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Aggiornato: 29 giugno 2025
Don Alberto non si mostrò gran che entusiasta di far da cavaliere alla sorella, ma accettò, e i due cognati entrarono insieme nella sala da pranzo dove la duchessa discuteva con l'Onorati rispetto al luogo di nascita del famoso cardinale Urbani, e donna Camilla leggeva l'Osservatore Romano. Como mai sei qui? diss'ella al fratello.
Dopo lo scontro si sarebbero stretta la mano, e così sarebbero stati subito buoni amici, per diventare presto cognati... Chi invece lo doveva inquietare parecchio era Sua Eminenza! Chi sa come avrebbe accolta quella notizia; perchè su certi argomenti, lo zio Cardinale non era punto di manica larga.
Mentre che l'uno spirto questo disse, l'altro piangea; si` che di pietade io venni men cosi` com'io morisse. E caddi come corpo morto cade. Inferno: Canto VI Al tornar de la mente, che si chiuse dinanzi a la pieta` d'i due cognati, che di trestizia tutto mi confuse, novi tormenti e novi tormentati mi veggio intorno, come ch'io mi mova e ch'io mi volga, e come che io guati.
Ciò accadde al dopo pranzo, e verso sera i nuovi ospiti si rimisero in viaggio per Epurville, ove sollecitarono i cognati di andarli a trovare, ma più nella lusinga di far pompa di magnificenza, che per desiderio di farne lor fruire le bellezze.
Questa apprese così che la Lisa e Battista non si trovavano da nessuna parte, che all'alba era venuto il servo del signor Lograve con un biglietto pel signor Cesare e che poco dopo i cognati erano usciti insieme. Dov'erano andati? Ah! la cuoca non lo sapeva, perchè dalla sua cucina non aveva potuto vedere da qual parte si fossero diretti. Matilde mandò un gemito. Era certo che la provocazione era venuta con quel biglietto di Emilio, e che il duello doveva aver luogo, forse succedeva in quel momento, forse gi
Mentre che l'uno spirto questo disse, l'altro piangea; si` che di pietade io venni men cosi` com'io morisse. E caddi come corpo morto cade. Inferno: Canto VI Al tornar de la mente, che si chiuse dinanzi a la pieta` d'i due cognati, che di trestizia tutto mi confuse, novi tormenti e novi tormentati mi veggio intorno, come ch'io mi mova e ch'io mi volga, e come che io guati.
Di questi il primo, nato di gran legnaggio, nella terra di Scalea in Calabria , imparentato colla siciliana famiglia de' conti d'Amico, e signor di feudi in Sicilia e in Calabria , venuto era fanciullo seguendo la regina Costanza, con madonna Bella madre sua, nutrice della reina; e a corte d'Aragona si era educato nelle armi e nelle astuzie. Pietro molto amore gli pose; il fe' cavaliere con Corrado Lancia, giovanetto congiunto della reina; e una sorella di Corrado a Ruggiero sposò. I due cognati prestantissimi si fecero in armi: e avvenne che Corrado, pria dell'altro che tanto dovea vantaggiarlo di gloria, ebbe nome, e segnalossi capitan di navi catalane, in fatti audacissimi sopra Saraceni . Giovanni di Procida per altra via più combattuta venne in grazia al re d'Aragona. Nacque costui, o fu allevato in Salerno; ebbe alto stato appo l'imperator Federigo e Manfredi, e oltre il feudo di Procida molti beni allodiali in Salerno; fu medico assai riputato ; e tradusse dal greco in latino, o compilò in latino, le massime di filosofia morale degli antichi sapienti . Narrano alcuni, a ringrandir Giovanni e rendere più patetici i suoi casi, che volontario ivane in bando, trafitto di mortal rancore perchè uomini francesi per violenza contaminasser la moglie e la figliuola di lui, uccidessero il figlio che difendeale; e di tanto misfatto negassegli giustizia il re . Ma non sì drammatico appar questo esilio dai documenti, che attestan Giovanni fatto ribelle innanzi il milledugentosettanta, probabilmente per la guerra di Corradino, e se gittan qualche barlume su i suoi domestici torti, dan luogo a tal sospetto più tosto dopo l'esilio che innanzi . Come noto nella corte di Manfredi, Giovanni cercò asilo appo la reina Costanza in Aragona; ov'ebbe da Pietro le signorie di Luxen, Benizzano, e Palma; cortigiano suo fidatissimo divenne, e consigliere : ch'uomo fu di molta saviezza e dottrina, aguzzato anco la mente da un intenso odio, e dalle aspre sue vicende ammaestrato a maneggiare questi sì vari e sfuggevoli animi degli uomini. Quegli usciti, dall'amaro soggiorno in corte straniera non volgendo altro nell'animo che la patria loro e la vendetta contro quella rea mano che li cacciò, forte stigavano il re. Tritavan insieme con esso le condizioni delle cose; la mala contentezza de' popoli in Sicilia e Puglia; la tirannide stolta di Carlo; i disegni del papa; i timori del Paleologo: aver questi oro e non armi; Aragona il contrario; Roma saette d'altra tempra: s'accozzerebber pure; battesse l'ali questo Carlo, gli aggiusterebbero il colpo. E spiavan, vegliavano; ad ogni nuovo eccesso di Carlo, spuntava nel cupo consiglio d'Aragona un sorriso . Memorabil epoca in cui i quattro principi che tenean la più parte delle regioni europee bagnate dal Mediterraneo, furono ad un medesimo tempo di gran valore, e di grandi vizi, degni se non di lode, certo di fama. In Oriente il Paleologo, usurpatore, ma ristorator d'un impero, fraudolento più che forte, tremava di re Carlo. Questi agognando a tal vastit
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