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Aggiornato: 28 maggio 2025
POLINICO. Deh! deh! Orsú! Non voglio con un servo... LIDIO. Orsú! Fessenio, non piú. FESSENIO. Non minacciare: ché, benché io sia vil servo, anco la mosca ha la sua collora; e non è sí picciol pelo che non abbi l'ombra sua, intendi? LIDIO. Taci, Fessenio. POLINICO. Lassami seguire con Lidio, se ti piace. FESSENIO. E dá del buon per la pace. POLINICO. Ascolta, Lidio.
S'ella se lasserá prendere, che mi pare omai di sí, io la spinnerò di maniera che bene ne staranno un pezzo i fatti miei. Per mie' fé, che anche io mi saperrò dar buon tempo e vorrò del buono. Oh! oh! che ventura! Ma che donna è quella che mi accenna? Non la conosco. Lassami accostar piú a lei. RUFFO negromante, FANNIO servo vestito da donna. RUFFO. Oh! oh! oh!
E ben ho fatto a bastemiar quella perché questa qua è Santilla mia, non quella. Buon dí... volsi dir, buona sera. In fede mia, la non è dessa: m'ingannavo. La è questa qui. Mai non è. Ella è pur quella: lassami ire da lei. Anzi, è pur questa. Parole! Ell'è quella. Or questa è la vita mia. Anzi, è pur quell'altra. Anderò da lei. LIDIO maschio. Pillera!
Oh che commoditá! oh che piacere mi fa! Ogni cosa comincia andarmi prospera. Lassami spingere fuora questo uccellaccio acciò che io libera resti. FESSENIO. Ti so dir che questi amanti ristoreranno il tempo perso. E, se Lidio fia savio, doverrá ben fermarla alla cosa di sua sorella, se mai si ritrovassi. Calandro non sará in casa. Hanno viso per grande spazio sollazzarsi insieme.
PANIMBOLO. A te ho detto quanto bisogna far per non esser appiccato. LECCARDO. A tutti doi voi io lo posso insegnare. DON FLAMINIO. Che dici eh, Leccardo mio? LECCARDO. Che volete che dica? tanti presenti, tante carezze, tante promesse farebbono pormi ad altro pericolo di questo; ma lassami retirar in consiglio secreto. Leccardo, consiglia un poco te stesso: sei in un gran passo.
SAMIA. Entra presto, Ruffo, e va' da Fulvia lá in quella camera terrena; perché, su di sopra, è Calandro pecora. SAMIA serva, FESSENIO servo. SAMIA. Ove vai, Fessenio? FESSENIO. Alla padrona. SAMIA. Non puoi ora parlarli. FESSENIO. Perché? SAMIA. È col negromante. FESSENIO. Deh! lassami entrare. SAMIA. In fine, non si può. FESSENIO. Son tutte bubole. SAMIA. Bubole son le tua.
Lassami partire di qui perché, vedendomi Fulvia, pensería che io fermo mi ci fussi per vedere il suo negromante; che esser deve quel che esce di casa. RUFFO negromante solo. La cosa procede bene. Io spero ristorare le miserie mie e uscire di questi stracci perché la mi ha dati di buon denari. Non potrei piú bel giuoco avere alle mani.
Io posso andarmi a spasso. Ma oh! oh! oh! Vedi Calandro che vien fuora. Lassami discostar di qui perché, fermandosi a parlare qui meco, potria veder Lidio che omai deve arrivare. CALANDRO, LIDIO maschio, LIDIO femina. CALANDRO. Oh felice giorno per me! che non ho prima el piè fuor de l'uscio che vedo apparire il mio galante sole e verso me venire. Ma, oimè! Che saluto gli darò io?
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