . E veramente la falda di monte su cui si erigeva quel forte venne da lui a buon diritto chiamata una scabra ertezza a causa della natura del sasso di cui va composta, e di sua alpestre configurazione. Sulla sponda occidentale del lago, da Rezzonico a Musso, le montagne si dirompono scendendo all'acque in valloncelli e pianerotoli coperti d'erbe e di piante; ma poco a settentrione dell'ultimo Borgo si scorge il monte nudo, erto, petroso protendersi lungo il lago per un tratto considerevole. Dall'un lato si stanno con Musso altre picciole terre disseminate pel pendío, dall'altro la montagna s'interna con rapido rivolgimento quasi ad angolo retto ver ponente formando un seno o piuttosto un golfo contornato da verdeggiante pianura, che si stende da Dongo a Gravedona. Questa schiena di monte, che s'appellava ne' passati tempi la Montagna del Castello, ed ora che le mura di esso stanno diroccate al suolo, vien detto il Sasso di Musso, è formata d'una pietra bigia, ruvida, spugnosa, congiunta così come fosse un solo gran masso, su cui allignano pochi sterpi e bronchi radicati nelle screpolature, entro cui le pioggie infiltrano un minuto terriccio. Due vallette tagliano di prospetto la fronte di quel gran sasso, l'una ver Dongo, che nomasi la Val-orba, in fondo alla quale stagnano acque nereggianti; l'altra, la Val-del-merlo, più della prima angusta, ma fruttosa in suo seno d'ulivi. Vicino a quest'ultima, dalla parte di Musso, sovra alcuni rialzi che formano un profilo distinto del monte, s'erigeva il Castello, ossia i varii forti che il componevano: poichè dalla notabile altezza dove trovavasi il maggior fabbricato ch'era la vera rocca, scendevano baluardi, mura e torri non interrotte sino alla strada, chiudendo altre rocche, ed alla strada congiungevansi per mezzo dell'arco, ch'era la Porta di Musso, alle mura del Porto, che s'avanzava co' suoi moli nel lago. Siccome que' forti che formavano il Castello, erano stati in tante riprese da diversi dominatori costruiti, e in epoche disparate ampliati e precinti di bastioni e di vedette, mostravano nelle varie foggie architettoniche di loro torri e finestre, nel colore delle mura l'indole e la distanza delle et
porsi ver’ lui le guance lagrimose; ivi mi fece tutto discoverto quel color che l’inferno mi nascose. Venimmo poi in sul lito diserto, che mai non vide navicar sue acque omo, che di tornar sia poscia esperto. Quivi mi cinse sì com’ altrui piacque: oh maraviglia! ché qual elli scelse l’umile pianta, cotal si rinacque subitamente l
<<Ecco di qua, ma fanno i passi radi>>, mormorava il poeta, <<molte genti: questi ne 'nvieranno a li alti gradi>>. Li occhi miei ch'a mirare eran contenti per veder novitadi ond'e' son vaghi, volgendosi ver' lui non furon lenti. Non vo' pero`, lettor, che tu ti smaghi di buon proponimento per udire come Dio vuol che 'l debito si paghi.
che' Guiglielmo Borsiere, il qual si duole con noi per poco e va la` coi compagni, assai ne cruccia con le sue parole>>. <<La gente nuova e i subiti guadagni orgoglio e dismisura han generata, Fiorenza, in te, si` che tu gia` ten piagni>>. Cosi` gridai con la faccia levata; e i tre, che cio` inteser per risposta, guardar l'un l'altro com'al ver si guata.
Benedico le vittorie In onor dei Veri eterni, E il prosaico vestimento Dei filosofi moderni; Benedico dei presenti La volgar monotonia; Nella scienza e nei negozii Trovo ancor la poesia! Penso, è ver, che in tutti i secoli Si pareggian beni e mali; Che gli umani desiderii Han confini sempre eguali.... Ma davver sono contento Di non viver nel trecento. Agosto, 1876.
Al mio fallire ammenda fian lieve i detti, è ver; ma in fama forse tornar potrammi alto morire. NER. In fama io ti porrò, qual merti...
Cupido di ferir scendea fischiando Ver la sinistra tempia il crudo acciaro; Ma con la spada avvicinarlo quando Fernando il rimirò, favvi riparo; Poscia la destra e l'affilato brando Volge a col
Oh quali io vidi quei che son disfatti per lor superbia! e le palle de l’oro fiorian Fiorenza in tutt’ i suoi gran fatti. Così facieno i padri di coloro che, sempre che la vostra chiesa vaca, si fanno grassi stando a consistoro. L’oltracotata schiatta che s’indraca dietro a chi fugge, e a chi mostra ’l dente o ver la borsa, com’ agnel si placa,
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