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Ben è vero che nella novella ottava della Giornata quinta del Decamerone noi leggiamo di una pena sull'andare di questa, benché per colpa tutt'altra.

Poter del mondo! Luisa, ma sai che tu difendi il tuo Orlando Come orsa, che l'alpestre cacciatore Nella petrosa tana assalito abbia? Io te la do vinta; leggiamo, se ti aggrada, la storia di Ariodante e di Ginevra. Leggiamola pure, soggiunse don Giacomo; comecchè quella di Olindo e Sofronia mi paia troppo più mesta cosa...

Tu fai sempre complimenti con noi; disse Aminta, che aveva veduto quell'atto. No, sai? non ne faccio; rispose Gino. Ah, dico bene! Non ne sarebbe il caso; replicò Aminta. Noi intanto leggiamo bene le nostre. La mia è la lettera di un noioso; disse Gino. Ci sar

Leggiamo la terza; una lettera a stampa, un manifesto rèclame. Viene da San Secondo (Parma). In testa al foglio un majale grasso; firmato: Societ

Fabio ed io che leggiamo i giornali, che vediamo molta gente, ce ne siamo accorti da un pezzo. Piovono alla direzione le lettere degli assidui, che si lagnano dello sfogo delle ire di quell'uomo fegatoso. Non potrebbe, lei, fargli intendere la ragione? Io glielo ho detto, ma il Carrani si crede infallibile e non mi ascolta. Lei, principe, con la sua autorit

Allontanatevi, Tonino... Ah! la signorina ha ragione. Legga; io passeggio. No: restate qui; leggiamo insieme. Difatti! giacchè la lettera l'ho portata io!... Prese la lettera, l'aperse, si chinò vicinissimo alla Rigotti, e posta la testa accanto alla testa di lei, lesse sommessamente.

Leggilo pure in una qualsiasi versione: io terrò sotto gli occhi una delle edizioni tedesche che vanno per la maggiore: quella del signor Keck. E leggiamo dalla prima scena.

Dice il salmista: «Dixit et facta sunt: mandavit et creata sunt». Esso primieramente alcuna volta con visioni tocca le menti di coloro che di questa grazia hanno bisogno, come noi leggiamo di Costantino imperadore, il quale, dormendo, vide san Pietro e san Paolo, e il loro ammaestramento udí, e poi si destò dal corporal sonno e dal mentale, quello seguí, e gli errori del paganesimo tutti da cacciò.

In un articolo intitolato: Storia dei maneggi letterarii in tempo del dominio di Buonaparte, inserito, alla caduta del primo Impero, nel secondo numero del giornale Lo Spettatore, leggiamo che parecchi del così detto partito filosofico che manteneva idee repubblicane e però avverse a qualsiasi tirannide, finirono con far la corte al primo Console e poi all'Imperatore.

Questo prova che il Valcarenghi non si è fermato sul successo di quel primo lavoro, ma che ha voluto far qualche cosa di più seriamente pensato. «L'argomento è una storia triste, ma vera, uno dei romanzi umani che leggiamo nella vita d'ogni giorno. I fatti si succedono naturali ed i caratteri, per lo più, sono disegnati con cura e sempre conseguenti a lor stessi.