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Aggiornato: 8 maggio 2025


Bice non mangiava quasi. Un sorriso sembrava circondarle di un'aureola il magro viso di monaca dagli occhi stellanti e dal gran naso ducale sulla piccola bocca, una delle sue più dolci bellezze. La sua fronte si perdeva sotto un nimbo di ricciolini nerissimi, ai quali il pallore del volto e il bianco della vestaglia, indossata appunto per il pranzo, davano un insolito risalto, sfumando di una intenzione di grazia l'angolosit

Enrico Pietrasanta aveva ragione: i capegli della marchesa Ginevra erano castagni, fini ed abbondanti, e, rischiarati in diverse guise dai riflessi della luce, componevano quasi un'aureola intorno ad un bel viso bianco perlato, alle carni stupende, senz'ombra di rosso o di giallo, senza soverchio di grassezza, che vincevano al raffronto la celebrata carnagione della Enrichetta Corani.

«In epoca non lontana che con stolida jattanza intitolossi civile, l'assassino era condannato a morire per mano del carnefice sulla piazza, al cospetto di un popolo, che assisteva a quella scena di sangue come a spettacolo giocondo. Il delitto punito col delitto, in luogo di moralizzare le masse, le abituava al ribrezzo dell'orribile vista. Il popolo fu veduto ammirare ed applaudire al cinismo del condannato. Sul palco di morte il delitto parve circondarsi di un'aureola gloriosa la vittima fu compianta, il boia imprecato. E nondimeno, a quell'epoca, molti eminenti legisti facevano l'apologia della forca. I più miti, riconoscendo l'immoralit

Un giorno i coniugi Paglini stavano soli nel loro camerino. Bastiano lavorava al banchetto, e Maddalena in un canto rattoppava le sgualciture d'una sottana. Il volto della povera donna pallido più del consueto era di molto dimagrato; gli occhi rossi circondati da un'aureola turchiniccia dimostravano d'aver sparse molte lagrime.

È un ferro contornato da un'aureola di chiodi osservò il marchese. E questa invece che cosa esprime? domandò la Elisa. È un mezzo qualunque per esprimere la propria passione pei cavalli soggiunse il marchese. Ah, se è così disse la Elisa io temerei ch'egli dovesse amare più i cavalli di sua moglie. Quel motto del maniscalco fece il giro delle conversazioni milanesi.

Quanto al servo del conte, comprendendo che il suo padrone era di cattivo umore, malediva alla pioggia, ed usciva dalla sua abituale placidezza. Ma verso sera le nubi si diradarono come per incanto; un vento impetuoso le aveva scacciate in pochi istanti; il cielo tornò sereno, ed il sole apparve circondato da un'aureola dorata, splendido e puro. Mai esso era giunto caro al conte di San Giorgio.

Il terzo ricordo, fra quelli delle donne che egli aveva amate, era un ritratto, una fotografia grande, sbiadita, con una dedica i cui caratteri anche si erano scolorati. Rappresentava una donna di un ventotto anni, forse, dalla fisonomia capricciosa e seducente: certi grandi occhi con le ciglia molto lunghe: un nasino troppo piccolo: una bocca ridente: una massa di capelli bruni, ondulati. Era vestita in un costume bizzarro, da ballo mascherato, cioè trifoglio: aveva una gonnella un po' corta, di raso bianco, su cui era applicato un gran trifoglio di velluto nero: sul bustino di raso bianco, sul petto, era ricamato un trifoglio nero, di perline: e la gran collana di perle era rialzata, al collo, da un trifoglio di brillanti. Anche sui bei capelli ondulati, ella aveva un diadema di gemme e una specie di cappellino o di cappellone di velluto nero, a tre foglie, che ella portava come una cornice, come un'aureola. La dedica diceva: Charles, je t'adore Mimì. Il curioso signore, appunto, si chiamava Carlo, ed ella Mimì, un nome vero o falso, chi sa! Falsa senza altro, era la frase della dedica, giacchè Carlo, infatti, aveva adorato Mimì, ma Mimì non aveva adorato lui, amato, niente. Così, senza una ragione al mondo! Ella aveva avuto molti altri amanti, ad alcuni aveva voluto del bene, non era una creatura arida: ma a Carlo, pur dandosi, ella non aveva concesso nulla. Si era data per gentilezza, per compassione, per distrazione, per ozio, perchè, anche, era inutile negarsi, anche perchè Carlo era un amante generoso. Ma amore, Mimì, per Carlo, mai! Oh egli lo sapeva bene, a malgrado le pietose e scaltre menzogne di Mimì, che egli gittava invano la sua passione, la sua salute, il suo tempo, il suo denaro: la donna si dava, ma egli non era amato. Tante volte, glielo diceva, a Mimì: le chiedeva, perchè essa non potesse volergli bene, un poco volergli bene d'amore, naturalmente. Ella si rattristava, perchè era buonina: rispondeva, senza aver il coraggio di mentire: non so. Un sacrifizio costante, una fedelt

La coscienza di Nino lo guardava con una faccia divenuta più nera e più irritante; ma le voci bianche ed acute dei suoi desideri gli squillavano nel cuore: «Non bisognava dimenticare ch'egli aveva dei doveri verso stesso e verso altri. Dei doveri verso suo padre che desiderava di vederlo normalmente e regolarmente stabilito vicino a lui; aveva dei doveri verso Valeria»... Anche quì Nino sviò rapidamente il corso dei suoi ragionamenti. «Aveva dei doveri verso Nancy, verso la piccola innocente meravigliosa Nancy, che bisognava salvare dalle insidie dei mascalzoni corteggiatori, dei letterati e poetucoli affamati, che per farsi un'aureola della sua gloria, per arrampicarsi a una facile celebrit

Bravo Mario! esclamò mostrando il disegno. È la prima volta che ha fatto qualche cosa di buono. Non era una delle solite caricature, ma il disegno rappresentava Maria colla sua faccia dolce da madonnina, ed un'aureola intorno al capo come una santa, e ai suoi piedi i suoi fratelli in atto di adorarla, promettendo d'esser buoni per far contenta la loro mammina. Bravo! gridarono tutti in coro.

Era pur bella, così bionda, così bianca; era abbagliante.... e così audacemente scollata non appariva invereconda: le perle, i brillanti, le vecchie gemme dei Casalbara, l'avvolgevano come di un'aureola, di un ammanto che imponevano l'ammirazione e il rispetto. Pietro la guardava, continuava a guardarla....

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