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Diamo una volta in piazza. GIRIFALCO. Io non potrei, maestro, ringraziarti a la metá di quel che... LISTAGIRO. Lascia andare or le parole. Ringrazia il cielo che ci ha fatti degni di tanta sua virtú. PILASTRINO. Studia la cena. GIRIFALCO. Non furia, Pilastrino, perché Orgilla mal può sola conciar tante vivande quanto comprasti.

Venendo di notte Filocrate a la posta a Lúcia e non vedendola, si pensa che una pignata, ove era steso un fassoletto, sia essa e non li voglia rispondere: onde se ne parte tutto pien di sdegno. Pilastrino, in questo, cercando Listagiro, si imbatte a veder tutto quello che fa Filocrate; ed apre piú la cosa e mostra che la cena si indugerá a l'altra sera per non aver trovato Listagiro.

GIRIFALCO. , quando è l'estate. LISTAGIRO. E 'l verno? GIRIFALCO. Maffenò, ché allor mi lavo sol con la calda. LISTAGIRO. Ho veduto a la prima. Oh bella vita! oh bei monti! oh begli anguli! oh che bei segni! oh! gran particolari v'è da vedere! Io, per me, mai non vidi la piú felice man. Guarda, messere.

Io lancio de la fame; ché ho cercato quest'altro parasito tutto il giorno. Or mi risolvo che non è possibile che ceniamo istasera. E che 'l vecchione impari, un tratto, a fare a la civetta in terzo con duo mastri di rapina! Forza è che l'indugiamo un vantaggio per farla netta; ché a trovar Listagiro non basteria 'l piú valente pilotto che guardi carta.

PILASTRINO. Avresti da allegrarti e tenerti felice, che ho provisto robba a bastanza: ch'io ti so dir certo che t'avremmo mangiato al manco mezza cotesta tua giubbessa in su le spalle e da mano e nel petto; che sarebbe com'un presciutto appunto. LISTAGIRO. Oh! co! co! co! Tu mi farai crepare. E la berretta? Non n'hai fatto menzion.

E tu ti innamorasti cosí forte di me che non vivevi ben quel giorno che non facevi dirmi qualche cosa. LISTAGIRO. Lascia pur: ti trarem questi pensieri. GIRIFALCO. Ed ora, che t'ho posto un poco amore, sei ritrosa! E forse ancor mi cambi per una nebbiarella. Che se, un tratto, mi fra l'unghie, ne vo' fare appunto quel che fo d'un pidocchio. Oh! ah! ca! ca! Che sará poi?

E, per la gran virtú di questi nomi tuoi, con le caterve de la tua compagnia, fa' che ne venga e porti Lúcia inanzi che trapassi a l'orologio il termin di tre ore. Fa' che tu non ti muova. Sta' piú ardito su la vita. PILASTRINO. Tien questa. GIRIFALCO. Satenasso! PILASTRINO. Non sono ancor venuti. Sta' paziente: ché al terzo incanto... LISTAGIRO. Porgemi quell'acqua.

La voglio puor fra le cose del piovano Arlotto: come quell'altra che fece Listagiro per uscir di prigion; che si fe' morto e, quand'il portâr fuori a sotterrarlo, se ne fuggí, pestato prima il volto a un di quegli sbirri che 'l portavano con un gran pugno. Or veggio ben che Amore fa travedere appunto a questi sciocchi come fa 'l vino a me. La vo' contare in piú di cento luoghi, anzi ch'io dorma.

LISTAGIRO. ; ma in modo che non posson far mal, perché quei calli vengono appunto duri com'un'unghia d'un cavallo e, se ben v'entrano i chiodi, non si posson sentir. GIRIFALCO. Dio me ne guardi! Ché vo' inanzi morir dieci anni prima che venire a cotesto; ché, in un giorno, mi romperian le calze e gli scappini: e forse mi dorriano. LISTAGIRO. A questo, allora, in qualche modo provederem noi.

Di persona non son giá infermo: ché, da questa poca di gotta in fuori e certo mal di rene e la pietra, che è giá forse vent'anni che la sento, con questo catarretto..., oh! co! co!... PILASTRINO. Ti dia Iddio. GIRIFALCO. ... aiuti anche a te... ... mi sto assai bene. LISTAGIRO. Orsú! Tien questo a mente.