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Aggiornato: 23 giugno 2025


Di persona non son giá infermo: ché, da questa poca di gotta in fuori e certo mal di rene e la pietra, che è giá forse vent'anni che la sento, con questo catarretto..., oh! co! co!... PILASTRINO. Ti dia Iddio. GIRIFALCO. ... aiuti anche a te... ... mi sto assai bene. LISTAGIRO. Orsú! Tien questo a mente.

FULVIA. Sempre desino con esso voi. Di grazia, tornatevi di sopra. IULIA. Orsú! Buon giorno. FULVIA. Buon giorno e buon anno. Che dici tu, Rita, adesso? Molto stai cheta. RITA. Che volete ch'io dica? FULVIA. Che ne credi tu di questo mio pensiero?

DULONE. Io non vedo niuno: egli è sparito come una nebbia. Ma fermatevi, dove andate? ERASTO. Orsú, me la pagherai davero! DULONE. Padrone, io son chiaro di quanto dubitava: mentre voi sète stato in casa di Cintio, egli, uscendo dalla casa di Amasio, è stato in casa vostra, ha ragionato un pezzo con Lidia dalla finestra. Al fin calò a lui; l'ha usata violenza e fattala sua donna.

VIRGINIO. Orsú! Andate a casa, voi altri, e ponete giú l'armi e portatemi la mia veste. PEDANTE. Fabrizio, viene a conoscer tuo padre. VIRGINIO. Oh! Questa non è Lelia? PEDANTE. No; questo è Fabrizio. VIRGINIO. O figliuol mio! FABRIZIO. O padre, tanto da me desiderato! VIRGINIO. Figliuol mio, quanto t'ho pianto! GHERARDO. In casa, in casa, ché tu sappia il tutto.

CAPPIO. Appoggiatevi al mio braccio, ch'io vi condurrò a casa; che la notte è tanto oscura che, se foste con il capo scoperto, non vedreste la via. GIACOCO. Orsú, caminiamo; dove siamo? CAPPIO. Ad Antuono speziale. GIACOCO. Chillo che fa le cure co lo schizzariello? CAPPIO. Signor .

Però spero condurre la cosa in paro. A costei non ho promessa cosa certa, se prima con questo Lidio non parlo. La ventura ci piove in grembo, se ella fia presa da Lidio come da me. Orsú! A casa di Perillo mercante fiorentino, ove sta Lidio, me ne vo; ed, essendo ora di pranzo, forse in casa il troverrò. LIDIO femina, FANNIO servo e la NUTRICE. LIDIO femina.

Ma!... tanto è, non la vogliono capire. Orsù, mettiamo da banda queste freddure. Danari non importa che tu prenda teco; il castaldo deve avere riscosso a questa ora i canoni dei fittaiòli; solo per amore mio porterai questo mantello, che ti dono; egli ti riparer

RITA. Adesso che ti vego. Che dici tu? MALFATTO. Dico: perché bussi all'uscio mio? RITA. Io credo che tu ti sogni, pecorone! MALFATTO. Alla , che me credevo che fosse lui. Orsú! Basta. RITA. Dimmi un poco, olá! Me sai dire se e' cci sono costoro? MALFATTO. Non ce sta nessuno che se chiami Costoro in quella casa. RITA. Dico se c'è la patrona. MALFATTO. Se non si è partita, io credo de , io.

E se pur ciò fia, non m'hai tu nelle tue lezioni mostro che è gran laude morire in amore e che bel fin fa chi bene amando more? POLINICO. Orsú! Fa' pure a tuo modo e di questa bestia qui. Presto presto potresti cognoscere con tuo danno li effetti d'amore. FESSENIO. Fermati, o Polinico. Sai tu che effetti fa amore? POLINICO. Che? bestia!

PANDOLFO. Eccomi e con la persona e con la robba per servirti e porre navi e cavalli per osservarti la promessa, e sarò tuo campione. VIGNAROLO. Su su, me ne son pentito: la cosa non può riuscire, resta per me. PANDOLFO. Che dici? che cervello è il tuo? VIGNAROLO. Orsú, voglio servirvi. PANDOLFO. E ti vuo' dar del mio ducento ducati piú di dote.

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