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Tra questa folla in cento abiti, dalle foggie date dalla nostra Chaillon alle vestaccie affagottate delle alpigiane tirolesi, tra il sonare di otto o dieci lingue e la babele di cento dialetti, fra il va e vieni delle carrozze, il tempestare delle unghie degli asinelli, e gli inviti: paron! paron! paron! io non so dirvi chi sono e dove sono i Recoaresi.

Andavano innanzi, aprendo il corteggio, gli araldi delle Compagnie di ciascun’arte, sopra cavalli bardati in foggie tutte bizzarre, come le vesti loro; parte suonando le trombe, parte i tamburelli; e ciascuno con una piccola banderuola in asta che sorpassavagli il capo, portante l’insegna dell’arte propria. Seguivano poi a piede, riccamente vestiti, i rettori delle arti maggiori coi loro componenti e coi loro gonfaloni, tutti intorniati di fiorite ghirlande. Nel centro appariva il gran maio portato in alto da un nerboruto garzone vestito di rosso, cui facevan corona giullari saltanti che percotevano nacchere e sistri: quindi una schiera di senatori di pifferi, di flauti, di nacchere (una specie di timpani), di cenamelle (stromenti a fiato) e di mandolini. Poi un’altra di sonatori di cembali, di crotali, di viole, di arpicordi, di trombe, di cornamuse, che dividevano il gruppo dei cantori delle ballate. Si chiudeva il corteggio coi rettori delle arti minori, loro consorti e gonfaloni; cui dietro faceva pressa una festante popolazione. Lungo la strada non era tabernacolo sacro che non avesse accesi più lampadari, e non fosse attorniato da festoni di freschi fiori. Costume che in questo giorno nella citt

Sarebbe piuttosto il caso di una lunga fermata all'Hôtel des Invalides, monumento ed istituzione ugualmente ammirabili, e per stessi, e pel museo d'armi e d'armature, che v'è annesso, dalle accette di selce fino alla mitragliatrice, dagli arnesi del guerriero gallo fino ai calzoni corti del soldato di Sambre-et-Meuse, con una giunta ricchissima di tutte le foggie antiche e moderne dei combattenti d'ogni parte del mondo. Ma anche questa sarebbe archeologia, e voi vorrete ormai tornare allo studio del vivo, magari anche uscir fuori da questo commercio epistolare. Prendiamo una via di mezzo; vi parlerò degli Invalidi, che abitano ancora l

Questa vecchia ottuagenaria Va affermando esser fanciulla! Questo mostro d'ambizione Vi domanda un mozzicone! Questo semplice artigiano Vuole onori da sultano! Una donna, melanconica E dal volto deformato, Vi susurra: "Dunque, Emilio, "Non m'inganno!... Sei tornato!" Ed un'altra, in foggie strane, Si rimbocca le sottane Al disopra dei ginocchi, Ammiccandovi degli occhi!

PANFAGO. Or vadansi ad appicar tutti coloro che non credono che amore non basti a trasformar gli uomini in strane foggie; poiché tu da libero e bianco sei divenuto nero e ti lasci vender come vil schiavo. PIRINO. Dimmi, Panfago, potrei esser riconosciuto da alcuno?

Ma di arrivare fin presso al combattimento non era speranza; onde, ficcatisi sotto un portico, sostenuto da una colonna di porfido egiziano e da una greca scanalata, un po' colle buone e un po' colle brusche salirono sovra certe are, qui portate dall'Attica, e poterono dominare quella folla di teste, parte nude, parte coperte colle più varie foggie del mondo, dal vistoso turbante del Levantino al positivo berretto del Veneziano; dalle ondeggianti piume del cavaliere provenzale, all'abborrita reticella gialla dei poveri Ebrei; dal tòcco di velluto ad oro dei baroni napoletani, al cappuccio arrovesciato dei Milanesi, che si erano posti fra i primi per testimonj alle prodezze del loro compagno.

Costretti que' patrizi a presentarsi alla corte del re, dove il lusso e la magnificenza erano al massimo grado, volendo mostrarsi da meno degli altri, troppo facilmente erano spinti a gettare in un mese il reddito di un anno, e quell'oro così lautamente sparso a colmare le mani parigine, venne per la prima volta, defraudato alle lombarde, che tosto subirono la grave influenza dell'inaspettata privazione. Compiaciutisi nella loro colpevole leggerezza, a scimiottare, in quel tratto di tempo che dimoravano in Francia le foggie di col

Dopo la riforma religiosa, che ebbe principio colla distruzione di Roma, due foggie di preti, il bianco ed il nero, simboleggiarono distintamente la chiesa novella e la antica, le superstizioni del passato e la fede dell'avvenire. I preti della chiesa riformata vestirono la tunica bianca come gli antichi leviti.

Tutt'a un tratto avvicinandomi alla prora del bastimento, dove sono le terze classi, feci una gratissima scoperta. V'era un gruppo di contadini, uomini e donne, vestiti alla zelandese, non ricordo di quale isola, poichè il costume cangia da isola a isola, come cangia il dialetto, che è un misto d'olandese e di fiammingo, se pure si può dir così di due linguaggi che non hanno che piccolissime differenze. Gli uomini erano tutti vestiti ad un modo. Avevano un cappello di feltro, rotondo, con un gran nastro ricamato; una giacchetta di panno scuro, stretta, corta da coprire appena il fianco, aperta in modo da lasciar vedere una specie di panciotto listato di rosso, giallo e verde, chiuso sul petto da una fila di bottoni d'argento l'uno che toccava l'altro, come gli anelli d'una catena; un paio di mezzi calzoni di panno, del colore della giacchetta, stretti intorno alla vita da una cintura munita d'una gran borchia d'argento cesellata; e infine la cravatta rossa e le calze di lana fino al ginocchio. In somma, un po' preti dalla cintura in giù, e dalla cintura in su un po' arlecchini. Uno di essi aveva per bottoni delle monete: uso assai comune. Le donne avevano un cappello di paglia della forma d'un cono tronco, altissimo, che pareva un secchiolino rovesciato, intorno al quale svolazzavano dei larghi nastri azzurri; una veste di color scuro aperta sul petto che lasciava vedere una camicia bianca ricamata; le braccia nude dal gomito in giù; e due enormi orecchini d'oro o dorati di varie forme stravaganti, che sporgevano innanzi fin sulle guancie. Per quanto mi sforzassi di fare come fa Vittor Ugo in viaggio, di ammirar tutto come un bruto, non riuscii a persuadermi che quelle foggie di vestire fossero belle. Ma a questa sorta di contrariet

Lo Champagne è un pittore di quel Seicento, che fu così manierato in arte, così amico dei panneggiamenti spezzati e svolazzanti e delle posture acrobatiche; ma del Seicento non ritragge nulla, e lo si direbbe piuttosto un pittore di dugent'anni più addietro, se le foggie de' suoi modelli non tradissero l'et