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Aggiornato: 5 maggio 2025
Pio IX, e questo parmi sicuro, inebriato dagl'incensi non seppe quello che per lui si operava: a mo' del fanciullo improvvido aperse la cannella alla fontana; poi spaventato della foga dell'acqua gli mancò la forza di girare la chiave. Chi è che non ricorda le magnifiche parole da disgradarne Tirteo, e che il Byron stesso gli avrebbe invidiato: «gli avvenimenti, che questi due mesi hanno veduto con sì rapida vicenda succedersi ed incalzarsi non sono opera umana. Guai a chi in questo vento, che agita, schianta, e spezza i cedri e le roveri non ode la voce del Signore! Guai all'umano orgoglio se a colpa od a merito di uomini qualunque riferisse queste mirabili mutazioni, invece di adorare gli arcani decreti della Provvidenza, sia che si manifestino nelle vie della giustizia, o nelle vie della misericordia, di quella Provvidenza nelle mani della quale sono tutti i confini della terra! E Noi a cui la parola è data per interpretare la muta eloquenza delle opere di Dio, Noi non possiamo tacere in mezzo ai desideri, ai timori, ed alle speranze che agitano gli animi dei nostri figliuoli. E primo....» ma io dal gran piacere, che ne sento copierei tutta questa allocuzione papesca del 30 marzo 1848, e farei opera inane, imperciocchè tutta Italia ricordi come in essa il Papa tirata prima l'acqua al suo mulino esultando per le garbatezze usate in taluni luoghi ai preti, e contristandosi pei bistrattamenti che ne menarono in taluni altri benediceva a due mani le vittorie cittadine dei Milanesi, e dei Veneziani contro gli Austriaci; anzi ne accertava di ottima riuscita a patto che stessimo fermi a catena del prete. Ciò posto in sodo i Panegiristi di lui, che s'industriano con estremi conati a chiarire com'egli Papa, prima, e dopo cotesta allocuzione camminasse a sghimbescio pel cammino della libert
Del rimanente contagio è codesto comune a quasi tutta Europa, e con tante istituzioni e che so io, si è giunto ovunque a rendere di un calore uniforme i prodotti delle varie intelligenze. I guardacosta del preteso buon gusto, più oculati di un assistente di dogana, vegliano assidui sui contrabbandi delle fantasie d'oggidì; immobili come un dio termine, incorruttibili come la sentinella che mise la baionetta alla vita di Bonaparte, gridando tuttodì all'umano ingegno: On ne passe pas di qui non si passa. Almeno fossero stati tenaci di questo sistema, anche allorquando trattavasi di lasciar com'erano le cose vecchie nelle quali la storia era inviscerata; ma per una strana combinazione allora appunto se ne dimenticarono; però sar
L'acqua, ch'è un elemento di tanta importanza all'umano vivere, perché abbonda quasi per tutta la terra, non vale cosa alcuna, e con ragione si lamentavano gli ebrei nella cattivitá di Babilonia di doverla comprare; ed una minestra sola a Esaú fu piú cara che la primogenitura, mentre argomentava da sé il povero affamato, dicendo a Giacobbe: «En morior; quid mihi proderunt primogenita»? .
E ne avea ben donde Monsignor Corvo il più astuto e scellerato dei gesuiti di nascondersi all'umano sguardo.
O Arese, giovine buono, amico vero della virtù e degli amici, giovine che in tempi migliori saresti stato perfetto, ma che nella nostra infame corruttela ti conservasti incontaminato, ricevi un vale da quelli che ti amarono caldamente in vita, e che ora amaramente ti desiderano. Povero Calderari, tu lo amasti, tu lo desideri e tu non hai potuto vederlo, consolarlo! Egli è morto nel fiore degli anni, nella stagione delle speranze, e l'ultimo oggetto che i suoi occhi hanno veduto non è stato un amico. Egli che era degno di amici! Povero Calderari! Mia madre ed io piangiamo sopra di Arese e sopra di te. Seppi da Buttura che tu eri assiduo alla sua porta, che le tue lagrime mostravano la forza del tuo affetto, ma invano. Noi rileggiamo le lettere di Arese, quel che ci resta di lui, quello che rimane in questo mondaccio di quell'anima fervida e pura. Odi quello che egli ci scrisse nell'ultima lettera, dove traspira quasi un presentimento della sua separazione. Egli parla con mia madre e con me, e par ch'egli non abbia voluto darmi l'ultimo addio, se non unendomi con Lei che tutto divide con me, e che abbia voluto così render più sacre per me le ultime sue parole. La lettera è del mese di giugno o di luglio al più tardi: "Ho veduto con sommo dolore partire il mio Pagani. Mi rimane Calderari, che è un angelo. È veramente degno di miglior sorte e di.... Le sue disgrazie, che egli soffre con animo veramente forte, mi stringono a lui più fortemente, e mi servono di un grande esempio. Oh Giulia, Giulia! non è così rara in Italia la virtù come tu pensi!" E finisce con queste parole che mai non rileggiamo senza un fremito di dolore e di speranza: "Giulia, Alessandro, ci rivedremo certamente. Un giorno, superiori all'umano orgoglio, beati e puri ragioneremo sorridendo delle passate nostre debolezze. Addio." Oh sì! ci rivedremo. Se questa speranza non raddolcisse il desiderio dei buoni e l'orrore della presenza dei perversi, che sarebbe la vita? Calderari, noi siamo afflitti di non poter essere con te. Tu sei degno d'aver degli amici, e in noi troveresti del cuore, quello di cui tu hai bisogno. Non posso scrivere a Pagani. Egli pure deve essere conturbato. In verit
Se noi vorrem por giú gli animi e con ragion riguardare, io mi credo che assai leggermente potrem vedere gli antichi poeti avere imitate, tanto quanto all'umano ingegno è possibile, le pedate dello Spirito santo; il quale, sí come noi nella divina Scrittura veggiamo, per la bocca di molti i suo' altissimi segreti rivelò a' futuri, facendo loro sotto velame parlare ciò che a debito tempo per opera, senza alcun velo, intendeva di dimostrare.
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