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Aggiornato: 26 giugno 2025
Eravate in balìa di me. Mi ricordo d’aver veduto una volta rimontare d’un tratto a galla un palombaro che aveva perduto i suoi calzari di piombo: una specie di mostro grondante. Così qualcuno è risalito nel vostro sonno, all’improvviso: quell’altro uomo, quel mostro che v’abita. Era spaventevole. E non m’era nuovo: lo conoscevo! Egli tenta di dissipare l’incanto con uno scoppio d’ilarit
son complici a l’abisso perfido che la tenta. Oh, come ella diventa livida!... oh, come fisso si fa il suo sguardo!... come arde!... ma condannato ha il figlio.
La mano convulsiva del principe tenta invano di riprendere la tazza... Se è vero che l'occhio del basilisco abbia potenza di istupidire i riguardanti, direste che il principe abbia appunto, in quella fitta compagine di parole stampate, incontrato lo sguardo del rettile fascinatore.
Si tenta l'ultimo colpo: il mio fratello lascia al famelico cane un straccio dei suoi pantaloni... E dire che sperava con questi di far tanta figura, quando sarebbe sceso a Marsiglia!
Ma questo palazzo, se la tradizione non è bugiarda, fu testimonio di una comica avventura seguita a Napoleone il Grande. Durante il suo brevissimo soggiorno in Utrecht egli occupò la camera da letto di suo fratello Luigi, ch'era attigua alla stanza da bagno. Si sa che, dovunque andasse, conduceva con sè un servitore, il quale aveva l'esclusivo incarico di tenergli pronto un bagno per qualunque ora del giorno e della notte. La sera ch'egli arrivò ad Utrecht, di malumore, come fu quasi sempre in Olanda, andò a letto per tempo, e lasciò, se per inavvertenza o per proposito la tradizione non lo dice, la porta della camera aperta. Il servitore del bagno, ch'era una buona pasta di brettone, dopo avergli preparata la tinozza in un'altra stanza, se ne andò a letto egli pure, in un camerino poco lontano dalla camera imperiale. Verso la mezzanotte si svegliò improvvisamente assalito da quei dolori che impongono di pigliare la via più breve per arrivare alla mèta, saltò giù dal letto, e in camicia com'era, e pien di sonno, si mise a cercare la porta tastoni. La trovò; ma per il suo malanno, non conoscendo bene il giro delle stanze, invece di riuscir dove voleva, capitò dinanzi alla porta dell'Imperatore. Sospinse, la porta s'aperse, entrò, ed entrando, rovesciò un seggiolone. Una voce terribile, quella voce! gridò: Chi è? Il povero giovane, agghiacciato dallo spavento, si sforza di rispondere, e la parola gli muore sulle labbra; tenta di uscire per dove è entrato, non trova più la porta; sbalordito, tremante, cerca un'uscita da un'altra parte. Chi è? ripete l'Imperatore con voce tonante, balzando in piedi. Il servitore, affatto fuor di sè, gira, tasta, inciampa in un tavolino, rovescia un'altra seggiola. Allora Napoleone, non dubitando più d'un tradimento, afferra il suo grosso orologio d'argento, si slancia addosso al malcapitato, lo agguanta alla strozza, e gridando aiuto con quanta voce ha nella gola, gli martella la testa di formidabili colpi. Accorrono i camerieri, i ciambellani, gli aiutanti di campo, il prefetto di palazzo colle spade e coi lumi, e vedono.... il Grande Napoleone e il povero servitore, in camicia tutti e due, in mezzo a uno scompiglio di casa del diavolo, che si guardano a vicenda, l'uno in atto di profonda meraviglia, e l'altro in atto di preghiera supplichevole, come in una pantomima da teatro. Si sparse la voce dell'avvenimento nella citt
d'un ronchione, avvisava un'altra scheggia dicendo: <<Sovra quella poi t'aggrappa; ma tenta pria s'e` tal ch'ella ti reggia>>. Non era via da vestito di cappa, che' noi a pena, ei lieve e io sospinto, potavam su` montar di chiappa in chiappa. E se non fosse che da quel precinto piu` che da l'altro era la costa corta, non so di lui, ma io sarei ben vinto.
La sposina lo ama, lo invita al pianoforte o alla lettura in due o alle intime delizie dell'amore; ed egli la lascia fare; ma a un tratto sbadiglia, sbadiglia a lussarsi le mascelle e ad ogni sbadiglio cade una doccia ghiacciata sul cuore della povera sua compagna, che invano tenta di convertire un'oca in un'aquila o di stillare del sangue caldo nelle vene di un rospo.
L'amico tenta ogni via di consolarlo. È vano ogni conforto. La ninfa protettrice di Sacontala ode, non veduta, i sospiri del re; s'accorge della veracitá del di lui pentimento, e ne gioisce, e comincia a sentirne pietá anch'ella. In obbedienza ai voleri di Dushmanta, un'ancella s'ingegnò di dipingere sovra una gran tela l'immagine di Sacontala. Recano al re quel ritratto.
Eh... quasi quasi, mi tenta... Così, per un giuoco... Si potrebbe veramente provare... Il padre. Ma sì, signore! Vedr
Aliofilo non bada a pescagione. Son nubi o forme, dal cristallo equoreo espresso al Sogno, in questa incerta luce ch'ama il Miraggio? Or mai stan sulle rame i fiori in copia, porporini e rosati, e tenta il volo gi
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