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Intanto, pur allor che senza asprezza Un cor religïon fervido porta, Consüetudin mai di vil mollezza, per , per altri unqua sopporta. Poco gl'incanti della vita apprezza Chi di celeste amor l'alma conforta: Giorni in secreto mena penitenti, E se bello è il rischiar, corre ai cimenti.

POLINICO. Deh! deh! Orsú! Non voglio con un servo... LIDIO. Orsú! Fessenio, non piú. FESSENIO. Non minacciare: ché, benché io sia vil servo, anco la mosca ha la sua collora; e non è picciol pelo che non abbi l'ombra sua, intendi? LIDIO. Taci, Fessenio. POLINICO. Lassami seguire con Lidio, se ti piace. FESSENIO. E del buon per la pace. POLINICO. Ascolta, Lidio.

Allor la vil perfidia Del mondo io ricordando, Dare ai profani gioliti Giurava eterno bando, E con insonni p

E mentre le atterrite alme plebee Il vil livor depongono, e commosse Pregan per lui che l'ultim'aure bee, Con dolcezza rammentan com'ei fosse Modesto in sua possanza, e come pure L'altrui miseria a piet

Quinci addivien ch'Esau` si diparte per seme da Iacob; e vien Quirino da si` vil padre, che si rende a Marte. Natura generata il suo cammino simil farebbe sempre a' generanti, se non vincesse il proveder divino. Or quel che t'era dietro t'e` davanti: ma perche' sappi che di te mi giova, un corollario voglio che t'ammanti.

PILASTRINO. Tu non neghi, adunque, essere in grande errore? CRISAULO. Errore. Ah quanto fòra 'l meglio esser nato in vil capanne, talora, e in boschi che ne l'alte case! Chi nol pruova nol sa. PILASTRINO. Cosí sarebbe piú felice 'l mio stato assai che 'l tuo; ché non mi truovo un soldo. CRISAULO. Senza dubbio. PILASTRINO. È meglio, adunque, che cangiam gli stati e le fortune.

PANFAGO. Or vadansi ad appicar tutti coloro che non credono che amore non basti a trasformar gli uomini in strane foggie; poiché tu da libero e bianco sei divenuto nero e ti lasci vender come vil schiavo. PIRINO. Dimmi, Panfago, potrei esser riconosciuto da alcuno?

chiunque te pur una volta mira, sente sgombrar da l'alma ogni vil voglia, e arder tutta di celeste amore. Dunque ver me col divin raggio spira del disiato tuo santo favore, ch'io voli al Ciel con la terrena spoglia.

Signor giudice, proruppe Monti passando dall'umiliazione allo sdegno, io posso confessare le mie azioni, ma non quelle degli altri. Se così facessi, io mi renderei un vil delatore! Ma io vi prevengo, figlio caro, che la vostra confessione non può valer nulla, proprio nulla, vedete, se non è piena ed intera; e, come vi ho detto, non può chiamarsi tale se non dite anche i nomi dei vostri compagni.

Tanto affanno, diss'ei, tanto quì sento Sparso dolor, perchè l'ignobil terra D'isola angusta altri n'usurpi e spento Caschi un sol Duce e senza biasmo in guerra? Non di danno vil tempra il tormento Il mondo immenso, e l'Ocean, che 'l serra? Ove ad un cenno sol tanto reggete, Che certo Rodi disprezzar potete?