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Aggiornato: 22 giugno 2025


42 Oltr'a queste e molt'altre ingiuriose parole che gli usò la donna altiera, ancor che mai Ruggier non le rispose, che di vil tenzon poco onor spera; con le sorelle tosto ella si pose sul legno in mar, che al lor servigio v'era: ed affrettando i remi, lo seguiva, vedendol tuttavia dietro alla riva.

SENECA Bada, Neron; piú che ingannar, t'è lieve Roma atterrir: l'uno assai volte festi; l'altro non mai. NER. Ma, di te pur mi valsi ad ingannarla io spesso; e a ciò pur eri arrendevole tu... SENECA Colpevol spesso anch'io: ma in corte di Nerone io stava. NER. Vil servo... SENECA Il fui, finch'io mi tacqui; or sorge il , ch'io sciolgo a non piú intesi detti libera lingua.

La vergine real, come orgogliosa, E da ciascuno ad ammirarsi avvezza, Quando meno il pensò, quasi vil cosa, Sentendo disprezzar la sua bellezza, Vassene fuor di se; pensa sdegnosa Vendicarsi di lui, che la disprezza, Pensa preghiera rinnovare ardente, Ma d'ogni suo pensiero indi si pente.

Voi de la terra al fin, voi degli immensi Campi del mar, voi raggirate il freno; Se lo scettro del ciel per voi non tiensi, Con sforzo orrendo il combatteste almeno; Su generosi, alto levate i sensi, Di magnanimi spirti empiete il seno, Sgombrisi ogni timor, poco vi caglia, Divi del mondo, una vil battaglia.

Poi passò in Grecia, v'assalí Pompeo, il vinse e distrusse a Farsaglia . Pompeo fuggitivo approdò in Egitto e vi fu morto dal vil re Tolomeo. Cesare ve l'inseguí; e rivoltosi contro al re assassino, ma distratto dall'amor di Cleopatra sorella di lui, vi rimase e perdé sei mesi.

141 La donna in suo discarco, ed in vergogna d'Anselmo, il capo gl'intronò di gridi, dicendo: Come te punir bisogna di quel che far con vil uom ti vidi, se per seguir quel che natura agogna, me, vinta a' prieghi del mio amante, uccidi? ch'era bello e gentile; e un dono tale mi fe', ch'a quel nulla il palagio vale.

E abborre l'angiol vil che il seducea, L'angiolo vil che invano ognor gli grida: «Nulla tu sei che argilla stolta e reaTaci, bugiardo spirto! Iddio m'affida: Ei non m'ha tolto, come a te, l'amore: Uom si fe' perch'io 'l veda ed abbial guida. Servo a lui son, ma sono a te signore; Mal cangi astutamente e viso e manto, Per trarmi fra tuoi schiavi al tuo dolore.

Ella avendo a' sospir le labbra aperte Dal nobil cor tale risposta porse: Che per lo sangue mio fosser sofferte Viltati indegne il Sole unqua non scorse, soffrirò, che per innanzi ei scorga, Ch'a vil catena queste braccia io porga.

E l'adolescente cominciò in questo modo a cantare: Prodi, orsù; per la terra natia Il bel della gloria spuntò. Contro noi la tirannide ria Lo stendardo sanguigno levò. Udite voi? L'empie coorti Van ruggendo per l'arso terren; Vengono, vengono, sul vostro sen A sgozzarvi figliuoli e consorti. All'armi, cittadini Stretti a drappel moviam! Corriam, d'un sangue vil Que' solchi abbeveriam!

91 Il pianto e 'l grido insino al ciel saliva, d'alta ruina misto e di fraccasso. Affretta, ovunque il suon del corno arriva, la turba spaventata in fuga il passo. Se udite dir che d'ardimento priva la vil plebe si mostri e di cor basso, non vi maravigliate, che natura è de la lepre aver sempre paura.

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