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L'Ospizio di Graglia sorge a 826 m. sul livello del mare, su di un colle verdeggiante, fra monti verdeggianti, e signoreggia una pianura verdeggiante che muore nel glauco nebbioso dell'orizzonte, dall'Elvo fin oltre il Ticino e a Milano. Ed ecco le Alpi Graie, il Monviso, la catena degli Appennini, Superga, la cupola di san Gaudenzio di Novara, l'aguglia del nostro Duomo: e sotto sotto i villaggi dall'Elvo alla Serra. E per la povera penna la descrizione è finita: nel calamaio ho solo il nero sbiadito dell'inchiostro e l'acido dell'aceto, negli occhi ho il sole fulgidissimo, coloritore, diffuso, nel cuore ho una mestizia indefinita: tra gli ampi spettacoloni e la mia povera pupilla sempre si pone una lente colle iridi più care, una bella lagrima e ben calda.... Dite quello che volete: ma è così, e così ho imparato solitariamente ad amare Madre Natura. L'Ospizio ha una facciata greggia, con un piccolo corpo avanzato nel mezzo, cioè due loggiati sovrapposti a tre archi, e un terrazzo al sommo: su un fianco i mattoni addentellati promettono la continuazione dell'edificio: dall'interno s'alza una cupola di 38 metri, a foggia di un torrione. Non squilla nessuna campanetta pei nuovi venuti: non s'invoca nessun santo, si scioglie voto: chi arriva a piedi trova che l'ingresso al santuario è l'ingresso a una trattoria. L'odore delle bistecche sale su ai tre corridoi dei tre piani, ove s'allineano gli usci delle camere ospitali. La chiesa è costrutta secondo la forma di una croce greca, un po' squallida, un po' fredda, colle pitture della cupola fatte da Fabrizio Calliari e una statua in legno della Madonna. Il tutto insieme che aspetto ha? Un aspetto tranquillo, polito e, diciamolo, melanconico. A me ha fatto l'effetto di una solitudine in una gran solitudine. Il passeggiare nei freschi corritoi mi sembra una occupazione da fraticelli vecchissimi: fra il toc-toc degli orologi a torricella, le gerle delle guide che sono andate alla chiesa o a succiare l'acqua della fontana, fra i busti dei benefattori, le lapidi degli insigni visitatori, leggiamo l'uffiziolo, quieti, strascicando le ciabatte larghe, cogli occhi imbrogliati dal sonno della pace, passandoci la mano grinzosa sulla testa pelata che luccica di riflessi d'avorio.... Ah che vita!... O fraticelli, non falliamo l'uscio delle cellette: elegantissime signore vengono all'Ospizio nei mesi d'estate e d'autunno, e vi rimangono nove giorni, lasciando al decimo sui mobili la cipria rosea, e nei cassettoni quei profumi nobilissimi, indizio ch'è passato un serpente: è vero, entrando in una camera così abbandonata di fresco si è persino rispettosi dinnanzi al grande disordine sparso da una piccola manina, e si soffre caramente un ignoto abbandono, e si ama la cipria e l'opoponax. Verr

Un'altra offesa?... Non starò in piedi. Vedrai che ti terrò buona compagnia. È un'ottima intenzione, ma alquanto problematica. Puff!... Che rospo! La gran massa di capelli d'oro sbiadito è tutta arruffata ed erta sull'occipite, come un fantastico colbacco. Ella si accosta al tavolino.

Il vecchio furbo aveva data una sbirciatina alla bonaca di velluto del giovine, la quale mostrava la corda; al berretto a barca unto e bisunto che gli cadeva sull'orecchio; al cencio rosso, sbiadito, ch'aveva attorcigliato attorno al colletto della camicia d'un colore dubbio; poi gli aveva domandato con un certo tono tra il serio e il canzonatorio: Che cosa porti tu a mia figlia, buona lana?

«Dall'Affrica non ebbi carteggio col barone, con suo figlio Gasparino amico mio strettissimo. Da questo ebbi bensì una lettera, scritta, salvo errore, con inchiostro turchino sbiadito; poco prima che partissi dalla Sicilia, e quand'egli supponeva che sarei andato a Malta. Difatti in quella lettera me ne accludeva una di raccomandazione per un certo signor Mendolia negoziante in quella citt

E si fermò un momento spiando al di sopra del bosco. Tra i pini scorgevasi qualche lembo di cielo sbiadito, cinereo, uniforme, presago di temporale. Un lampo rapido rosseggiò entro il padiglione dei rami: il vento crebbe. Allora Maometto raddoppiò la corsa.

E al povero Calogero venivano le lacrime agli occhi, non per quelle parole affettuose e per la gioia della convalescenza in cui entrava il padrone, ma, di nuovo, pel terrore che c'era mancato poco ch'egli non perdesse quel suo secondo padre, come lo chiamava, a cui voleva bene più del suo vero padre da lui appena conosciuto e del quale gli rimaneva soltanto un ricordo molto sbiadito e che andava affievolendosi ogni giorno più con l'andare degli anni.

Lo trovò infatti, sebbene molto sparuto, pure col viso sereno e lo sguardo limpido e vivace come non si ricordava di averlo veduto mai, un sorriso si disegnava sbiadito sulla bocca, e la sua voce, nel dargli il benvenuto, fu calma e lieta. Ma pur troppo, l'illusione non durò che pochi istanti. Appena gli ebbe parlato per qualche tempo, si accorse del disaccordo che vi era nelle sue facolt

Conteneva dei ricordi: una fettuccia tricolore, una palla di fucile, un mazzolino di fiori appassiti, un piccolo volumetto di Tacito, stampato a Parigi nel 1665, logoro e spiegazzato agli angoli, e finalmente un piccolo astuccio di velluto turchino sbiadito.

Egli egli significa un mio amico che si chiama Augusto, ma potrebbe significare uno, due, cinque, mille fra i miei carissimi lettori egli la sera aveva chiuse ermeticamente le imposte, perchè la mattina gli piaceva dormire sul tardi. Pare uno spiraglio ci era rimasto, cioè una sottile e lunga striscia di un azzurro sbiadito che stava l

Mi volsi e vidi un camiciotto sbiadito, un volto d'arrosto, un cappellaccio di paglia: un vetturale che m'additava un'altra barcaccia sulle ruote, i cui cavalli aspettavano il turbinìo delle frustate. Tra l'attendere un'ora sotto al sole, e il mettersi in viaggio tosto, è naturale che si scelga. Detto, ascoltato, fatto.