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Beatrice di Bovadilla stette dubbiosa un istante: ma si pose una mano sul cuore, come per reprimerne le voci ribelli, e rispose con accento sicuro: , perchè mi parrebbe di avere adempiuto l'obbligo mio. Ami tu in questo modo? Ma , mia dolce signora. Ognuna di noi ama in un suo modo particolare. Il mio non rifugge dal sacrifizio. Povera Bovadilla, come devi soffrire!

Ma scende nel 980, e l'anno appresso viene a Roma; e spinto da Teofania muove a mezzodí, si frammette di nuovo a quelle guerre, vi prende parecchie cittá, fa gran battaglia contra greci e saracini; e vincitor prima, vinto poi, rifugge sconosciuto a una galea greca; è conosciuto, e ne scampa arditamente a nuoto . Quindi egli risale a Lombardia; ed indi e di tutto l'imperio stava facendo grandi apparecchi, a finire una volta quella lunga guerra, quando morí, giovane di grandi speranze, degno del padre . Succedegli Ottone III fanciullo di quattro anni, giá eletto in dieta a Verona re di Germania e d'Italia, e probabilmente imperatore.

Un’Europa sotto la Germania sarebbe cosa tanto impossibile e irrazionale, dopo venti secoli che le due razze latina e teutonica si trovan di fronte, in tregua talvolta, in pace mai, che la mente rifugge dal pensarlo!...».

In certe lettere scritte al Cardinale Fiesco così occorre descritto: «del proprio è avaro: di rado concede, e più di rado piglia; al rompere del celebrava messa: chi ami, e se qualcheduno ami s'ignora: a non trascorre mai alla ira: dai sollazzi rifugge: allo annunzio della sua elezione al ponteficato non esultò; all'opposto fu sentito sospirare per angoscia

Chi rifugge l'uscire a caccia, vada in malora a snocciolar paternostri. A tuo dispetto, bacchettone scimunito, a tuo dispetto voglio cavarmi la mia brama. E via via via, fuor d'un campo, dentro un altro, su pel poggio, giú per la china, sempre sempre gli venivano cavalcando stretti a' fianchi il cavaliero a destra e il cavaliero a sinistra.

Da poche mani congiurate i fochi Erano stati per le soglie accesi, E poche fur le labbra che dapprima Spargere osaro il grido abbominoso. Ma frenesìa nel popolo s'appiglia, E ratto si moltiplica il pensiero, Esser Tommaso un barbaro oppressore Abborrito dal ciel. Lui benedetto Asseriscon invan con generosa Gara i ministri delle chiese e i sempre Pacificanti Francescani e il colto Stuol di color, che stretti avea la legge Di Domenico santo all'esercizio De' forti studi e della pia parola. Benefiche potenze eran que' frati Sullo spirto de' popoli, e sovente, In tai secoli d'impeti e di sangue, Ma di gagliarda , coi gonfaloni Di Francesco e Domenico a feroci Animi imponean calma e pentimento. Ma spuntano ai viventi ore talvolta Di contagiosa irrefrenabil rabbia, E sotto ore infauste debaccava Del Saluzzese popolo assai parte. Dal di fuori frattanto a que' momenti Ecco irromper l'assalto! ecco le mura Scalate, superate! ecco Tommaso Astretto a ceder le abitate vie, A salir frettoloso all'alta rocca A lui ricovro ed a' suoi cari estremo! Non eccelsa metropoli prostrata Da infinite falangi era Saluzzo, i suoi dolori fur soggetto a carmi Di stupefatte illustri nazïoni, Ma fur sommi dolori! E li divise Quel Iacopo da Fia, che vergò in forti Carte la istoria del tremendo eccidio. Ah, inorridisco in leggerle, e m'ispiro Io tardo trovadore al mesto canto! La fella di Manfredo anima irosa Crucciavan nuovi aneliti a vendetta, Perocchè a' piedi suoi sotto le mura Fracassati da travi e da macigni Dianzi veduto alcuni cari avea, E fra loro un fratello, il più diletto De' prodi e truci due degni fratelli. In ogni vinto armato cittadino, Ed anco negl'inermi e ne' vegliardi, E nelle donne stesse il furibondo Immaginava la nemica destra Ch'orbo l'avea di quel fratello, e tutti Ei sterminati indi li avrìa. Frenava Il proprio acciar, ma non frenava quelli Della brïaca moltitudin varia Ivi con esso a imperversar prorotta. Rifugge l'estro mio dalla pittura Degl'inauditi singolari strazi Che segnal

Rifugge l'animo a rammentare la lenta carneficina e il feroce trastullo fatto a sangue freddo di un uomo cui pure niuno niega che fosse per ingegno, per facondia e per dottrina chiarissimo, e della di cui onest

Addí 26 aprile 1478, in mezzo alla messa udita da' due fratelli, al segno dell'elevazione, un Bandini trafigge Giuliano, un Pazzi pure gli s'avventa con tal impeto, che trafigge se stesso; mentre un Antonio da Volterra manca il colpo su Lorenzo, che si difende colla cappa e rifugge in sacrestia.

Non intendo Galatea, che è sempre e più che mai pane e cacio colla contessa. Quando è presente Adriana, la signorina Wilson non rifugge neanche dal ritrovarsi con me; pare anzi che ci prenda gusto a farmi parlare, rimanendo in nostra compagnia. Quando non c'è Adriana, non mi sfugge, ma non mi cerca neanche, e se è lontana ci resta volentieri, amando meglio di prendere ipoteca sul commendator Matteini. A vederlo, allora, il più conservato dei conservatori, come fa la ruota! Credo che non parli più nemmeno di Bologna, "citt

Chi ordinò il fuoco? donde partì la prima fucilata? Le voci più disparate corsero in proposito, ma il mistero non fu svelato. Il generale Corsi che solo di questa strage fa cenno forse perchè il suo animo mite rifugge dalle scene di orrore narra seccamente: «Fu caso, fu disgrazia.